Carrabba, lo scampato di Superga. Un gavettone di Mazzola gli salvò la vita

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Sono ormai trascorsi 75 anni dallo sciagurato 4 maggio 1949: era un pomeriggio uggioso di primavera. Torino era coperta da un velo di tristezza, sembrava quasi un presagio. 
L'aereo del Grande Torino, proveniente da Lisbona, stava atterrando. Alle 17.07 si sentì un grande boato e poi un esplosione. 

Il velivolo si schiantò contro la Basilica di Superga a 675 metri di quota, incendiandosi. Non ci furono sopravvissuti, 31 le vittime fra cui 3 giornalisti e 5 tecnici. Alle 9:52 il monoplano G.212 partì da Lisbona per tornare a Torino: la squadra si era recata in Portogallo per giocare un'amichevole con il Benfica.

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Una volta raggiunto il Piemonte il pilota si rese immediatamente conto che le condizioni meteo non erano favorevoli e che la visibilità era bassissima: in alcune zone (come i pressi del colle Superga) questa era addirittura pari a 40 metri.

L'aereo quindi segnalò la sua presenza a Savona quando l'altimetro segnava 2000 metri di quota, dopodiché il pilota iniziò la discesa per oltrepassare le nuvole e riacquisire visibilità. Purtroppo proprio durante questa manovra di discesa qualcosa andò storto e il mezzo, anziché allinearsi con la pista di atterraggio, colpì il colle Superga, schiantandosi sulla basilica.

Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Martelli, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola: era l'undici più amato dall'Italia, capace di riunire tutta la nazione sotto un unica bandiera. Gli amanti del calcio conoscono la storia del Grande Torino e purtroppo il suo tragico epilogo. In pochi però sono a conoscenza della storia del foggiano Berardino Carrabba, semplicemente Dino per gli amici. 

Mediano classe 1930, cominciò la sua carriera proprio nel vivaio del Foggia. Fu poi uno dei pionieri dell'Incedit, la seconda squadra del capoluogo dauno, quella della Cartiera. Nel luglio del 1948 venne adocchiato dal Torino, che lo chiamò per un provino. Così, con il suo allenatore Vincenzo Marsico, Carrabba si mise in treno e raggiunse il capoluogo piemontese. 

La "prova nel cantiere dei Campioni d'Italia" ebbe esito positivo: Carrabba viene ceduto in prestito al Torino. "C'è solo da rammaricarsi che il Foggia non lo annoveri tra i suoi ranghi", scrisse il Corriere di Foggia, dopo il suo passaggio tra le file granata. Nei primi mesi a Torino Carrabba diventa un giocatore completo, così l'Incedit lo chiama per completare il campionato di Promozione.

Ma nel maggio del 1949 Dino ha l'occasione della vita: viene richiamato dal Torino, per esordire per la prima volta con i "senior", in amichevole. La partita, che purtroppo conosciamo tutti, era la famosa amichevole di Lisbona, contro il Benfica. Nell'ultimo allenamento prima della partenza - racconta il giornalista Francesco Ippolito che è anche suo nipote  - il grande e compianto Valentino Mazzola per scherzare lo bagnò con una pompa dell'acqua e si ammalò”. 

In quel momento non lo sapeva, ma con quel gesto Mazzola gli salvò la vita. 
Non partirà più infatti per Lisbona e toròerà a Foggia. "Eravamo seduti sul tavolo di mia madre - raccontava suo fratello Achille -, quando la radio comunicò che l'aereo del Grande Torino si era schiantato sulla Basilica di Superga. Mio fratello ascoltò con me la notizia e svenne immediatamente". 

Su quell'aereo poteva esserci lui. Non ebbe più la forza di tornare a Torino, nemmeno per giocare le restanti partite di Serie A assieme ai ragazzi granata: si sarebbe potuto laureare campione d'Italia, ma decise di rimanere a Foggia.

Carrabba tornò a giocare con la maglia dell'Incedit, e soltanto quattro giorni dopo il tragico evento scese in campo a Corato, dove spinto dalla commozione segnò pure un gol. 

Nel proseguimento della sua carriera riuscì a vincere un campionato di Promozione il 24 giugno 1956, quando sul neutro di Bari l'Incedit sconfisse il Bisceglie 3-1.Dopo una breve parentesi al Foggia, chiuse la carriera al Troia, come giocatore-allenatore, a cavallo tra il 1959 ed il 1961. 

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Negli ultimi anni della sua vita ha duramente lottato contro una malattia, che l'ha portato via il 4 agosto del 2012. "Gli eroi - diceva Indro Montanelli - sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta".

 

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