Una delle peculiarità delle piante è quella di non potersi spostare. Una volta piantate nel posto sbagliato sono costrette a una vita di lunghe sofferenze che portano ad una lenta agonia. Tutti, specialmente vivendo in città, siamo abituati ad avere un rapporto consumistico con la natura e non pensiamo alle piante come esseri viventi ma immaginiamo che l’unico motivo per cui le piante sono presenti sulla terra è per il loro aspetto ornamentale. Perché ci rassicurano o per la bellezza dei loro fiori, l’imponenza dei fusti, la produzione di frutti, legno, carta e tanto altro. Non riusciamo più a immaginare una casa senza piante, un terrazzo senza fiori, una via della città senza alberature. Cioè non siamo più in grado di pensare a queste meravigliose creature, senza collegarle ad un uso, ad un qualcosa che possa tornarci utile. Non appena si perde di vista l’utilità di una pianta, la si estirpa o se è un albero lo si abbatte, senza appello.
Molti sono gli appassionati di verde e di piante che invece di frequentare parchi e boschi tentano di riprodurre in casa ciò che ritengono sia la natura. Per chi ama le piante c’è tutto un mercato che va dai supermercati ai vivai specializzati, con l’obiettivo di far crescere una passione che in molti casi diventa mania. Uno dei motivi per cui si comprano piante è per arredare la propria casa ma quando poi questa voglia si è placata si passa al collezionismo delle piante più strane e provenienti da ogni parte del mondo. Poi magari arriva l’estate e scopriamo di non poterle più assistere. E non parliamo di particolari attenzioni, no. Si tratta di acqua e a settembre poi, si contano le vittime e si ricomincia tutto di nuovo con i supermercati ed i vivai pronti più che a curare le piante, a placare le ansie e le convulse pulsioni dei propri clienti, rimpiazzando le piante morte.
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Così fan tutti, è il consumismo! Ma questo non succede solo per i cittadini, è un contagio che si è trasmesso anche alle imprese e un po’ come il cane che si morde la coda, chi ha inventato il consumo di massa alimenta la cultura del consumismo anche attraverso la proposizione della propria immagine. E’ il caso della Benetton che pensando di trasmettere una idea dell’impresa come impresa green, a Foggia ingloba nell’estetica della facciata tecno degli olivi.
Coltivare piante a Foggia e soprattutto in centro è molto difficile, le temperature estive e i venti dominanti delle nostre zone sono un ostacolo quasi insormontabile alla vita e così applicando un modello consumistico milanese, la Benetton ha pensato bene di mettere sui balconcini della facciata di quella che una volta era la Standa, delle piante di olivo. Non siamo a Milano e il giardino verticale di Boeri a Foggia dà ben altri risultati. Gli olivi tenuti in mastello di plastica, ogni anno si seccano o perdono vegetazione e come in una sorta di film horror, è possibile ogni anno assistere ad una lenta e sadica consunzione.
Benetton sul proprio sito scrive: “Verde non è solo il colore del marchio United Colors of Benetton. È una filosofia che permea la cultura di Benetton Group da decenni, quando le discussioni sullo sviluppo sostenibile erano ancora agli albori”. E intanto riproducono un modello sbagliato e consumistico sull’uso delle piante. Non basta esporre piante autoctone né installare impianti di irrigazione, forse è meglio prendere gli olivi e metterli in piena terra, piuttosto che ostinarsi a dare un’immagine non certo “green” del proprio marchio. Un’idea ci sarebbe: liberate gli olivi.
Zone Transition
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A Foggia ci sono decine di aree che dovrebbero essere verdi e che sono sprovviste di piante, chiedete al Comune la disponibilità a ricollocare gli olivi in piena terra e magari a completare il lavoro con la piantumazione di altri alberi a vostre spese, per compensare la tristezza che avete trasmesso ai cittadini e la sofferenza inflitta alle piante. Sarebbe un finale alla Pretty Woman che conquisterebbe i foggiani e che potrebbe essere da esempio per le migliaia di collezionisti di piante. Il rispetto per la vita parte da queste piccole cose, occupiamoci degli alberi per occuparci di noi stessi.
Francesco Dicesare