TAR annulla interdittiva di Valiante ad Aleasya e tuona: “Il codice antimafia non sia un diritto della paura”

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Una doppia sconfitta per la Prefettura di Foggia è arrivata nelle scorse ore, con la pubblicazione di due sentenze con cui il TAR Puglia il 18 giugno ha annullato l’interdittiva antimafia adottata dal prefetto Maurizio Valiante il 9 novembre 2023, e poi confermata, nei confronti di Aleasya Costruzioni srl, una delle imprese del costruttore foggiano Adriano Bruno. L’Attacco rivelò mesi fa come Valiante, il 5 marzo scorso, a valle del riesame disposto dal TAR Puglia, confermò la prognosi di tentativi di infiltrazione mafiosa in danno della srl e il contestuale diniego di iscrizione dell'impresa nella cosiddetta white list. Il titolare di Aleasya Costruzioni srl si era aggiudicato i lavori di realizzazione del Centro aperto polivalente per minori in via D’Addedda e della casa rifugio per donne vittime di violenza, due contratti risolti dal Comune di Foggia in conseguenza dell’atto prefettizio. “Il ricorso può essere accolto”, si legge nella sentenza, che definisce condivisibili le doglianze sul fatto che “l’interdittiva antimafia comminata si baserebbe su presupposti falsi o rappresentanti in modo deformato la realtà dei fatti, ovvero risultando poggiata su circostanze irrilevanti”. In particolare, rispetto agli “indici” dell’infiltrazione mafiosa enucleati dalla giurisprudenza, il TAR afferma che “non sono aderenti con gli elementi posti a base dell’informativa interdittiva antimafia” ad Aleasya. “Primo aspetto che viene in rilevo ai fini dell’emessa interdittiva attiene ad una denuncia per bancarotta fraudolenta dell’amministratore della società, nonché un arresto per i reati di concussione tentata e consumata ai danni di un imprenditore edile per la stipula di un contratto di locazione relativo ad un immobile da adibire a sede degli uffici giudiziari in Foggia, per il quale sarebbe stata corrisposta una tangente”. Il riferimento è alla vicenda mediatica più nota in cui fu coinvolto Adriano Bruno, con l’ex dirigente comunale Biagini e l’ex consigliere comunale Laccetti: l’inchiesta del 2014 della Procura foggiana sulle presunte tangenti in Comune, incentrata sul Palazzo di giustizia di piazza Padre Pio.

Bruno finì per sei mesi in carcere. Fu arrestato e condannato in primo grado per favoreggiamento; in secondo grado l'accusa mutò in concussione, mentre la Cassazione ad aprile scorso lo assolse con formula piena per non aver commesso il fatto. Ebbene, per il TAR “tali elementi, pur se in astratto di rilevante spessore criminale, non sono idonei a suffragare il più grave dei provvedimenti previsti dal Codice antimafia”. 

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“Quanto alla denuncia per bancarotta fraudolenta il relativo procedimento veniva archiviato e, in ordine ai reati di concussione tentata e consumata, la Cassazione annullava senza rinvio la sentenza di merito, nei soli confronti di Bruno, per non aver commesso il fatto. Tale assoluzione potrebbe essere presa, comunque, ad esame, laddove nel relativo procedimento penale fossero emersi elementi sintomatici della contaminazione mafiosa. Ma dalla lettura della sentenza della Suprema Corte si evince che Bruno non abbia apportato, alle condotte costituenti reato, alcun contribuito attivo, non avendo concorso a determinare in alcun modo all’adozione delle determinazioni degli autori della richiesta concussiva”.

La Prefettura ha inoltre segnalato un deferimento all’Autorità Giudiziaria, nel 2017, a carico della sorella dell’ex amministratore della società, per il reato di truffa aggravata in concorso. “Anche tale apporto motivazionale è per nulla convincente ai fini di un positivo giudizio di permeabilità mafiosa sulla società. Emerge, infatti, che la donna fu assolta perché il fatto non sussiste”, afferma il giudice amministrativo. “Guardando al relativo procedimento penale, ne discende – tra l’altro – l’assoluta irrilevanza indiziaria ai fini che qui rilevano”. 

E, ancora, la Prefettura ha addotto tra le motivazioni una convivenza non provata della donna con un soggetto incensurato, figlio di un elemento di spicco della criminalità organizzata foggiana. “Constatata l’assenza di qualsivoglia legame di parentela tra Bruno e tale soggetto, l’unico che potrebbe ritenersi controindicato, nonché l’assenza di contatti tra i soggetti in questione, questo collegio non può che ritenere che il rapporto relazionale in questione sia del tutto inconsistente”. E “non risulta comprovato, inoltre, quanto assunto dalla Prefettura in ordine agli affidamenti diretti dei quali sarebbe stata destinataria l’impresa” da parte dell’amministrazione Landella: “Tali affidamenti facevano seguito a procedure ad evidenza pubblica cui la società in questione ritualmente partecipava”. 

E dunque il TAR è netto con l’UTG di Foggia: “Il collegio ritiene che il quadro indiziario configurato non sia tale da giustificare una prognosi di permeabilità mafiosa tale da giustificare il più grave provvedimento interdittivo e che i dati investigativi raccolti siano troppo generici ed indeterminati per suffragare il pericolo di infiltrazione criminosa. Deve evitarsi, infatti, l’adozione di provvedimenti aprioristicamente diretti all’applicazione dell’interdittiva prefettizia in assenza di un forte quadro indiziario che denoti la realistica probabilità materiale del rischio infiltrativo e non la mera possibilità o semplice eventualità che esso si verifichi. Diversamente opinando, l’irrogazione di informazioni interdittive antimafia rappresenterebbe un ostacolo al ripristino di un regime di legalità in territori affranti dalla presenza di organizzazioni criminali e dove i rapporti della specie di quelli contestati possono essere ricorrenti, ma casuali, perché legati a dinamiche sociali che nulla necessariamente implicano sul piano delle scelte imprenditoriali ed economiche. Sicché, deve darsi continuità all’orientamento secondo cui il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, quale emerge dalla legislazione antimafia, non può sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto, pietra angolare del sistema normativo di prevenzione antimafia, ad un “diritto della paura”. Nel complesso, il provvedimento adottato dalla Prefettura di Foggia risulta viziato per eccesso di potere nelle forme sintomatiche della violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza delle misure di prevenzione, tenuto conto, in particolar modo, delle recenti modifiche”. 

Gli stessi vizi compaiono nella riconferma dell’interdittiva, annullata anch’essa dal TAR insieme alla prima interdittiva per Aleasya. 

Bruno ha vinto contro la Prefettura anche nel secondo procedimento, instaurato dopo la determina dirigenziale del Comune di Sant'Agata di novembre 2023 con la quale, sull'esclusivo presupposto dell’interdittiva, fu disposta la risoluzione del contratto di ottobre 2023 riguardante i lavori PNRR per la scuola Papa Giovanni XXIII, appalto da quasi 263mila euro. 

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Il TAR, evidenziando anche il preminente valore d’interesse nazionale del PNRR, gli ha dato ragione, annullando la determina comunale: “L’accertata illegittimità per inconsistenza materiale del provvedimento prefettizio e l’interesse pubblico sotteso al contratto risolto fanno protendere per l’illegittimità consequenziale della risoluzione contrattuale”. 

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