"Sicuramente mi impegnerò alle prossime elezioni"

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E’ stata mattatrice nello studio Mediaset nella popolare trasmissione “L’Isola dei Famosi”, con le sue pungenti osservazioni sulle strategie dei naufraghi. E’ stata contesa come madrina nelle numerose città italiane che hanno celebrato il Pride Month, periodo dedicato alle iniziative di sensibilizzazione sulle tematiche legate alla comunità LGBTQ+, da Torino a Catania, per portare la sua testimonianza per la visibilità e i diritti delle comunità Arcobaleno. l’Attacco ha intervistato Vladimir Luxuria sui temi al centro delle manifestazioni e del suo impegno, tra cambiamento culturale e arretratezza dell’impianto legislativo.

Vladimir sei corsa da nord a sud, da una piazza all’altra, in un tour senza soste che si è accavallato ai tuoi impegni televisivi e teatrali. Chi te la dà tutta questa energia?

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L’entusiasmo e il fatto che credo nelle cose che faccio, e poi devo ringraziare anche la mia tempra foggiana! Mi piace molto viaggiare, lo faccio spesso per vari motivi e cerco sempre di trattenermi qualche giorno in più nei luoghi per conoscere anche il territorio. Sabato scorso ero madrina al Pride di Catania, ho passato l’intera giornata di domenica a Bronte dove ho mangiato la squisita granita al pistacchio, e poi a fare un bagno in uno stabilimento catanese, dove la lava è arrivata fino al mare ed ha creato delle suggestive rocce nere che fanno contrasto con l’azzurro del mare.

Di anno in anno cresce la popolarità e la partecipazione agli eventi del Pride, sempre più sindaci ci mettono la faccia, da Sala, a Gualtieri, a Decaro. Tira una buona aria per i diritti LGBTI+ in Italia?

Le cose sono abbastanza cambiate dal ‘94 quando io fui una delle organizzatrici del primo Pride che si tenne in Italia, a Roma per la precisione, e per noi fu un grande successo avere 20mila persone in piazza. Negli anni seguenti anche altre grandi città hanno voluto cominciare a pensare di fare un evento tutti gli anni, e così si sono aggiunte Napoli, Torino, Bologna. Fu poi Biella la prima cittadina più piccola ad ospitare il Pride, anche lì io ne fui la madrina, all’inizio pensavamo che facendo più manifestazioni sparse in giro la gente si potesse disperdere e che si sarebbero ridotti i numeri, invece in realtà è accaduto esattamente l’opposto. Il Pride è oggi una delle manifestazioni più partecipate in Italia, a Catania eravamo in 20mila, questo dovrebbe fare interrogare tutti sul perché ancora oggi i Pride non si celebrano per festeggiare obiettivi raggiunti (pochi, come le unioni civili) ma per chiedere ancora il matrimonio egualitario, una legge contro l’omobitransfobia, la piena cittadinanza per le persone trans e non binarie. Nonostante dovremmo essere incazzati ed amareggiati per queste mancanze noi rispondiamo sempre con la gioia, con i colori, con la nostra creatività che è sempre stata la nostra arma di sopravvivenza rispetto a violenza, sopraffazione e indifferenza.

I Pride vedono sempre più la partecipazione di associazioni e persone che non sono LGBTI+ ma che si uniscono al movimento che chiede maggiori tutele e diritti, avete aggregato persino alcune realtà cattoliche...

E’ proprio così. Ho avuto la fortuna di conoscere Silvia Baraldini, che ha provato il carcere durissimo negli Stati Uniti d’America, con torture annesse e connesse, perché aveva sposato la causa delle Black Panther, fu una delle prime donne bianche a sostenere la causa dei diritti degli afroamericani. L’accanimento così duro contro di lei trova spiegazione nel fatto che coloro che non volevano la parità erano preoccupati che le manifestazioni di protesta non fossero più solo un affare dei neri ma si stavano allargando al coinvolgimento di alcuni bianchi, a partire da Silvia, che diceva sempre che finquando i diritti non sono di tutti, sono dei privilegi. Io penso che anche per il nostro movimento è accaduto qualcosa di simile: alla sigla LGBTI+ potremmo aggiungere la lettera E degli eterosessuali, persone solidali che sono i nostri familiari, i nostri colleghi di lavoro, i nostri amici ma anche cittadini comuni che stanno sposando la nostra causa e il fronte dei sostenitori dei nostri diritti sta diventando sempre più ampio. Quando organizzavamo i primi Pride, i partiti di destra erano lì a fare comunicati infuocati per bloccare i nostri cortei, adesso nessuno più penserebbe di vietarli. L’allargamento della platea ha cambiato anche il linguaggio, oggi sfilano insieme a noi molti genitori, amici e parenti, le Famiglie Arcobaleno, l’Agedo, i primi gruppi di area cattolica, a Roma hanno partecipato alcune associazioni di scout, sono tanti i sindaci cattolici che ci mettono la faccia, io stessa sono cattolica. Credo che finalmente si sia vicini a capire che non c’è incompatibilità tra l’orientamento sessuale e la fede religiosa.

Cosa rispondi a chi accusa i Pride di mettere in scena un’ostentazione esagerata e volgare?

Quest’anno l’unica polemica è sorta per il manichino con le fattezze di una madonna vestita sadomaso, esposta al corteo di Cremona, ma in realtà si è trattato di un blitz di qualcuno che voleva rovinare la festa, e spero che le indagini facciano chiarezza sui veri autori di quell’incursione che niente ha a che vedere con la nostra manifestazione. Per il resto non c’è in giro una sola fotografia di cose oscene o irriverenti, sta cambiando anche il linguaggio, come dicevo: per me i colori, l’allegria, le drag queen, le piume, la musica non sono volgari, se c’è qualcosa di volgare è stato quell’applauso che è partito nell’aula del Senato per l’affossamento di una legge che poteva garantire un’incolumità fisica e morale alle persone LBGTI.  Porto l’esempio dei due ragazzi pestati di botte a Bari per il loro manifesta identità non binaria, agli autori non verrà applicata nessuna aggravante perché la legge Mancino tuttora in vigore non lo prevede per l’orientamento sessuale e l’identità di genere, ma solo nel caso in cui la violenza fosse stata accompagnata da insulti razzisti o per l’appartenenza religiosa.

Nel luglio del 2015 Foggia fu sede del Puglia Pride, la sfilata regionale dell’orgoglio omosessuale, che ti ha visto naturalmente protagonista, con lo slogan #fuggiafoggia. In quella occasione furono 3000 i manifestanti, con la partecipazione del governatore Emiliano. E’ prevista un’altra data per la manifestazione arcobaleno nella tua città?

Certamente, penso che presto ritornerà un Pride a Foggia, così come si può pensare anche ad un Pride lucerino, o sanseverese, o cerignolano, ad un Pride tutto garganico. Non dobbiamo dimenticare che i primi campeggi gay negli anni Settanta sono stati aperti a Peschici, alle Isole Tremiti dove ho fatto mettere una targa proprio davanti alla scuola che ricordava gli omosessuali confinati durante il fascismo nel carcere dell’arcipelago. A Peschici fino a qualche tempo fa, grazie ad un assessore molto illuminato, si organizzavano le Notti Arcobaleno, con iniziative a tema su imitazione della Notte Rosa della riviera romagnola. Iniziative del genere credo siano molto belle e inoltre, diciamocelo, incrementano anche il turismo nei territori.

Tutti vogliono sapere se e quando hai intenzione di spenderti per la tua città: c’è nei tuoi piani un coinvolgimento diretto anche in vista delle elezioni?

Diciamo innanzitutto che quando prendo una decisione lo faccio seriamente, non mi piace fare le cose così tanto per farle, o per metterci la faccia, o avere l’attenzione mediatica, per sete di potere o per vanagloria, perché poi bisogna lavorare ed impegnarsi e soprattutto a Foggia il compito non è facile. Direttamente o indirettamente sicuramente darò il mio contributo quando ci sarà la campagna elettorale, voglio anche capire come si muove la città, ma di certo un mio impegno ci sarà perché mi piange davvero il cuore quando vedo gli occhi della gente perbene, che è la stragrande maggioranza della città, che non ne può più di temere per l’avvio di un’attività commerciale, che non ne può più della corruzione a tutti i livelli, di pensare che l’unico sbocco è andare via.

Dopo il tour de force dell’ultimo mese ti concedi una vacanza adesso?

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