“Può definirsi ‘italiana’ la pasta che viene realizzata senza utilizzare grano duro italiano? E’ una domanda che poniamo ai consumatori, alle associazioni che ne difendono i diritti, a chi parla di ‘sovranità alimentare’ senza svelare cosa c’è dietro il vero e proprio tracollo delle quotazioni del frumento duro italiano
e la conseguente diminuzione in Italia delle superfici coltivate per produrre grano. Noi ci stiamo mobilitando con una piattaforma di richieste al Governo italiano, proposte sostenute da una petizione pubblica (https://chng.it/zVC8sWyT75). Occorre che la mobilitazione diventi di tutti gli italiani, ne va non solo del futuro della filiera grano-pasta, ma anche della salute dei nostri figli”.
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Gennaro Sicolo, presidente regionale di Cia Puglia e vicepresidente nazionale di Cia Agricoltori Italiani, torna sulla questione cerealicola. C’è un apparente paradosso a dominare la scena: la materia prima è sempre più deprezzata, anche a causa dell’importazione massiccia di grani esteri che spingono verso il basso le quotazioni del frumento italiano, ma la pasta nei supermercati costa sempre più cara e le grandi marche stanno ‘mietendo’ profitti in crescita esponenziale, mentre le aziende cerealicole sono in crisi.
“C’è una guerra sciagurata e tragica, quella in corso tra Russia e Ucraina, che ha conseguenze pesanti anche sulla cerealicoltura italiana. Al grano ucraino, lo sapete, molte nazioni hanno chiuso le porte. L’Italia è il paese europeo che ne assorbe la maggiore quantità. Al frumento ucraino si aggiunge quello che arriva in Italia da Kazakistan, Canada, Francia, Australia e da altri paesi”.
Zone Transition
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“Non contestiamo la necessità di importare una quota di grano dall’estero per coprire parte del fabbisogno industriale – ha spiegato Sicolo – ma temiamo che quella quota si avvii a essere maggioritaria e che l’aumento incontrollato delle importazioni porti alle estreme conseguenze una dinamica già in atto: la riduzione progressiva della produzione di grano italiano, la chiusura di centinaia di aziende cerealicole e la perdita di migliaia di posti di lavoro. Su quale tipo di terreni e con quali metodologie vengono coltivati i grani che arrivano in Italia? Ce lo siamo chiesti? Hanno la stessa qualità e i medesimi standard di sicurezza alimentare che i produttori cerealicoli italiani garantiscono al loro grano?”.