ANALISI | Piccola storia ignobile del declino di Foggia. A proposito, siamo rimasti in pochissimi (forse, 60 mila abitanti)

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Non riesco più a tenere il conto di quanti libri siano stati scritti e poi pubblicati sulla questione del declino di questa nostra povera città, sulla mafia che la soffoca, sulla corruzione che la corrode, sulla burocrazia improvvisata e incapace, sul malaffare che offusca le menti migliori, sulla emigrazione dei cervelli più brillanti, sulla mancanza di ceti imprenditoriali, sulla mancanza di una borghesia illuminata, e ai rimedi proposti in ognuno di questi libri affinché la città alzi la testa e ritorni ad essere quella che si pensa che possa essere stata una volta, non molto tempo fa: cioè una città normale.

Tanti possibili rimedi proposti che ascolto e che, in assenza di opportune conoscenze storiche, economiche e culturali della città, nonché opportune intuizioni psicologiche, antropologiche, sociologiche e giuste cognizioni di causa, ogni volta me li fanno ritenere puramente inutili, banali, semplicistici, vacui e soprattutto fuorvianti. E la domanda che tutte le volte mi pongo di fronte all'ennesimo dibattito sull'ennesimo libro che tenta di lanciare un segno di speranza per contrastare il malaffare e la corruzione pervasiva che oramai fa da unico e assoluto modello da imitare, è: ma Foggia è una città normale ?; o per lo meno, è una città che è cresciuta e si è sviluppata in modo normale ?

Ovviamente la risposta a questa domanda sta tutta nella sua storia recente; e, per chi la conosce bene, la risposta sta soprattutto nella storia degli ultimi decenni; quella storia vissuta in età moderna; beninteso accettando con questa definizione il concetto che Foggia teoricamente è entrata (qualora fosse davvero entrata) nella modernità economica, sociale e letteraria subito dopo l'unità d'Italia.Quindi la storia moderna di Foggia e della sua provincia incominciano da quando sindaco della città era Lorenzo Scillitani e al contempo si incominciava a costruire la linea ferroviaria adriatica con la sua importante stazione ferroviaria.

Parliamo di una città che allora contava soltanto poche decine di migliaia di abitanti; parliamo quindi di una città e di un territorio invasi periodicamente dagli infreddoliti, malandati e stanchi pastori abruzzesi; di una città che dalla estrema periferia del Regno borbonico, con l'unità d'Italia si ritrovò quasi a sua insaputa catapultata al centro del sistema economico e del sistema ferroviario nazionale; e più esattamente in quello meridionale peninsulare italiano. Quindi parliamo di una città medio piccola della povera provincia meridionale d'Italia con qualche migliaio di abitanti dedita al piccoli traffici, schiacciata dal latifondismo assenteista, con una piccola borghesia impiegatizia senza pretese, una moltitudine di sensali e una massa di avvocati che ogni giorno dovevano inventarsi una occupazione ed un guadagno; e con tutto questo, poche o nulle erano le differenze che emergevano dal confronto con le altre piccole realtà urbane meridionali.

In altri termini in "alto" si incominciò a pensare e a decidere che Foggia e la sua provincia dovevano diventare una città e un territorio economicamente importanti nel vasto panorama nazionale ove era più che mai viva la "Questione Meridionale"; e le condizioni di base perché ciò potesse avvenire c'erano tutte; e questo malgrado la estrema inconsapevolezza, l' assenza e l'ignoranza dei suoi abitanti; e malgrado tutto il resto possibile e immaginabile. Un vasto Tavoliere (quello delle "Puglie"), infinito, povero, ventoso, arido, sitibondo e assetato che, con opportune opere di bonifica e mirate infrastrutture tecniche, avrebbe potuto dare il via alla rinascita del meridione peninsulare italiano; o a parte di esso.

E Lorenzo Scillitani, insieme a Gaetano Postiglione nel ventennio fascista e ad Anna Matera fin dai primi anni della ricostruzione post bellica, sono stati i personaggi politici di questa città, e quindi gli unici artefici che hanno aiutato a traghettare l'intera provincia per tutta la sua evoluzione economica e sociale che va dalla cultura tardo feudale latifondista di metà ottocento, fin dentro l'età moderna.

Ma questo in pochi lo sanno; per i più tutto questo è stato opera dello spirito santo; una casualità. Comunque essi sono stati i personaggi che hanno spinto e poi fatto cadere a cascata "sempre dall'alto" tutto ciò di cui la Capitanata aveva bisogno per il suo sviluppo in termini economici, strutturali e infrastrutturali; determinando al contempo con queste forti spinte economiche statali, forti alterazioni a caratteristiche comportamentali ataviche proprie; forti cambiamenti a caratteristiche naturali del sistema mentale, umano e sociale rimasto primordiale e inalterato per secoli; caratteristiche antropologiche e sociologiche rimaste immutate sin dai tempi di Federico II; un territorio che viveva un naturale equilibrio sociale e culturale fondato sul sottosviluppo generalizzato e che in pochi decenni ha subito vistosi modificazioni ai secolari e consolidati caratteri antropologici propri. Per gli abitanti della Capitanata tutto questo lavoro e tutto questo impegno economico e politico si traduceva unicamente in posti di lavoro a buon mercato; tanti posti di lavoro utili per abbandonare le campagne arse ed improduttive; campagne poi trasformate in rendite parassitarie speculative attraverso la cerealicoltura o il seat/side di stampo europeistico; tanti posti di lavoro (anche se totalmente improduttivi) utili però per dare avvio anche nella provincia di Foggia a quella che era stata poi denominata la "Politica dei Redditi Sparsi" o la politica dei "Redditi a Pioggia"; tanti posti di lavoro per tanti uffici pubblici e per tanti stipendi e trattamenti pensionistici concessi e regalati per la pace sociale a buon mercato; stipendi e rendite parassitarie per un nuovo benessere generalizzato che nell'insieme hanno fatto crescere la città fino all'inverosimile con i suoi 160.000 abitanti fittizi al 1970; e una campagna invasa in maniera selvaggia, sciocca e brutale dall'unica attività produttiva privata redditizia; l'edilizia speculativa.

Relativamente alla popolazione, parliamo di un saldo attivo dei residenti al 1980 di 120.000 abitanti circa da sommare agli abitanti storici; un saldo attivo in una città della provincia del sud che culturalmente, socialmente e mentalmente ad oggi è ancora ancorata al passato, e quindi non può che esprimere più che 60.000 abitanti; una città che ha al contrario, ha un edificato in gran parte invenduto utile per una città di oltre 220.000 abitanti.

E tutti questi numeri, tutti questi dati statistici, messi in ordine raccontano di quanto siano state fallaci tutte le politiche economiche, sociali, urbane e territoriali operate in questi ultimi trent'anni; ovvero di tutta la cosiddetta seconda repubblica niente e nessuno escluso.

Quindi parliamo di una piccola città di provincia del Sud, che culturalmente non è mai andata oltre il posto fisso garantito con il pezzo di terra tenuto a grano quale rendita aggiuntiva per le vacanze estive; una città cresciuta forzatamente oltre le sue capacità per meri motivi speculativi e che tuttora, priva di padri putativi, economicamente e socialmente poggia su deboli piedi d'argilla sommersi nell'acqua.Se Il fascista ing. Gaetano Postiglione (all'epoca vice ministro dei Lavori Pubblici) è stato l'artefice principale di tutte le opere realizzate in quel ventennio ( brevemente: Acquedotto Pugliese, I.A.C.P., Consorzio di Bonifica, Palazzo di Città, Prefettura, Cartiera, O.N.C. , Case Mussolini, i Cavalli Stalloni, Piano Regolatore Generale ecc. ecc.), negli anni del dopo guerra la socialista Anna Matera, in qualità di Vice Presedente della Cassa per il Mezzogiorno, fu l'artefice di tutti gli interventi che la Cassa ha realizzato in terra di Capitanata.Per Anna Matera basta citare per brevità le dighe di Occhito e Finocchito, il sistema irriguo di Capitanata e l'A.S.I. di Borgo Incoronata, la viabilità, l'area industriale di Manfredonia, il relativo porto alti fondali e varie altre pubbliche e private sparse un po' ovunque sull'intero territorio di Capitanata.

A favore e lode di Anna Matera si potrebbe aggiungere che le sue capacità politiche, intuitive e manageriali, sin dagli anni cinquanta non passarono inosservate a Pietro Nenni che la volle a Roma dove lavorò intensamente con i più importanti meridionalisti italiani di quel momento storico politico; ruolo e impegni i suoi, che continuarono fino alle soglie degli anni due mila. Quindi dal ventennio fascista fin quasi alla fine del secolo, a seguito della enorme immigrazione subita dalla città, immigrati alla ricerca del posto fisso e proveniente soprattutto dalla provincia, non poteva che nascere la città dei cosiddetti "sradicati" non assimilati e non assimilabili.I cosiddetti portatori della cultura degli "esclusi" con vocazione al parassitismo.

Cioè una città abitata da conviventi sconosciuti; una città cresciuta in pochi decenni a dismisura, e popolata da estranei che hanno occupato tutto l'occupabile esclusivamente per interessi economici, individualistici ed egoistici; tanti nuovi cittadini in cerca della raccomandazione per il posto fisso in una città sconosciuta, e al contempo possessori a vario titolo di tutti i principali gangli vitali della comunità locale; nessuno escluso. Ma per la città di Foggia la svolta in negativo doveva incominciare in maniera più che evidente dalla metà degli anni Ottanta. Ed infatti il peggio incominciò con la famosa riunione che il camorrista Raffaele Cutolo tenne a Foggia in un albergo per camionisti in periferia. Incominciò quando il carcere di Foggia da super carcere voluto dal generale Dalla Chiesa per terroristi, diventò poi la massima "Università Statale della Camorra e della Criminalità Organizzata".

Da quei lontani giorni degli anni ottanta, dall'arrivo di Cutolo in questa terra e fino ad oggi, è trascorso quasi mezzo secolo; e mezzo secolo è stato un tempo abbastanza lungo e comodo affinché il malaffare si impadronisse della città; affinché il malaffare si radicasse e facesse scuola in sordina; affinché occupasse tutti i settori economici e sociali stabilendo al contempo una nuova morale valida per tutti. E tutto questo è accaduto mentre tutti gli organismi istituzionali e politici nessuno escluso, erano distratti da altre questioni. E mentre le cronache nazionali ci raccontavano dei tanti "masanielli" che di volta in volta occupavano la scena politica italiana per dare lezioni ad urbi et orbi, chiuse le casse dello Stato, finiti i soldi per le opere pubbliche, anche la città di foggia, priva oramai di chi progettava e finanziava per lei grandi opere ed importanti infrastrutture ragionate e non capotiche, ha incominciato il suo inesorabile e lento declino.

E ad oggi, giunti al tramonto di una passata stagione felice voluta da altri, ci si ritrova con una classe politica squalificata e una classe dirigente incapace di proporre un pur minimo straccio di progetto di sviluppo logico, ragionato, condiviso e soprattutto utile e valido; incapace di avere una minima visione per uno sviluppo che vada oltre lo scempio e lo sperpero di danaro pubblico quale è quello in corso dei Cavalli Stalloni; incapace di un sapere e di proporre una visione condivisa utile per uscire dalle sacche di questo sottosviluppo mentale, sociale ed economico che non ci ha mai abbandonato; incapace soprattutto di tirarci fuori dal sottosviluppo culturale e morale. E continuiamo ad essere un popolo di sradicati che raccontano una storia che non conoscono; e sempre nella speranza che qualcun altro inventi per tutti una qualche cosa di utile e necessario da fare.

Magari continuando a scrivere libri che nessuno avrà mai voglia di leggere.

Matteo Pio Pazienza
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