Dal 24 ottobre 2023 otto mesi son passati da quando l’amministrazione cittadina di Foggia è stata assunta da Episcopo & Co. e i bilanci consuntivi ormai sono in molti che cominciano a farli. Primo. E’ emigrata altrove la carovana dei flagellanti dell’Antimafia militante, cioè quelli che hanno girato per due-tre anni a Foggia inoculando nella nostra comunità cittadina una overdose di retorica parolaia per un verso inconcludente e per altro verso addirittura dannosa perché preparò e poi fornì la giustificazione ideologica per lo scioglimento del Comune per mafia nell’estate 2022. Quella narrazione tossica a ciclo continuo è cessata quasi completamente con il mutamento dell’amministrazione comunale da Landella & Co. a Episcopo & Co. (cosa che noi avevamo previsto con largo anticipo), sicché quei predicatori del malaugurio finalmente se ne staranno quieti e ci lasceranno respirare: questa cosa è assolutamente positiva perché essersi liberati dalla cappa penitenziale era la precondizione vitale perché i cittadini riprendessero a lavorare e a vivere in maniera più o meno normale. Ma questa positività rischia di essere l’unica cosa buona apportata indirettamente alla città dalla nuova amministrazione, sebbene non sia neppure merito suo.
Secondo. La non-sindaca Episcopo - non sapremmo come diversamente definirla - non soltanto si è mostrata incapace a governare gli affari della città, ma sembra non volerci neanche provare. In fisica meccanica la formula fondamentale è F = M x A (la intensità della forza è misurata dal prodotto della massa per l’accelerazione). Invece nel caso della Episcopo la massa - di discreta imponenza oggettiva - non è sottoposta ad alcuna accelerazione e resta al valore 0 dello stato stazionario non accelerato, sicché la formula del suo operato amministrativo va riscritta come 0 = M x 0 : in altri termini costei è praticamente una massa immobile che non genera forza amministrativa. Per altro verso, non è facile stimare l’impulso di accelerazione che, provenendo dalle sue formazioni politiche di riferimento, sarebbe necessario per mettere in movimento quella massa inerziale fino a farle produrre una intensità di forza accettabile.
Carousel Banner 1
Carousel Banner 1
Carousel Banner 2
Carousel Banner 2
Sempre restando alla fisica - stavolta subatomica, come gli assessori - ne sono quantità fisiche ignote sia la forza, sia la massa sia l’accelerazione. Pertanto si deve supporre che costoro abbiano la medesima natura incorporea degli elettroni che, secondo le attuali teorie, sono null’altro che scintille senza massa che compaiono improvvisamente nella realtà effettiva ora qui ora lì seguendo le onde di probabilità quantistica: infatti questi assessori senza né forza, né massa, né accelerazione (cioè fantasmi relegati nel mondo delle sole probabilità) emergono dal nulla per un solo attimo ora qui ora lì fra un convegno semiclandestino e un pistolotto giornalistico, per poi tornare alla non-esistenza quantistica in attesa della successiva riemersione nella realtà resuscitando soltanto attraverso qualche comparsata mediatica.
In un precedente intervento su questo giornale noi proponemmo una certa spiegazione per l’immobilismo pressocché completo di tutti costoro, e cioè che esso dipenda dalla ritrosia nell’accettare i rischi del ruolo. Ad esempio, immaginiamo con quanto poco entusiasmo i consiglieri di maggioranza si apprestano proprio in questi giorni ad approvare la delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio del Comune. Si tratta di accollare al Comune tutta una serie di spese che - salvo i casi piuttosto marginali di sentenze giudiziarie da onorare, di indennità di espropriazione da corrispondere a privati e altre debitorie realmente non prevedibili né evitabili - derivano da impegni contratti in violazione di legge da qualche funzionario con eccesso di potere, e cioè sono debiti generati in modo irregolare (che, come dice lo stesso termine “ fuori bilancio” in astratto non dovrebbero proprio esistere ), dei quali ora si chiede la ratifica postuma da parte dei consiglieri comunali a condizione che ciascuno di essi riguardasse o un intervento indifferibile (lavori di somma urgenza), ovvero quanto meno un intervento rientrante “nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente” come prescrive il Testo Unico Enti Locali.
Orbene, partiamo dalla premessa che nessuno sarebbe per davvero in grado di stabilire inequivocabilmente se ciascuna delle centinaia di quelle erogazioni irregolari fosse giustificata da una qualche “somma urgenza” ovvero che si fosse tradotta realmente in un “arricchimento dimostrato e accertato” per il Comune di Foggia, o se invece quella singola spesa non fosse stata piuttosto una mancetta data a qualche scalzacane raccomandato da parte di un semianonimo amministratore del Comune in vena di mecenatismo. Premessa questa impossibilità di principio di “accertare” seriamente alcunché relativamente a centinaia di queste erogazioni, ne deriva che i consiglieri comunali chiamati a votare la delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio hanno due vie innanzi a sé.
La prima via consiste nel turarsi il naso e votare a scatola chiusa il riconoscimento all’ ingrosso di tutto il malloppo, fidandosi ciecamente della non-sindaca Episcopo e del dirigente dei Servizi Finanziari Dicesare (colui che con una certa dose di ironia l’ex sindaco Landella definiva “il vero sindaco di Foggia”), anche perché incomberebbe lo spauracchio che se il bilancio non fosse approvato tutti andrebbero a casa. La seconda via consiste nell’attrezzarsi con calcolatrice, penna rossa e avvocati amministrativisti di scorta e mettersi a fare le pulci a ciascun debito - o almeno ai debiti più improbabili - e poi decidere di conseguenza per quali debiti votare il riconoscimento e per quali no, vedendo poi come andrebbe a finire nell’arena del consiglio comunale.
Ci siamo intrattenuti un po’ diffusamente sull’esempio del riconoscimento dei debiti fuori bilancio - che per un caso è una questione di attualità proprio in questi giorni - per focalizzare l’attenzione sull’aspetto più generale che ci interessa considerare, e cioè il fatto che l’attività degli amministratori comunali prevede in continuazione assunzione di decisioni teoricamente rischiose per chi concorre a deliberare l’atto, cioè genera una potenziale responsabilità risarcitoria per danni erariali (se non peggio sul fronte penale).
Ecco perché abbiamo ipotizzato che tutti costoro stiano evitando volutamente di assumere decisioni di impatto effettivo - al di là di quelle imposte dalla strettissima necessità e da certe scadenze di legge ineludibili - mentre per il resto si limitano a riempire le giornate con manifestazioni, cerimonie e pinzellacchere assortite proprio per scansare guai che potrebbero degenerare in responsabilità in conseguenza di qualunque atto amministrativo di un certo impegno. Pertanto, se la nostra tesi è corretta, lo scenario che attende Foggia è un quinquennio amministrativo fatto di nulla riempito da rinvii, studi, consulti, qualche polemicuccia di facciata, e cose di quel genere lì; mentre le sole cose che continueranno a correre saranno le spese assunte in maniera illegittima e poi portate alla sanatoria postuma attraverso la liturgia del riconoscimento dei debiti fuori bilancio a scoppio ritardato, cioè una gragnuola di spese che comunque avranno un respiro cortissimo in termini di impatto socioeconomico per la intera collettività cittadina.
Zone Transition
Zone Transition
Quella inconcludenza praticata intenzionalmente sarà innaffiata da robuste dosi di “legalità” a ogni piè sospinto in modo da restare sull’onda del pensiero dominante del momento, ma in sostanza sarà un modo per tappare la bocca in via preventiva a chiunque si azzardasse a obiettare che con l’inconcludenza non si va da nessuna parte e alla fine ci si affossa, allo stesso modo in cui vent’anni fa era in voga in diverso mantra dell’“antifascismo” quando si voleva impiegare un argomento risolutivo buono a ogni uso e soprattutto per coprire il nulla. Se la non-sindaca e i suoi assessori continueranno su quella strada della inconcludenza, qui a Foggia non si batterà chiodo e ci ridurremo alla retorica del mangiare pane e legalità. E anzi pronostichiamo che tra non molto ci sarà qualche sciagurato opinionista o personaggio politico che ci ammonirà che dovremo anche farcelo bastare come dieta completa.