Foggia, De Santis: “Interdittive, lo Stato dovrebbe prendersi le imprese come nella confisca dei beni”

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Il mantra ossessivo legato a mafia&legalità, con alto rischio di retorica e di alibi per i mancati risultati. L’auspicata riforma della normativa antimafia. Il nervo scoperto delle convenzioni scadute con le “intoccabili” situazioni di Assori e Parcocittà. Il contenzioso e in particolare il capitolo Amica, da cui può arrivare a settembre la mazzata più pesante per Palazzo di città. Rispetto a questo ed altro il direttore de l’Attacco ha intervistato l’assessore comunale Giulio De Santis, civico emilianista di CON, con deleghe relative ad Avvocatura, contenzioso, sicurezza e legalità, statistica, politiche energetiche, contratti.

L’impegno per la promozione della cultura della legalità da parte del suo assessorato: che effetto producono concretamente tali iniziative e manifestazioni? 
Dopo questi primi 110 giorni di attività intense, abbiamo compreso una cosa: quando porti alcuni argomenti in alcune scuole e realtà, e ti rendi conto che si tratta del primo incontro che quei ragazzi hanno con le istituzioni su queste tematiche, capisci quanto ciò sia importante. Ritengo che uno degli aspetti più rilevanti sia far conoscere le istituzioni. Sono stati tutti incontri eccezionali, che hanno lasciato qualcosa a noi e ai ragazzi. Un incontro più degli altri, quando abbiamo proiettato il documentario “Brucia la terra”. Mi ha colpito moltissimo il fatto che per il 90% i ragazzi delle scuole superiori presenti in aula consiliare non sapevano che il consiglio comunale di Foggia fosse stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Un pugno nello stomaco. Infatti è stato questo il motivo per cui poi abbiamo deciso di fare un discorso diverso, coinvolgendo l’Università, Psicologia in particolare, per fare un'analisi scientifica di questo fenomeno.

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Partirà questa bellissima iniziativa che vedrà coinvolti circa 500 studenti con un questionario fatto da Psicologia, tramite la professoressa Giusi Toto. Si andrà ad analizzare e a fare un punto della situazione, in modo tale che resti come punto di partenza di un'analisi della nostra comunità. Poi ci sono stati altri episodi, per esempio nell’istituto Pacinotti con difficoltà sono entrato come amministrazione comunale, ogni volta c'erano perplessità e mi veniva detto “ma i ragazzi non ti considerano proprio”. Beh, noi lì abbiamo fatto una intera mattinata con due incontri. Quelli sono considerati i ragazzi più difficili e distratti. Abbiamo svolto un dibattito sul documentario “Nel cognome che ho scelto” (di Alfredo Traiano, figlio di vittima di femminicidio, ndr). C'era un brusio bestiale, ma alla fine c'è stato un silenzio totale e una partecipazione che non ci saremmo mai aspettati, sia nel primo incontro che nel secondo incontro.

Vede nei giovani segnali nuovi di ascolto e di consapevolezza?
C'è una popolazione studentesca che recepisce, ma devi porti nel modo corretto per metterti in comunicazione con loro. Il problema è come ti metti in comunicazione. La mafia e più in generale la cultura della legalità e del diritto sono essenziali per formare i cittadini, il vero problema è formare le persone.  

Ma sul tema della del racconto della mafia e della città mafiosa non ritiene che ci sia stato un eccesso di story telling? Va bene la Squadra Stato, perché Dio solo sa quanto servisse l’intervento dello Stato per iniziare a contrastare efficacemente il salto di qualità della criminalità organizzata, ma dal punto di vista delle analisi, magari con un lavoro mirato di Unifg, come siamo diventati città mafiosa e soprattutto siamo diventati città mafiosa, dopo l’evidente sottovalutazione in passato da parte delle stesse istituzioni? Ora, dopo i primi otto mesi a Palazzo di città, che segnali ha colto, ad esempio, nella tecnostruttura? Ha la sensazione che ci siano compromissioni?
Il periodo commissariale ha portato cambiamenti anche di comportamenti e di attenzione. In più ci sono state le indagini per corruzione. La delegittimazione della politica l’ha resa molto debole, cosa che non è successa a Bari. Io ritengo che alcune cose siano pazzesche, rabbrividisci nel sentire le registrazioni di alcuni soggetti mafiosi entrati nelle stanze delle commissioni consiliari. Sentire quei toni mafiosi nelle commissioni è assurdo, mi hanno colpito in modo molto forte. Ora c’è la richiesta di maggiore trasparenza, è chiaro che il percorso è molto. La scelta di aderire alla Stazione unica appaltante è una scelta che va in questa direzione. Poi non è risolutiva di tutto, ma è un'indicazione, dà la possibilità a più imprenditori di partecipare. Beh, qualcuno in più che partecipa l'abbiamo visto e ci fa piacere.

Ha la sensazione che la spesa pubblica di questa città sia in parte compromessa?
E’ indubbio che sia avvenuto per alcuni appalti, lo abbiamo letto nella relazione sullo scioglimento. Ci sono, poi, dei processi in corso. 

Ha letto la sentenza del TAR che ha annullato l’interdittiva nei confronti dell’impresa Aleasya, dicendo chiaramente alla Prefettura di Foggia che bisogna smetterla con l’uso di tale strumento come diritto della paura.
Io credo che, al di là del prefetto col quale noi abbiamo un'ottima collaborazione, vada fatta una modifica della legge. Un po’ come per i beni confiscati alla mafia: l'impresa è mafiosa, me la prendo io Stato e non l’ammazzo, me la prendo e la faccio continuare a vivere perché probabilmente quelle persone che lavorano lì non c'entrano niente. Ho la possibilità di poterla restituire eventualmente al legittimo proprietario, senza avergliela distrutta. Questo è un problema della legge, non è un problema di Foggia. Vorrei vedere lo Stato molto più presente. Quella legge va modificata, ci sono tante cose che vanno modificate.

E perché si continua con la stagione delle interdittive? Che idea si è fatto anche alla luce di questa sentenza del TAR?
Io penso che il caso Bari abbia aperto una riflessione molto più ampia anche sui modi di utilizzare la normativa antimafia. Una rivisitazione va comunque fatta, ma nel senso di farla ancora peggio, nel senso che io Stato ti escludo e mi prendo l’impresa, come se fosse un bene confiscato alla mafia. 

La stessa commissione parlamentare antimafia ha evidenziato che dopo le interdittive il 94% delle imprese colpite da tali atti prefettizi di fatto fallisce.
Il problema è che non deve fallire. Io Stato ti devo garantire che quell'impresa me la prendo, ne divento proprietario, cosa che non avviene oggi coi commissari. Questo specie per chi lavora col pubblico, con l’interdittiva si perde la possibilità di partecipare alle gare pubbliche. Il problema è che si arriva spesso troppo tardi alla fine dei processi, quando le imprese ormai sono morte. Ci facciamo male due volte come Stato. Allora per me serve metterci i migliori professionisti della Squadra Stato a gestire l’impresa, specialmente se sono buone, valide, dove ci sono lavoratori da garantire. 

Cosa pensa dell'articolo 143 del Tuel, la norma sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose? Voi, come amministrazione, tra l'altro avete aderito ad Avviso pubblico, che ha maturato un'idea molto critica rispetto a tale articolo, dicendo sostanzialmente che servono forme molto meno traumatiche rispetto allo scioglimento.
Se ci fosse la possibilità di avere un controllo anche sul Comune in modo differente, studiato bene, la legge si potrebbe modificare. È una legge da migliorare, premesso che è necessaria. L’esempio di Foggia è molto particolare perché parliamo di una città capoluogo. Ce ne sono state solo due sciolte per tale motivo, per un piccolo Comune è già diverso. Quando ci sono 50mila abitanti devi trattare quel Comune in modo differente rispetto al caso dei 3mila abitanti.

Parlate in giunta e in maggioranza di questi temi e dei limiti della legislazione antimafia?
E’ un tema di attualità a prescindere, il caso Bari l'ha fatto diventare tale. 

Perché tra le tante iniziative che fa non si ragiona anche sulla possibile riforma? Quando venne il ministro Piantedosi qui a Foggia disse chiaramente che serviva riformare quei meccanismi, poi non è stato fatto nulla però sembrava che una direzione. O c’è, invece, l’interesse a cavalcare altra narrazione, cioè noi siamo i buoni mentre quelli erano mafiosi?
Noi siamo esattamente all'opposto, nel senso io ritengo che non c'è da cavalcare nulla. C’è da stare molto attenti. Non è un problema di mafiosi, non è solo lo scioglimento che rappresenta una cicatrice enorme per la nostra città e per tutti noi, una cicatrice che per emarginarsi avrà bisogno di anni, di processi, di capire che cosa è veramente successo. Il dato preoccupante è in ciò che emerge quanto a cattiva amministrazione, che se poi è mischiata con la malavita rappresenta il massimo dello schifo. Però il problema è della cattiva amministrazione.

Quella di Landella, la precedente amministrazione.
Dei processi che sono in corso. Io ono molto rispettoso, c'è anche chi ha patteggiato fino a oggi. Quel tipo di realtà è ciò che vogliamo combattere. Poi io aspetto i processi, però in questo caso alcuni di quell'amministrazione sono arrivati a confessare e patteggiare le pene, quindi vuol dire che c'era quel tipo di cose. Probabilmente quell'idea di corruzione che c'era in città ha portato a fare uno più uno.

Cioè lei dice che la sensazione che ci fosse corruzione può avere anche aiutato i clan della criminalità organizzata a entrare meglio, a pensare che potessero essere della partita?
Beh, è preoccupante sentire personaggi mafiosi entrare in commissione e dire “noi vi abbiamo votato”. 

Si è sempre detto che il voto della criminalità organizzata negli ultimi trent'anni si sia diviso, che pesasse relativamente proprio perché confluiva su più parti.
Io racconto la mia storia personale, di come ho fatto la campagna elettorale. Io non so chi mi ha votato, in alcuni casi ho evitato di andare in luoghi dove ci poteva essere qualcosa che non andava bene. Determinati ambienti li ho evitati. Poi posso andarci dopo per cercare di capire e portare le mie idee. E’ anche una scelta personale. Questa amministrazione ha avuto tale caratterizzazione e credo che anche il voto dei foggiani sia stato dovuto a tale scelta, che si univa all’idea in noi che non ci fosse stata tanta trasparenza. Lo dico così perché aspettiamo i processi. E’ quello che vogliamo cambiare, è molto complicato perché gli accordi con Avviso pubblico e l’Anac significano anche controlli e ti puoi ingessare. Però in questo momento noi come città abbiamo bisogno di questo.

L’ha sorpresa quanto accaduto a Bari?
Mi ha sorpreso totalmente.

Quali sono le differenze con Foggia? Solo il fatto che lì c'è una politica più forte, meno debole, un'amministrazione della cosa pubblica più efficiente?
C'era un'amministrazione che aveva dimostrato nei fatti una lotta all'illegalità in tutto, era un esempio di buona amministrazione. Mentre qui c'era l'idea di qualcosa che non andava, nel sentito comune, a Bari c’era una città rivoluzionata in due decenni. A Foggia dobbiamo trovare tutti i presidi di legalità o di conoscenza del territorio. Penso anche le confraternite religiose, chi conosce di più il territorio? Chiederò di incontrarle perché presidiano il territorio. E poi diventano un presidio della nostra cultura.

Transazioni: rischia di scoppiare il bubbone Amica, che può fare parecchio male. A settembre ci sarà una prima sentenza, la più pesante.
La possibilità di una transazione è stata richiesta. Non dico altro, ma l’attenzione c’è.

È realistica la stima di 14 milioni richiesta dalla curatela per tutti e tre i filoni?
Non mi voglio esprimere su questo.

C'è ancora tempo per una transazione?
Stiamo valutando la cosa, bisogna capire se ci sono i numeri per poterlo fare. Il tempo c'è ancora, i giudici ne sono a conoscenza. E’ molto complicato, bisogna comprendere effettivamente se sia possibile. Un ragionamento è stato avanzato, ma non credo che riusciremo a trovare un accordo prima della sentenza. 

C’è preoccupazione?
Le preoccupazioni ci sono, tant'è che noi abbiamo rivisto anche tutta una serie di ragionamenti. E’ stata gestita, ci portiamo dietro una situazione preesistente.

E’ una vicenda che si trascina colpevolmente da tempo e che può davvero incidere sul lavoro di risanamento dei conti fatto in dieci anni.
Noi abbiamo ampliato il fondo rischi del Comune. Insomma, facendo una valutazione molto più attenta, anzi più che attenta è più puntuale ed approfondita. Altro non posso dire al momento, nell’interesse dell’ente e della città.

Le convenzioni scadute da anni per la gestione di beni pubblici come Assori e Parcocittà. Sembra esserci una grande timidezza da parte dell’amministrazione comunale al riguardo.
Su Assori ci sono stati più incontri. Abbiamo un grande problema: da oltre 20 anni ci sono tutta una serie di atti che non vengono poi definiti. Premetto che io sono uno di quelli che da anni donano il proprio 5 per mille all’Assori, per essere chiari. Li stimo, ritengo che sia un'eccellenza del sistema foggiano. A fronte di questo, mi sono trovato con una situazione in stallo. Abbiamo due questioni: quella relativa alla autorizzazione ultranovantanovennale che ha avuto Assori su dei terreni e l'altra questione è quella della piscina. Sono due questioni sulle quali noi stiamo ragionando con l'idea di fare e di sistemare e di realizzare, di creare delle regole chiare. La piscina è nata per dare un servizio ad una fascia del nostro territorio, le persone con disabilità, quindi ha una funzione non solo sportiva ma anche sociale importantissima. Va rifatto un bando per la gestione, bisogna capire che quella struttura va messa a bando, dove Assori deve avere la possibilità di partecipare insieme agli altri e va mantenuta quella funzione sociale. Assori in quel territorio ha fatto moltissimo, ha portato proprio al coinvolgimento di quel quartiere, a riqualificarlo. Ha fatto tantissimo. E’ stato scritto che è usata anche da altre persone. L'inclusione come la fai? La fai solo se coinvolgi, c’è una persona che ha una disabilità e ce ne sono nove che non ne hanno. Poi c'è, invece, la parte relativa alla consegna dei locali, ma con una convenzione che è scritta e non scritta, cioè non definisce nulla di legale. Quindi su quello noi dobbiamo trovare il modo per risolvere la questione e io mi auguro che si riesca a farlo, perché se andiamo a fare una causa…Ricordiamoci che il Comune di Foggia è stato condannato a pagare le utenze e tutto il resto all’Assori. Quindi quello che dobbiamo cercare di fare su Assori è arrivare a una soluzione che sia equa.

Che tempi si è dato?
Non è una cosa mia. Io mi auguro che un'idea prima di fine anno l'avremo per poter fare poi un bando sulla piscina. Nell'arco di un anno va risolta la questione, se non partono le cause legali. Serve un accordo giusto, equo. Quella realtà è assolutamente degna di rappresentare la città, la rappresenta nel migliore dei modi. Detto questo, vanno rispettate le regole della pubblica amministrazione, quindi un bando per la piscina. Si sta facendo un'interlocuzione con persone che comunque vogliono risolvere le questioni, non troviamo una chiusura dall’altra parte.

Su Parcocittà? Pensate di affidarlo a D'Urso definitivamente? 
Parcocittà andrà nuovamente a bando, come tutte le altre strutture. Non ho dubbi su questo. Per esempio, adesso si sta parlando dello Slow Park. 

Che tempi per il bando di Parcocittà?
La verità è che noi oggi c'è una situazione molto complicata, stiamo facendo un lavoro per la conoscenza vera del patrimonio immobiliare del Comune. Abbiamo una serie di indicazioni. Ho scoperto per caso che avevamo ancora in consegna immobili, quelli della scuola Pio XII, e abbiamo avuto negli anni due milioni di euro di decreti ingiuntivi. E’ impressionante questo, l'ultimo è di dicembre scorso. Siamo riusciti a sgomberare la famiglia che c’era, la struttura è stata riconsegnata e adesso bisogna quantificare i danni.

Zone Transition

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Quale pensa che sia la più giusta definizione della mafia foggiana? Primordiale e troppo violenta, come detto dal nuovo capo della procura generale di Bari De Castris, o degli affari e dei colletti bianchi, come detto dal procuratore DDA Rossi?
Non mi ritrovo in nessuna delle definizioni, ho una mia idea da amministratore. Io sono lontano, non mi ritengo un conoscitore perfetto di tutto il sistema criminale. Il ruolo che mi sono dato è quello di ragionare sulla cultura della legalità. 

(a cura di Lucia Piemontese)

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