Annusando il fetido odore che puntualmente pervade alcune zone della nostra sporca città ho pensato alla vulgata popolare dell’800 che sosteneva che a Foggia anche il pane sapeva di sterco. Un bravo studioso e divulgatore non può però soffermarsi all’incipit sensoriale, deve scavare e capire per non cadere nel facile qualunquismo che confonde la gente e finisce per fare gli interessi di pochi. Sul pane locale “metifico e fetente” per esempio venne ad illuminarci il magistrale lavoro letterario del naturalista e filosofo Michelangelo Manicone, padre francescano ed una delle personalità più caratteristiche del suo tempo in Capitanata. Il “monacello rivoluzionario” (come era soprannominato per via della sua indole e per la sua bassa statura di 1,40m) analizzò le questioni dietro il pane poco nutriente e dal sapore tanto disgustoso.
Le cause a suo dire erano di due tipi: in primis la disonestà degli amministratori e dei commercianti di granaglie, colpevoli di destinare alla pubblica vendita il frumento ammuffito e precocemente fermentato a causa della lunga permanenza nelle fosse; in secondo luogo l’inadeguatezza dei forni alimentati con il letame di stalla a causa della scarsezza di legna nel Tavoliere. Le pagnotte quindi rimanevano poco cotte, umide ed impregnate dell’orribile puzzo di feci emanato dal quel singolare combustibile. Ecco così uno studio puntuale, scientifico che permetta di capire il problema ed offra gli strumenti per risolverlo o quantomeno individuare le responsabilità.
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Veniamo all’oggi. Quello che vediamo tutti è una città alla deriva, che tra le tante problematiche presenta quella dei marciapiedi infestati da erbacce, alberi non curati, marciapiedi impraticabili, ed una sporcizia nei parchi pubblichi oltre ogni limite del sopportabile.
Mi è stato affidato il compito di studiare e scrivere un’inchiesta sul verde pubblico alla luce della nuova gara di affidamento del servizio manutenzione in dirittura di arrivo, della proroga momentanea a Foggia Più Verde e del fatto che quest’ultima sia uscita intonsa dal terremoto della relazione di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Facciamo un doveroso passo indietro.
L’affidamento della gestione del servizio per la manutenzione del verde pubblico orizzontale e verticale era stato aggiudicato con gara d’appalto del 2017 alla Foggia più Verde dell’amministratore unico Ugo Fragassi. 5 milioni e 700 mila euro circa iniziali estesi poi con ulteriori oneri.
Al momento dello scioglimento dello scorso anno, l’ex Prefetto Esposito fu molto duro su quell’affidamento.
“L’esame dell’Organo di Indagine ha evidenziato, anzitutto, la violazione da parte del Comune di Foggia degli obblighi relativi alla verifica antimafia, a cui doveva essere sottoposta l’impresa contraente nella forma più penetrante della informazione antimafia”.
E ancora: “L’iniziativa del Comune nel promuovere lo scrutinio antimafia solo nel 2019, a due anni dalla conclusione del contratto con la società, rivela, ragionevolmente, una finalità ‘sanante’ e riparatoria di omissioni ingiustificabili se non alla luce di una inammissibile ‘premura’ di contrarre con un soggetto economico che presentava, peraltro, cointeressenze proprio con le suddette imprese, poi interdette dal prefetto, in quanto riconducibili a soggetti legati da vincoli di parentela e colleganze con Federico Trisciuoglio, capo dell’omonima batteria mafiosa”.
Nella relazione della commissione d’accesso si evidenziava che questa accertata timidezza del Comune di Foggia nell’attivare le verifiche antimafia nei confronti di Foggia Più Verde “assume connotati davvero preoccupanti, se si considera la presenza nella stessa di dipendenti contigui alla criminalità organizzata, sui quali si è soffermata l’attenzione della commissione”.
A questo punto un nuovo affidamento ad altro soggetto sarebbe stato automatico, come avvenuto ad esempio con gli altri servizi in città.
Invece i commissari hanno stupito tutti destinando nel bilancio 2022 la somma di 807.000 euro circa per la proroga del servizio sul verde pubblico per 6 mesi.
Fragassi ha difeso il proprio operato su due fronti: essendo un’impresa agricola non avevano l’obbligo di iscrizione nella White List della Prefettura; in secondo luogo, le persone assunte (in particolare quelle con precedenti ed affiliazioni criminose) sono eredità della clausola sociale che risale ai tempi di Agostinacchio. Come a dire che chiunque fosse stato l’aggiudicatario del servizio si sarebbe trovato, obtorto collo, le stesse persone in organico per via della clausola sociale.
Il famoso patto sociale di cui spesso parla l’Attacco e dalla cui rottura è scaturito a valanga tutto quello che oggi scontiamo.
Nel frattempo la nuova procedura di gara per l’affidamento del servizio per i prossimi 3 anni è vicina all’aggiudicazione. Sono 4 gli operatori contendenti e in attesa del vincitore continua la proroga per Foggia Più Verde (fino a fine luglio o oltre?), con Fragassi che figura anche tra i nuovi partecipanti seppur in una diversa veste, ovvero con una diversa associazione tra imprese.
La città continua ad essere nel caos. Le segnalazioni sul degrado del verde sono tantissime. Erbacce, sporcizia, conchette abbandonate, alberi malcurati che cadono. Il caldo e l’immondizia aggravano ulteriormente la situazione, in un periodo dell’anno in cui andrebbero fatti molti più interventi di potatura professionale. Alle inefficienze di Foggia più Verde e del Comune si sommano le gravi difficoltà di AMIU, si veda la questione conchette rimasta sospesa e competenza di nessuno per diversi mesi perché non inclusa nella proroga di febbraio.
Come spesso succede l’ondata polemica ha visto mettersi in prima fila l’ex consigliere comunale e candidato sindaco Giuseppe Mainiero, che tramite tutti i media ha tuonato contro l’impresa di Fragassi e la sua aggiudicazione reputandola illegittima proprio perché trattasi di azienda registrata come “agricola” e non “di servizi”. A questa tesi, che ha riscosso grande successo popolare, è mancato un po’ di sano fact checking.
Facciamolo noi, anticipandovi però che questo andrà totalmente a smontare l’impianto accusatorio del leader del comitato Resto a Foggia.
L’accusa è stata questa: “Se è vero che si tratta di un’azienda agricola, pertanto non tenuta all’iscrizione nella cosiddetta ‘White list’ della Prefettura, è altrettanto vero che, com’è appena evidente, il territorio della città non è un campo agricolo. Pertanto l’attività svolta dalla società rientra nell’ambito di un contratto pubblico di servizio, al quale il Comune (dunque i cittadini foggiani) corrisponde il pagamento di un costo orario ricadente all’interno del comparto servizi e non del comportato agricolo. Per dirla in maniera semplice: il Comune non paga per operai agricoli, ma per operai del comparto servizi. Il fatto poi che la società “Foggia più Verde” utilizzi i trattori per la manutenzione del verde pubblico non fa di Foggia un campo agricolo, e soprattutto degli operai del comparto servizi degli operai agricoli. Una differenza che è sostanziale perché il “costo contributivo” è radicalmente diverso. Non c’è possibilità di confusione o interpretazione. La materia non è per nulla controversa: se si opera sulle aiuole cittadine e non nei campi agricoli si impiegano operai afferenti al comparto servizi e non si usufruisce di quelle “specifiche tutele” del comparto agricolo. Una palese violazione contrattuale, che dovrebbe porre serissimi dubbi anche sull’aggiudicazione originaria”, è quanto affermato dall’ex meloniano Mainiero.
La risposta all’invettiva si trova direttamente nel contratto collettivo nazionale degli operai agricoli che dice all’Art 1 che: “Il presente contratto collettivo regola, su tutto il territorio nazionale, i rapporti di lavoro fra le imprese condotte in forma singola, societaria o, comunque, associata che svolgono attività agricole, nonché attività affini e connesse – comprese le aziende florovivaistiche e le imprese che svolgono lavori di creazione, sistemazione e manutenzione del verde pubblico e privato – e gli operai da esse dipendenti”.
Un’azienda agricola può occuparsi di verde pubblico e può assumere lavoratori secondo questo contratto. Nel caso di Foggia Più Verde in realtà deve obbligatoriamente. Come specificato nel testo, questa regolamentazione è in virtù di un accordo del 2014 tra le organizzazioni dei datori di lavoro (Confagricoltura, Coldiretti, CIA) e le sigle sindacali dei lavoratori al fine di semplificare e razionalizzare il sistema della contrattazione collettiva. L’accordo fa rientrare ufficialmente la manutenzione, sistemazione e creazione del verde pubblico e privato ed i loro operai nei rapporti di lavoro nell’ambito di applicazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per gli operai agricoli e florovivaisti. Sprecare titoli ed articoli su questa polemica, senza un fact checking, si rivela di fatto totalmente inutile e persino dannoso nel mettere commissari e azienda affidataria di fronte alle loro reali responsabilità.
L’essere perfettamente in regola su questo fronte non assolve infatti le mancanze vere che riguardano il servizio. Nelle prossime puntate di questa inchiesta l’Attacco analizzerà altri dettagli del capitolato d’appalto e di come si è lontani dalla realizzazione di quanto specificato.
Zone Transition
Zone Transition
Per oggi ci congediamo con un’analisi delle criticità che insistono nell’ambito della contrattazione e delle risorse umane. Il problema, infatti, non è che gli operatori siano assunti come operai agricoli, come si è visto, ma che si tratti di soli 31 dipendenti circa e quasi tutti assunti come part-time a 25 ore di lavoro settimanale. Foggia, una città così demenzialmente estesa e con così tante problematiche, ha ad occuparsi del verde pubblico un numero così risicato di operatori. Non solo part time ma per giunta inquadrati al livello più basso, quindi come “Area 3 - operaio in grado di eseguire le operazioni più semplici (scavi, stesura di tubi, montaggio di giunti, ricopertura e piantumazione, potatura, tosatura dei prati con macchine semplici, stesura e modellazione del terreno, etc.). Situazione che non ha paragoni in termini relativi e comparativi.