La mancanza d’ombra ai Campi Diomedei ha creato non pochi malumori tra i foggiani: la presenza di piccoli arbusti, purtroppo, non permette ai cittadini di godersi il parco a pieno, durante tutte le ore del giorno. Quando il caldo si fa eccessivo, infatti, bisogna correre ai ripari cercando refrigerio. Peccato però, che i Campi Diomedei, uno dei più grandi parchi del Sud Italia, non presenta luoghi freschi dove potersi riparare dai raggi solari. “In una città calda come Foggia, bisogna prenderlo in considerazione – ha comunicato qualche passante a l’Attacco – sappiamo bene che durante l’estate questa città diventa tra le più calde di tutta Italia e il tasso d’umidità è eccessivo. Il parco è bello, ma se ci fosse stata maggiore ombra e magari una fontana sarebbe stato meglio”. “Bisogna dare tempo al tempo, aspettare che gli alberi crescano e faranno tutta l’ombra di cui si necessita – suggeriva qualcun altro – solitamente in un parco non vengono piantati alberi di grandi dimensioni. Aspettiamo, se siamo bravi e curanti del luogo i nostri figli potranno goderselo come si deve”. Questo il riassunto delle idee divergenti che stanno affollando i social, e non solo, in questi ultimi giorni, da quando il quotidiano l’Attacco ha dato voce ad alcuni cittadini che segnalavano, appunto, la mancanza di coni d’ombra nel parco urbano diventato oggi il più grande polmone verde cittadino. Ma quanto costerebbe acquistare un albero di medie-grandi dimensioni?
Quanto peserebbe alle tasche dei foggiani il suo trasporto e “montaggio”, ovvero tutte quelle operazioni di piantumazione e messa in sicurezza dell’arbusto che deve, per ovvie ragioni, essere messo in condizioni di stabilità? “Con le querce l’ombra si avrà fra 50 anni perché hanno una crescita molto lenta, forse servirebbero dei tigli o dei falso pepe che crescono invece molto più velocemente - spiegano a l’Attacco alcuni vivai di Foggia – il tasso di crescita, ovviamente, non è matematico, dipende da vari fattori, a cominciare dal terreno, dall’acqua, dalla manutenzione, da come viene insomma curato. Piantare e abbandonare una pianta non la fa crescere. Già viviamo in territorio con scarse piogge. I prezzi, poi, possono oscillare di parecchio e non vanno in base all’altezza ma alla circonferenza del tronco (10/12, 14/16, 16/18, ndr) da 50 euro possiamo arrivare anche mille euro. Chi ha però realizzato il lavoro del parco Diomedei è un vivaio molto assortito, ed è uno dei più importanti e meglio strutturati del nostro territorio. Questo è certo”, assicurano. Un alberello può arrivare a costare anche mille euro. Per arbusti di 4 metri servono poi gru e mezzi particolari che fanno, per ovvie ragioni, lievitare i costi. “Partiamo dalle 700 euro a salire – aggiungono a l’Attacco i vivai – possiamo sfiorare anche qualche migliaio di euro, considerando anche il lavoro e la sistemazione nel terreno”.
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Sulla questione “ombra” dei Campi Diomedei è intervenuto a l’Attacco anche il naturalista foggiano Vincenzo Rizzi. “Tutta questa veemenza sulla mancanza di alberi al parco mi pare un’esagerazione – dice –. Possiamo davvero pensare di riempire un parco con alberi secolari cresciuti in altri luoghi? Ricordo in merito la grande polemica che nacque a suo tempo quando Pellegrini piantò il carrubo davanti alla Provincia, proveniente dai Balcani. Bisogna rendersi conto che le piante non sono oggetti, hanno i loro tempi che sono diversi da quelli dell’uomo, solitamente quando si costruisce un parco lo si fa pensando alle nuove generazioni e non al presente. Chiaramente si potrà operare intensificando con nuove piantumazioni – ribadisce - senza considerare che alberi di grandi dimensioni costano e non è nemmeno sicuro che poi attecchiscano: il rischio di morte di un albero c’è sempre. Togliere una pianta in un determinato contesto ambientale è sempre un rischio oltre ad essere un’operazione non etica. Un albero secolare ha la sua identità: questi sono pensieri legati a vecchie logiche consumistiche che non vanno bene”.
Zone Transition
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“Dobbiamo invece iniziare a ragionare sul fatto che il verde ha un suo valore determinato proprio dal tempo. Queste situazioni devono farci capire di quanto sia importante salvaguardare gli alberi, di quanto poi ci costa anche in termini temporali riavere un albero di quelle dimensioni e rigodere di quei servizi ecosistemici che ci donavano. Le specie autoctone hanno una crescita lenta, prima di avere una chioma di una certa dimensione passano almeno 10/15 anni- aggiunge Rizzi. Mi sembra assurdo vomitare critiche continue su questo parco: non dimentichiamo che quell’area poteva diventare l’ennesima zona di palazzine e cemento. In questa fase sarebbe magari importante che il Comune si attrezzasse anche con la presenza di una figura, di un direttore tecnico, che seguisse l’evoluzione del parco che, anche perché il continuo calpestamento del prato, specie durante il periodo estivo dove lo stress idrico è maggiore, tende ad essere degradato. Servirebbe quindi una persona che seguisse l’andamento e che chiudesse periodicamente piccoli pezzi di parco per intervenire con nuove semine o altre operazioni per salvaguardarlo. Il parco, non dimentichiamolo, è un regalo che non facciamo a noi stessi, ma ai nostri nipoti”, conclude.