La vita è peggiore, ma si vive meglio. Sembra un paradosso quello con cui il Lino Patruno apre la riflessione sulle città del Mezzogiorno. Foggia, Catanzaro. Perennemente ultime nelle classifiche e protagoniste di battute e giochi radiofonici sulla loro bruttezza. Cosa ne pensa?
Io non guardo la bruttezza o la bellezza. Ci arriveremo dopo a questo aspetto. Parlo dei servizi di queste città. E su questo ho una sola cosa da dire. E chiara: ci devono chiedere scusa.
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Che vuol dire?
Che risentiamo di questa bruttezza o di questo livello basso della qualità della vita. E questo è determinato da una minore spesa dello Stato al Sud. Punto. Non ci sono altri fattori, né altre spiegazioni. Poi, sulla bellezza artistica, paesaggistica, culturale, possiamo aprire un altro dibattito, ma lì i pareri sono discutibili e personali. Sulla qualità della vita no. Quella dipende dai servizi. E se al Nord e al Centro Sud sono arrivati più soldi che al Sud, perché ci dobbiamo meravigliare che le città del Sud siano sempre ultime nelle classifiche. Pensiamo a servizi come gli asili, i trasporti, la sanità, l’Università. Il punto è che ci devono chiedere scusa, non è che ci dobbiamo vergognare noi. Il punto è – e lo ribadisco – che c’è stata una iniqua ripartizione dei finanziamenti. E poi, sul punto bellezza, se Foggia e Catanzaro sono brutte a parere di alcuni, ed è il lor parere, lo sottolineo, io posso dire che a mio parere Forlì e Parma sono brutte, che non mi piacciono esteticamente.
Eppure dalle città del Mezzogiorno si continua ad andare via. Perdono numeri clamorosi di abitanti.
Ma questo è un destino comune, vale per le città capoluogo, vale per i borghi e i centri delle aree interne. Catanzaro ne perde molti e non è un piccolo Comune. Anzi un capoluogo, ma senza nessuna attrattiva. Quello dipende dalla sedimentazione storica. Se in una città non è accaduto nulla di storicamente rilevante, non avrà monumenti o pezzi di storia che le conferiscono un tratto distintivo.
Cruciani diceva a l’Attacco che a Foggia non ci verrebbe mai a passare un paio di giorni e come lui altri. Quindi che qui non c’è motivo di immaginare un flusso turistico per visitare la città, come invece accade a Bari e a Lecce.
Ok, parliamo di Bari allora. Bari oggi vive un grande boom turistico e imprenditoriale, a mio avviso inspiegabile.
In che senso? Non la trova bella?
Ma cos’ha di bello? A parte il lungomare? No. Ritengo che le multinazionali e le grandi imprese sono attratte dalla posizione, dalla facilità del collegamento aereo, dal potenziale dell’industria che vengono ad allocare qui.
Turismo?
Ma Bari non ha niente. Di che turismo parliamo. Mi dica una cosa visita due giorni a Bari? Il lungomare, il castello, San Nicola. E ha finito. Sa perché vengono? Perché c’è stata invece una forte, fortissima operazione di marketing territoriale, che ha funzionato e che oggi ha prodotto un flusso turistico. Dando valore ad aspetti normali che sono diventati invece caratteristici perché spinti dalla cinematografia, dalla fiction dai romanzi.
Quindi Bari non è bella, è solo diventata di moda?
Io mi meraviglio che vengono a Bari i turisti. Perché poi se parliamo di servizi essenziali, diventa ultima come le atre città che mi ha citato come città brutte.
Foggia. Catanzaro. Potenza. Campobasso. Enna.
Ma sono i servizi brutti, non le città. Sono sotto il livello costituzionale. Cito io altre città. Ferrara. Ravenna.
Sono fra le prime in qualità della vita.
Grazie. Si vive bene. Ma con quali finanziamenti? A parte i servizi finanziati dallo Stato, sono inoltre città più ricche. Dove c’è più impresa. Dove circola maggiore economia. Dove crescono gli investimenti e gli investitori. E chi amministra si può anche dedicare al decoro e alla bellezza.
Perché il tema della bellezza incrocia quello della legalità. Non a caso Foggia e Catanzaro sono accomunate anche da una lotta serrata a mafia e ‘ndrangheta.
Certo. Sono fenomeni che nelle situazioni di degrado economico si alimentano. Le subiamo. Al Nord invece le cercano loro le mafie e ci fanno affari insieme.
Ci lavorano insieme. Nessuno lo dice però – e sono dati, non mie idee – che le città più mafiose sono Rimini e Milano. Dove la presenza della criminalità è più connessa al tessuto sociale e imprenditoriale? Ci sono i quartieri ghetto di Torino e Milano, che sono stati filmati e raccontati in servizi giornalistici e inchieste perché lì è annidata la criminalità. Da noi ci sono i clan. Ci sono le mafie. Ma rispetto al resto, stanno peggio là. Ecco perché dico che la vita qui è peggiore, ma si vive meglio.
Nel suo blog ha scritto però che nascere al Sud accorcia la vita.
Perché questo è il Sud condannato dalla civilissima Italia, emarginato da una fra le dieci più sviluppate economie industriali del mondo. Questo lo scandalo permanente di un Paese con la più odiosa e nota diseguaglianza d’Europa. Questa la vergogna ogni giorno sotto i nostri occhi.
Tu vai in giro e magari non te ne accorgi nella luce del Sud. Poi senti la Società italiana di pediatria e lo scopri. In sala parto un bambino del Sud ha il 50 per cento in più di possibilità di morire nascendo. Ma anche dopo corre il 50 per cento di rischio in più di non arrivare a un anno. Non nel Terzo Mondo, ma in Italia. Solo perché del Sud. Ecco perché un bambino di Vibo Valenza piange di più appena, se gli riesce, aperti gli occhi. Un po’per la gioia di essere nato. Un po’ per la paura di non spegnere la prima candelina.
Un po’ perché capisce subito che, quand’anche ce la dovesse fare, sconterà vivendo il suo destino di essere meridionale.
Come sarà il destino di un bambino del Sud in una città del Sud?
Avrà meno asili nido, meno mense scolastiche, meno tempo pieno, meno palestre, meno scuolabus, meno libri di uno di Brescia. E poi, classi più affollate e con meno professoresse. Tanto che, pur frequentando gli stessi anni di scuola, diranno che avrà imparato come se avesse frequentato un anno in meno di quelli del Nord. Una umiliazione, come, ho tanto studiato? Ma non è colpa del bambino del Sud, è colpa della sua colpa di essere nato nel posto sbagliato e più discriminato. Quello appunto con la più vergognosa diseguaglianza in Europa.
Poi da grande il nostro inconsapevole e innocente bambino sopravvissuto alla nascita e al primo anno continuerà a essere del Sud. Meno lavoro, meno stipendio, meno bus nella sua città, meno treni per muoversi, meno ospedali. Anzi già se si fosse ammalato sarebbe dovuto andare a curarsi lontano da casa, come un pacco postale: il 70 per cento in più di altri. E poi, da anziano, quando avrà voluto godersi sia pure una vita di maggiori sacrifici, potrà curarsi meno. Anzi almeno il dieci per cento non si curerà più non avendone i mezzi.
E il bambino del Sud scampato alla nascita e al primo anno di vita, da vecchio non scamperà a una morte con almeno due anni di anticipo rispetto a uno del Nord. Questo è il Sud cui una fra le dieci maggiori economie industriali del mondo continua a far mancare la vita e i diritti che pure la sua Costituzione prevede. Il principio paradossale è che io più ricco devo essere trattato meglio di te povero, ho più diritti.
Ricchezza come virtù, povertà come peccato.
Lo dicevo prima. Devono chiederci scusa loro, non siamo noi che dobbiamo vergognarci. Questo è il Paese in cui per la parte più ricca lo Stato già spende di più che per la parte più povera, dà più asili nido (per dirne una) a chi potrebbe pagarseli da sé e meno a chi non può pagarseli. In sociologia viene definito “effetto san Matteo”: le risorse disponibili vengono ripartite fra coloro che ne debbono beneficiare in proporzione a quanto hanno già. Già hai? Avrai di più. Ma se prima non stabilisci i cosiddetti “fabbisogni standard”, cioè cosa serve agli uni e agli altri, come fai a dare agli uni non sapendo cosa devi dare agli altri?
Imparate dal Sud, titolo dell’ultimo suo libro, è una provocazione?
Zone Transition
Zone Transition
No. Affatto. E’ una convinzione. Perché l’Italia deve prendere lezioni dalla incredibile capacità del Sud di fare il più col meno.