Omicidio Di Pumpo, l’effetto boomerang della difesa e lo sdegno

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E’ ancora vivo il dibattito, a tratti acceso, in merito alle dichiarazioni rilasciate dall’avvocato difensore del foggiano Francesco Cannone, il 22enne che qualche giorno fa si è autodenunciato – secondo quanto dichiarato dal suo legale Michele Sodrio – affermando di essere alla guida dell’Audi che ha impattato a Foggia, nella notte del 26 gennaio scorso, con la Panda rossa della 25enne Camilla Di Pumpo, poi deceduta.

Un dibattito non senza polemiche, in particolare tra gli stessi addetti ai lavori, sulla opportunità di alcune affermazioni che hanno suscitato forti perplessità e diffuso sdegno. Mentre i legali della famiglia Di Pumpo hanno deciso di non rilasciare nessun commento chiudendosi in un assoluto riserbo, altri avvocati hanno evidenziato che alcune dichiarazioni rese pubbliche “vanno ben oltre il diritto e dovere di difesa” e che taluni passaggi risultano difficilmente “credibili”. Inoltre pare che le persone più vicine a Camilla abbiano trovato “inopportuni” i riferimenti al suo nome e al desiderio di giustizia espressi dal difensore.

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Insomma, secondo diversi addetti ai lavori il comunicato stampa ha sortito l’effetto opposto rispetto al motivo per il quale è stato lanciato ai mass media. Nel giro di pochi minuti sono comparsi altri riferimenti al giovane, riprendendo video postati su Tik Tok, che fanno intravedere il 22enne orgoglioso della sua auto lanciata a oltre 250 all’ora o con diverse banconote sul cruscotto.

Come detto, il passaggio reso noto dall’avvocato difensore rispetto alla prima versione dei fatti, quando ad autoaccusarsi era stato un uomo molto più anziano (il padre del ragazzo, il 52enne Michele Cannone, ndr), ha creato maggiori malumori. Nella denuncia presentata, infatti, secondo quanto reso noto da Sodrio, il padre ha riferito: “Prima di dire che eri tu alla guida della macchina aspettiamo di capire chi sono i parenti della ragazza, perché ho paura che possano essere dei pregiudicati e possano prendersela con te, lascia fare a me”. Parole ritenute surreali e sconcertanti visto che proprio Michele Cannone è un noto pregiudicato nonché imputato nel processo antimafia Decimabis.

Residente a Carapelle, l’uomo è in paese il titolare di una concessionaria di auto, la Fc Cars. Prima del processo in cui è attualmente imputato per turbativa d’asta aggravata dall’associazione mafiosa, Michele Cannone ha riportato condanne in tema di delitti contro il patrimonio. Insomma un recidivo, come sottolineano gli inquirenti. Secondo quanto accertato dagli investigatori, l’uomo (insieme ad altri) aveva il compito “di sovrintendere, su incarico di Rocco Moretti (boss a capo dell’omonima batteria, ndr), a tutte le attività riguardanti il settore delle aste giudiziarie per conto del sodalizio, al fine di influire sul normale svolgimento delle offerte e alterare il principio della libera concorrenza tra i singoli partecipanti, così da ottenere il condizionamento delle gare e l'aggiudicazione dei beni posti all'asta in favore di soggetti designati dall'organizzazione”.

Nel corso di un interrogatorio, Carlo Verderosa ha precisato che Cannone, “per conto della batteria Moretti-Pellegrino, si occupa delle aste e far saltare le puntate, avendo ricevuto tale incarico direttamente da Rocco Moretti, a dimostrazione della fiducia che il boss nutriva nei suoi confronti”. Gli investigatori, in particolare, hanno accertato un caso: insieme ad Alessandro Aprile, Francesco Tizzano, Antonio Verderosa, Marco D'adduzio, Cannone “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, previa comune concertazione ha turbato mediante minaccia, collusione, altri mezzi fraudolenti e allontanamento di altri potenziali offerenti la vendita senza incanto relativa a un'unità immobiliare costituita da una porzione di capannone industriale e dal sovrastante lastrico solare ubicata a Foggia, in via Cariglia al fine di favorire D'Adduzio consentendogli, in tal modo, di aggiudicarsi in seconda battuta – tramite la figlia – i beni con un notevole ribasso e senza che vi fossero altri offerenti”. 

Tutto ciò – evidenziano anche gli inquirenti – “con le aggravanti di aver commesso il fatto essendosi avvalsi della capacita intimidatoria e del potere di controllo che l'organizzazione mafiosa, tramite i suoi infiltrati Cannone e Antonio Verderosa, esercitava a Foggia sul settore delle aste e dei pubblici incanti e al fine di agevolare l'associazione mafiosa”. Secondo quanto riportato dagli investigatori, l'attività di indagine rileva la posizione di Michele Cannone come uomo della cosca in servizio effettivo, disponibile alle incombenze della vita associativa e punto di forza, insieme agli altri, di una entità criminale operante nella città di Foggia e provincia, occupandosi di influire sul normale svolgimento delle aste pubbliche, alterando le regole della libera concorrenza.

Nel corso di un interrogatorio, infatti, Carlo Verderosa ha precisato che Cannone, “per conto della batteria Moretti-Pellegrino, si occupa delle aste e far saltare le puntate, avendo ricevuto tale incarico direttamente da Rocco Moretti, a dimostrazione della fiducia che il boss nutriva nei suoi confronti”. Quanto narrato del collaboratore – secondo la magistratura – trova riscontro in un’intercettazione. “Alessandro Aprile e Francesco Tizzano, oltre a fare riferimento all’estorsione perpetrata in danno di Alessandro Carniola, disquisivano anche dell’operazione illecita realizzata nel corso di un'asta”, si legge nell’ordinanza di Decimabis.

Inoltre, a ulteriore dimostrazione del suo coinvolgimento nella vicenda, “con affermazioni di evidente natura confessoria asseriva di aver richiesto all’aggiudicatario il versamento di 10mila euro in considerazione del fatto che, grazie al loro interessamento, aveva fatto un affare, lasciando intendere con tale affermazione che il bene aveva subito un importante deprezzamento: ‘ho detto vedi che ti facciamo fare l'affare ma ci devi dare 10mila euro’”.

Tizzano, inoltre, informando il sodale del positivo esito dell’aggiudicazione “disvelava anche il pieno coinvolgimento nella vicenda di Michele Cannone. Sul punto, infatti affermava che l'aggiudicatario, dopo essersi interfacciato con Cannone (palesatosi essere proprio Michele Cannone, sulla scorta delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carlo Verderosa), anziché corrispondere i 10mila euro inizialmente pattuiti in cambio dell'interessamento della criminalità, avrebbe voluto versare ‘solo’ 8mila euro”. 

Il dialogo tra i due, consente di rilevare anche particolari che confermano il vincolo associativo tra i componenti delle diverse batterie: tanto emerge nel passaggio in cui Tizzano Francesco nell'affrontare l'argomento in analisi, informava Aprile Alessandro del loro diretto. “Il fatto dell'asta, hai visto ... ah si si ... e quello il biondo là ... Cannone ... quello sta, pure Cannone là, sopra le aste ... e si, stanno anche loro, però noi insieme l'abbiamo fatta quest'operazione, hai visto quando ... quando è venuto o Sgarr (Francesco Pesante, ndr) con noi, si è parlato anche del fatto dell'asta, noi abbiamo detto a loro ‘dove state voi, dobbiamo stare noi’”.

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Gli addetti ai lavori, dunque, hanno evidenziato la nobiltà della difesa dell’indagato impopolare, però hanno convenuto di aver letto diversi passaggi che lasciano più di qualche perplessità.

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