Nella relazione che ha determinato, nel 2021, lo scioglimento del consiglio comunale di Foggia per infiltrazioni mafiose – il secondo caso di capoluogo di provincia in Italia – una parte rilevante era incentrata sul fenomeno delle occupazioni abusive degli alloggi di edilizia popolare, spesso da parte di persone collegate alla criminalità organizzata, ovvero alle batterie della Società foggiana.
Nei mesi scorsi varie operazioni di sgombero sono state messe a segno, sotto il coordinamento del Viminale e della locale Prefettura, dalle forze di polizia, Comune e Arca Capitanata, con particolare riferimento ai casi inerenti famiglie legate alle batterie, come lo sgombero che ha colpito la famiglia Lanza che occupava da numerosissimi anni un ex asilo comunale.
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Da ultimo, la scorsa settimana, sono stati liberati tre appartamenti di Arca Capitanata occupati illegalmente da soggetti non aventi titolo e, peraltro, legati ad ambienti criminali. Gli alloggi pubblici sono stati restituiti agli aventi diritto. Ma c’è un’occupazione abusiva che da tre anni continua indisturbata, ai danni di una signora foggiana letteralmente buttata fuori dall’alloggio popolare in cui risiedeva, situato in via De Lillo, nel rione Candelaro.
A febbraio 2020 la signora si trovava presso la sorella, che abitava lì vicino, quando alcune donne si introdussero nel suo appartamento, dopo aver manomesso la porta di ingresso. Fu inutile far intervenire personale di Arca e della Polizia municipale. Alla signora non restò altro da fare che denunciare l’accaduto ai Carabinieri. Da quel momento la povera donna, vittima del sopruso, è stata sempre peggio, manifestando un grave disagio psichico, relazionale e sociale.
Si è ritrovata in condizioni di indigenza, senza alloggio, senza una residenza anagrafica, una regolare tutela sanitaria, perdendo il reddito di cittadinanza e altre forme di protezione sociale. Nessuno, da febbraio 2020 ad oggi, ha provveduto a liberare l’appartamento e metter fine a tanta illegalità. Una vicenda che è seguita sia dal presidente dell’associazione antimafia Panunzio, l’avvocato Dimitri Lioi, che dall’ex senatore Nicola Morra, che negli scorsi anni è stato presidente della Commissione parlamentare antimafia.
Entrambi hanno voluto essere presenti ieri a Foggia, in Tribunale, per chiedere che la signora, evidente parte offesa di questa storia emblematica, possa tardivamente costituirsi parte civile nel procedimento penale per occupazione abusiva e danneggiamento aggravato.
Il processo è stato del resto avviato dalla denuncia sporta dalla foggiana, che ha chiesto l’aiuto di Lioi e dell’associazione intitolata a Giovanni Panunzio, l’imprenditore edile foggiano ucciso nel 1992 dalla mafia per essersi ribellato al racket e aver denunciato i propri estorsori. Gli estorsori e l'esecutore materiale del suo omicidio vennero condannati con sentenza irrevocabile e, per la prima volta a Foggia, venne accertata l'esistenza della mafia.
“Oggi (ieri, ndr) ho depositato l’istanza di remissione in termini per la costituzione di parte civile della mia assistita”, ha spiegato al termine dell’udienza l’avvocato Dimitri Lioi a l’Attacco. “Il giudice ha rinviato la propria decisione all’udienza del 9 febbraio. La signora non è stata riconosciuta come parte offesa, paradossalmente. Per me si tratta di un errore della Procura, peraltro il pm in udienza si è opposto alla mia richiesta”. Panunzio ha inutilmente sollecitato Arca, l’ex IACP di via Caggese.
“Mesi fa ricevetti la segnalazione di questa occupazione abusiva in un alloggio di Arca ad opera di una donna, fatta estromettendo quella che oggi è la mia assistita. Una signora che peraltro ha problematiche di tipo psicofisico tra cui un deficit intellettivo, una depressione cronica, difficoltà relazionali e sociali. L'occupazione abusiva risale addirittura al 2020”, continua Lioi, “Il 25 novembre con una PEC allertai Arca sollecitando un incontro urgente ma da allora non abbiamo ricevuto il benchè minimo riscontro da parte dell'Agenzia. Sto per inviare una seconda comunicazione ad Arca perché nel frattempo abbiamo acquisito ulteriori elementi che confermano l’esistenza di una situazione grave, che non può più andare avanti. L’associazione Panunzio non si fermerà, darà ampio rilievo a questa vicenda. Chiediamo lo sgombero immediato e il ripristino della legalità, non indietreggeremo di un passo. Ho avvisato anche la Prefettura di Foggia, immagino che abbiano contattato Arca. Quanto al Comune di Foggia lo abbiamo interessato per la presa in carico della mia assistita da parte dei servizi sociali. Mi fa molto piacere che anche Morra sia qui con me. Avevo conosciuto il presidente della Commissione antimafia lo scorso anno, in occasione dell'intitolazione di un bene confiscato alla mafia a Giovanni Panunzio. Da quel momento si era avviata tra di noi una interlocuzione diretta”, sottolinea Lioi.
Presente ieri anche l’ex deputata Rosa Menga, che pure sta seguendo il caso. La vicenda è delicata viste le persone coinvolte. “Abbiamo riscontrato la vicinanza tra l'occupante, il marito deceduto a maggio scorso e la batteria Sinesi-Francavilla. Di più non saprei dire se non che siamo in un contesto di forte illegalità ed intimidazioni anche nei confronti del vicinato”, rimarca il presidente dell’associazione Panunzio.
“Nei mesi scorsi avevo plaudito alle iniziative di Prefettura e Arca in occasione delle varie operazioni di sgombero ma questo caso non è mai stato inserito nell'elenco degli sgomberi da effettuare. Arca non si è costituita parte civile in questo procedimento penale, non è intervenuta a tutela della mia assistita e non ha neppure risposto alla lettera che le abbiamo inviato a novembre. Io sono pronto ad una protesta pubblica”, conclude l’avvocato Lioi. E’ stata la vicinanza ad ambienti malavitosi a tutelare finora gli occupanti abusivi?
Zone Transition
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“Mi rifiuto di continuare a parlare di legalità a Foggia se prima non si sgombera questo alloggio. Se non si cambia registro in questo territorio le vittime saranno sempre più vittime e i carnefici sempre più carnefici”.