Le ragazze della politica: “Una nuova consapevolezza attraversa le donne”. Ma bocciate le quote rosa

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C’è stato un tempo in cui il ruolo delle donne in politica è stato assolutamente marginale e inconsistente, fatti salvi alcuni esempi eccellenti che rappresentavano però l’eccezione. Tanto che ad un certo punto il legislatore è intervenuto con l’introduzione delle cosiddette quote rosa, volte a garantire la rappresentatività delle donne nei segmenti della classe dirigente di soggetti pubblici e privati (vertici aziendali, consigli di amministrazione, liste elettorali) attraverso la definizione di una percentuale minima di presenze femminili. In Italia sono state introdotte nel 2011 nel frattempo molta strada è stata fatta. E oltre alle Lidya e alle Marida in Capitanata da diversi lustri tante donne amministrano le comunità. Era candidata Sindaca in quest’ultima tornata elettorale ma consigliera comunale storica della sua Torremaggiore, con un orientamento ideologico di centrodestra, Massima Manzelli ha le idee chiare su quanto sta accadendo nel panorama politico attuale che vede le donne sempre più nelle stanze dei bottoni, a volte scelte più per il semplice fatto di appartenere ad un genere che per doti personali, proprio per assecondare le nuove sensibilità degli elettori.

“Effettivamente riscontro questa tendenza – ha evidenziato a l’Attacco -, talvolta condivisa da chi però poi si fa protagonista ma talvolta anche solo subita. Non c’è una regola fissa ma a volte la scelta ricade su una donna solo perché funziona meglio in questo momento. Come se essere donna facesse curriculum. Per quanto mi riguarda durante la mia campagna elettorale, non ho mai forzato volutamente sul fatto che fossi una donna, perché non condivido questo trend, sebbene abbia messo appena l'accento sul fatto che è innegabile che sono una donna. L'unico riferimento al mondo femminile è stato l'articolo ‘una’, per dire cioè che sono ‘una tra tante’. Non sono unica perché sono una donna, però intanto sono una donna”.

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Questa strumentalizzazione elettorale del genere femminile nuoce al processo di emancipazione delle donne? “Moltissimo – la risposta netta di Manzelli -. Io non sono neanche d'accordo con le quote rosa che da un lato probabilmente si è rivelato efficace come strumento per sdoganare la presenza di molte donne. C'è una maggiore partecipazione in politica ma, come tutte le cose, dipende poi da come si usano. Se una donna si fa strumentalizzare lo deve solo a sé stessa, non allo strumento, quindi dipende da come si vuole partecipare, se una donna partecipa ad una competizione elettorale soltanto per sostenere la coppia è comunque una scelta rimessa alla stessa che deve interpretare in maniera adeguata questi strumenti. L’emancipazione tocca alle donne. Ma purtroppo è difficile perché comunque scontiamo sempre un po’ il limite dello spazio che ci viene concesso, la donna fa molto più fatica a prenderselo. E quando poi è particolarmente temprata o ha un carattere forte o ha capacità si vede ostacolata. Non è il contrario. La chiave per scardinare questo modus operandi a mio parere è la reciprocità: la donna non ha più valore solo perché è donna; la donna può essere un valore, esattamente come l'uomo. A volte per questo mio modo di pensare sono in disaccordo con molti, però mi rendo anche conto che io sono rimasta un po’ indietro, sono rimasta alla libertà conquistata, che ormai per me è un fatto scontato e che invece negli anni si è perduta perché probabilmente non l'abbiamo saputa mantenere e nelle nuove generazioni vedo una preoccupante involuzione”.

Sindaca da 20 anni è Lucilla Parisi che ha la politica nel sangue, quando da ragazzina era militante con la tessera del partito socialista in tasca, la sua strada di fatto tracciata, oggi nota una maggiore presenza delle donne perché la famiglia non viene più vissuta come un ostacolo alla propria autodeterminazione. Anche se questa si identifica in una carriera in politica. “E’ importante essere riusciti finalmente a sciogliere il nodo rappresentato dalla famiglia – ha spiegato a l’Attacco -, fare politica non è semplice, anche se per me, devo dire, non è mai stato un ostacolo al mio ruolo in famiglia questo perché la mia passione per la politica è sempre stata innata, ancora prima di diventare Sindaca”. E a chi pensa che oggi la politica strumentalizzi il genere femminile per assecondare un trend risponde: “Penso che sia anche una scelta individuale, potrebbe esserci qualcuno che specula e che sta cavalcando questa onda positiva del genere femminile però sta anche alla persona capire se quella sfida può essere accettata o meno. Penso che non sia il caso di buttarsi in politica, se non si è predisposti”. 

Ma usare le donne per scopi elettorali può essere nocivo per l’emancipazione femminile? “Dipende dai punti di vista, ripeto: parto sempre dal presupposto dell'individualità, se mi faccio usare dipende da me, tanto se sono uomo o donna. E’ per questo che non amo le quote rosa, per me è una forma di ghettizzazione. Se una donna vale, vale. Punto. Non si deve forzare la mano perché si è donne e inserirle nelle liste obbligati da una legge”.

20 anni da Sindaca hanno portato Lucilla Parisi a frequentare contesti istituzionali, spesso molto maschili, al di fuori di Roseto. “Francamente – confessa - ho trovato meno difficoltà 25 anni fa che non adesso. Per mia esperienza diretta trovo che ci sia stata una involuzione, c'è più attrito tra donne e uomini ora, rispetto a trent’anni fa. Dobbiamo essere noi brave a trovare un equilibrio senza puntare alla prevaricazione, che sarebbe ugualmente sbagliata. Ma forse proprio questo avanzamento femminile incute il timore nell'uomo di essere scavalcato, sta a noi disinnescare questo meccanismo”.

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Avvocata, non ancora 37enne, dem e vicesindaca a Cerignola è Maria Dibisceglia che, nonostante la giovane età, ha già una solida esperienza decennale nella politica. “Per me la maggiore presenza delle donne in politica non è solo un trend o una moda, credo che sia cambiato il modo di approcciarsi alla politica. Non solo, le donne si sentono anche più pronte ad affrontare altre tematiche che non si limitano più solo alla vita familiare o alla vita lavorativa, si preoccupano del territorio, della gente, della comunità. Proprio per questo le quote rosa non mi hanno mai molto convinta, perché penso che la politica debba essere fatta bene e che sia uomo o una donna, se il politico è valido i voti li prende e riesce ad essere eletto. Sicuramente le quote rosa sono state lo strumento per far sì che venisse data una possibilità in più alle donne. Ma oggi le donne stanno dimostrando di non avere più bisogno di questi strumenti, pure utili in passato, oggi hanno tutta la capacità e tutta la voglia di approcciarsi alla politica e lavorare per la comunità che occorre. Non penso neppure che ci sia una strumentalizzazione delle segreterie politiche nella scelta delle donne, almeno non nel mio partito, che ha immediatamente capito che nelle donne c'è forse la capacità di ascoltare e di avvicinarsi alle persone con più facilità, con più semplicità. Quanto a me, non mi sono sentita uno strumento quando mi sono candidata per la prima volta a consigliera comunale e i voti, io e le mie colleghe di partito, ce li siamo andati a conquistare uno per uno. Così come mi sento di sfatare il limite culturale secondo il quale amministrare per una donna è più difficile, io non l’ho mai riscontrato e sono sempre stata trattata in tutte le sedi al pari degli uomini, ora come all’inizio della mia carriera anche se devo dire che alcuni segnali della società, come alcuni fatti di cronaca o più semplicemente alcuni contenuti pubblicati dai giovani sui social mi spaventano e mi preoccupano. Ma penso che non si debba generalizzare e circoscrivere la cosa ai singoli episodi”.

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