Centoventinove pagine di interrogatorio, in cui vengono rivelati con dovizia di particolari nomi, ruoli e intrecci della Società foggiana, a partire dai procedimenti giudiziari in corso di svolgimento di Decima Azione e Decima Azione Bis. Dichiarazioni spontanee che ricostruiscono, volente o nolente, un pezzo importante di storia del capoluogo dauno; che smentiscono sentenze passate in giudicato e possono sciogliere nodi irrisolti, e cruciali, della città.
Gli atti sono il frutto della recentissima scelta di collaborare con la giustizia del pentito Patrizio Villani, killer di primo piano della batteria Sinesi-Francavilla, condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione per l’omicidio del 21enne Roberto Tizzano nel bar H24 di Foggia. Un agguato in cui restò ferito gravemente il coetaneo Roberto Bruno e riuscì a salvarsi, invece, nascondendosi nel bagno, Giuseppe Albanese: tutti e tre appartenenti al clan rivale Moretti-Pellegrino-Lanza.
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Fatti della recente storia dei clan locali che affondano, però, le loro radici a oltre 4 decadi fa, in quegli anni ‘80 in cui la malavita organizzata alzò il tiro del racket nei confronti dell’imprenditoria, a partire, per esempio, dal tentato omicidio, nella primavera dell’88, consumato ai danni di Eliseo Zanasi (che scampò miracolosamente alla morte) in cui fu individuato nella batteria di fuoco un allora giovane 23enne Roberto Sinesi. A partire, di più, dal patto dell’Hotel Florio di fine anni ‘70 (in cui Raffaele Cutolo, boss della Nuova Camorra Organizzata, battezzò la criminalità locale) passando per la “Strage del Bacardi” che segnò l’avvicendamento della vecchia guardia con la nuova, la quale “imperversa” a tutt’oggi sul territorio a suon di bombe, proiettili e infiltrazioni nella pubblica amministrazione e nell’economia (non solo locale).
Fino alle affiliazioni dei Moretti-Pellegrino-Lanza, ma anche di Mario Francavilla, con gli ex cutoliani da un lato, e dei Sinesi con i calabresi della ‘ndrangheta dall’altro, come testimoniato da Patrizio Villani nelle lunghe pagine di interrogatorio ad opera dei pm della Dda di Bari Federico Perrone Capano e Carmela Bruna Manganelli. Pagine in cui il pentito parla di come “chi nasce a Foggia e vuole aprire un’attività sa che dovrà pagare il pizzo”.
O in cui descrive la fenomenologia e l’importanza dei riti di affiliazione. Dagli stipendi di 1.500-2.000 euro per gli affiliati alla cassa comune a tutte le batterie, anche quelle in lotta tra di loro, fino agli odi antichi e gli intrighi di potere anche all’interno dello stesso clan: scissioni e ricomposizioni che rivelano un’intricata geografia di sangue e soldi ramificata sui territori. E c’è anche il risvolto sociologico criminale: “Prima - dice Villani - le guerre si facevano con una stretta di mano. Adesso invece a Foggia non si capisce niente più, non ci sono più regole, si è arrivati a sparare donne e bambini”.
Quando la pm Manganelli domanda a Villani a chi siano affiliati i Moretti-Pellegrino-Lanza, il pentito risponde così: “Loro sono affiliati dalla camorra napoletana. Dagli ex cutoliani. E li vennero affiliati Vito Lanza, Natalino Venuti, è stato affiliato Giuseppe Spiritoso. In pratica tutti quelli là che facevano parte del gruppo loro. Lì quell'affiliazione ce l'aveva anche Mario Francavilla, lui faceva parte di quell'affiliazione. Francavilla poi si era avvicinato con Roberto Sinesi, perché in parallelo a quel gruppo nasceva un altro gruppo che era quello di Sinesi e di Vincenzo Parisi. E nasceva insieme ai nipoti, a Federico Trisciouglio, a Paolo Vitagliani, insieme ai calabresi e ai Montanari, che ai Montanari, in quell'epoca, i Li Bergolis ed i Romito si erano già messi insieme. Federico Trisciuoglio - continua poi Villani su input del pm Perrone Capano - era uno degli uomini di Roberto Sinesi. Erano rimasti così. Poi le affiliazioni a Foggia si sono bloccate, perché in pratica nelle carceri stava succedendo, quello che adesso, oggi, sta succedendo nel carcere di Bari, ché chi si girava da una parte e dall'altra. Allora decisero di fare ’basta’ le vecchie guardie. Però poi ultimamente, cioè dovevi essere proprio qualcuno fidato per avere il rito di affiliazione, tipo io. Che ho fatto agguati per loro.
Poi ultimamente hanno fatto anche delle altre affiliazioni, hanno stretto fratellanza nelle carceri: ad esempio, Giuseppe Francavilla si è avvicinato ai Bellocco dei calabresi; Luigi Biscotti nel carcere di Melfi, ha stretto la fratellanza con un altro dei Bellocco. Francesco Sinesi è stato affiliato dai Bellocco nel carcere di Foggia alla Sezione Alta Sicurezza, con un altro dei Bellocco, nel 2014. Sempre in quell'anno è stato affiliato Giuseppe Albanese che affiliava Carletto Verderosa e hanno affiliato anche Fabietto Tizzano. Questi ultimi sono affiliati dei cutoliani, il loro derivato è dalla camorra napoletana”.
Pm Perrone Capano: Il rituale foggiano prevede le stesse prescrizioni anche di quelle della camorra barese, quindi la rosa, la pistola, il santino?
Zone Transition
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Villani: Non proprio, qualcosa si somiglia durante il rito di affiliazione. Ad esempio, loro c'hanno già quasi tutti cariche alte, senza fare niente. A Foggia per avere una carica alta, già con la terza, già per entrare, devi essere qualcuno, con la quarta sei proprio grande, considerato bene a Foggia. Pure Rocco Moretti, quando è entrato, in carcere per l'omicidio che aveva fatto 30 anni fa a Terlizzi, è entrato con la carica di quarta. Durante il rito - conclude Villani - si passano le sigarette, si fa la ‘spartenza’, la festa, perché tu diventi come uno ‘sposo’.