“Particolare spregiudicatezza dimostrata, indice di una personalità avulsa dalle regole di convivenze civile, priva del sentimento dell'umana pietà, oltre che di totale e sprezzante indifferenza rispetto alle particolari condizioni soggettive di sofferenza delle vittime le quali riponevano cieca fiducia nel medico”.
È quanto ha scritto il Giudice dell’udienza preliminare (Gup) del tribunale di Bari Francesco Vittorio Rinaldi nelle motivazioni poste alla base della condanna a 9 anni di reclusione per il medico oncologo barese Giuseppe Rizzi e a 5 anni e 6 mesi di reclusione per l'avvocato Maria Antonietta Sancipriani, sua compagna, con le accuse di concussione aggravata e truffa aggravata ai danni di 13 pazienti, malati oncologici. Lo riporta LaPresse.
Carousel Banner 1
Carousel Banner 1
Carousel Banner 2
Carousel Banner 2
Gli imputati sono stati giudicati con rito abbreviato. Per il medico, posto ai domiciliari a maggio 2021, la procura aveva chiesto la condanna a 10 anni. Mentre per l’avvocata, rimasta a piede libero, aveva invocato 4 anni. "Gli elementi raccolti consentono di ritenere integrato l'abuso costrittivo, sotto il profilo dell'abuso della qualità di medio oncologo, oltre che sotto il profilo oggettivo, posto in essere attraverso la strumentalizzazione dei poteri a lui conferiti dalla legge, nel senso che sono stati esercitati in modo distorto e cioè attraverso il pagamento di somme di denaro non dovute", si legge nelle motivazioni depositate nelle ultime ore.
"Quando all'abuso, è emerso che Rizzi si è presentato alle vittime quale unico medico in grado di praticare terapie sperimentale con effetto salvifico", ha sottolineato il Gup dopo aver ricordato che l'indagine è nata dall'esposto denuncia, presentato il 18 dicembre 2020, dal direttore generale dell'Istituto tumori Giovanni Paolo II di Bari a seguito della richiesta dei legali dei familiari di un paziente deceduto a 68 anni (Ottavio Gaggiotti) per un cancro allo stomaco, originario della provincia di Foggia, per la restituzione di somme pari 127.600 euro.
Denaro corrisposto al medico, all'epoca dipendente della struttura che poi lo ha licenziato, per le cure e i farmaci. Il figlio del paziente ha presentato denuncia il 27 gennaio 2021, riferendo che il medico si faceva corrispondere “900 euro in contanti per ogni iniezione praticata”.
Il paziente - ha sottolineato il Gup – “aveva manifestato le sue difficoltà economiche” ed era “stato posto a un aut-aut: continuare le costose cure, prospettate come salvavita, corrispondendo a Rizzi cospicue somme, o andare incontro alla morte”.
Zone Transition
Zone Transition
“Siamo soddisfatti per la sentenza che rende giustizia a una famiglia affranta e ormai ridotta sul lastrico da chi avrebbe dovuto curare il povero Ottavio”, dice l'avvocato Pio Gaudiano che ha rappresentato in giudizio i familiari di Ottavio Gaggiotti. “Sia che io, che gli avvocati Francesca e Alessandro D'Isidoro abbiamo sin da subito riposto fiducia nel lavoro di carabinieri e magistratura”, prosegue. “Il riconoscimento della piena attendibilità delle parole dei denuncianti e in modo particolare del figlio accende finalmente una luce nel buio clamoroso di questa storia”, conclude.