L’operazione con cui nel Bresciano è stato sventato un maxi colpo da 80 milioni di euro alla Mondialpol di Calcinato ha un’enorme importanza anche per gli inquirenti di Capitanata. Nell’ordinanza di 412 pagine del giudice per le indagini preliminari Matteo Grimaldi, del Tribunale di Brescia c’è l’ulteriore conferma di come i clan mafiosi della provincia di Foggia siano infiltrati nel Nord Italia, della specializzazione dei cerignolani negli assalti a caveau e furgoni portavalori, della collaborazione con le ‘ndrine calabresi. Nel caso specifico la sinergia criminale è quella dei clan cerignolani Piarulli-Ferraro e Di Tommaso con la ‘ndrangheta del clan Pelle-Vottari di San Luca (Reggio Calabria).
Finora l’unico tornato in libertà, dei 31 inizialmente arrestati, è il proprietario del capannone alla Pedrocca di Cazzago San Martino che di fatto era il quartier generale dell'operazione e al cui interno sono state trovati armi e mezzi rubati, oltre a 14 componenti della banda criminale. Per il giudice sarebbe veritiero che lui non fosse a conoscenza di quello che stava succedendo.
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Gli altri 30 sono rimasti tutti in carcere, gli arresti sono stati convalidati. Ai vertici dell'organizzazione ci sarebbe Tommaso Morra, cerignolano classe ‘77, il primo insieme al compaesano Giuseppe Iaculli (classe ’72) a raggiungere il Bresciano da Cerignola, lo scorso autunno per organizzare i sopralluoghi e in seguito il super colpo. L'obiettivo della banda era svaligiare il caveau dell'istituto di vigilanza Mondialpol di Calcinato, che in quel momento conteneva più di 80 milioni di euro in contanti. Morra e Iaculli sono stati arrestati dagli uomini del Nocs – il Nucleo operativo centrale di sicurezza della Polizia di Stato – in piena flagranza di reato, nel capannone di Pedrocca, armati fino ai denti e pronti a colpire.
Insieme a loro altre 12 persone quasi tutte di Cerignola: Vincenzo Carbone, Gerardo Conversano, Luigi Dalessandro, Francesco Gaeta (residente a Orta Nova), Giancarlo Lombardi, Cosimo Mastrangelo, Daniele Russo, Raffaele Russo, Antonio Renzulli, Michele Riontino (residente a San Ferdinando di Puglia), Sergio Sabino (di Canosa) e Gaetano Saracino.
Sono di Manfredonia Antonio Renzulli (detto il siciliano), Giancarlo Lombardi e Raffaele Russo (detto Lele). Quasi tutti recidivi, il più delle volte con una recidiva specifica reiterata.
Sono finiti in manette anche i fratelli calabresi Roberto e Giuliano Franzè (residenti nel Bresciano), considerati in qualche modo collegati ai clan della 'ndrangheta, e i due dipendenti della Mondialpol Massimiliano Cannatella e Vito Mustica, anche loro calabresi, considerati dagli inquirenti le “talpe” in azienda che avrebbero fatto da basisti.
Agli arresti pure il lucerino Antonio Nardacchione (residente in Calabria) e il pizzaiolo siciliano Claudio Cascino (residente nel Bresciano): è lui che si sarebbe occupato di individuare il capannone poi diventato base logistica.
I vari reati contestati (a cominciare dalla tentata rapina pluriaggravata e dalla detenzione e porto di armi da guerra – tra cui kalashnikov - e comuni da sparo anche clandestine) sono accompagnati, per l’accusa da molteplici aggravanti, prima delle quali l’aggravante mafiosa, ovvero “l’aver agito con metodo mafioso e al fine di agevolare l'attività di associazioni mafiose: in particolare tramite Giuliano Franzè al fine di favorire l'insediamento nel territorio bresciano e comunque il rafforzamento della 'ndrangheta e della cosca Pelle; tramite Tommaso Morra e gli altri cerignolani al fine di agevolare il rafforzamento dei clan mafiosi Piarulli-Ferraro e Di Tommaso operanti a Cerignola”.
L’arresto della banda è avvenuto dopo una lunga e articolata attività investigativa iniziata a settembre 2021, condotta con intercettazioni telefoniche e ambientali, servizio di osservazione e pedinamento, sequestri e perquisizioni. Il blitz è scattato l’11 marzo scorso, intorno alle ore 18.10, quando la Polizia ha scoperto che all'interno del capannone di Cazzago San Martino era in corso un summit finalizzato a dare il via all'assalto al caveau della Vedetta 2 Mondialpol di Calcinato, dove erano custoditi 80 milioni di euro.
Nel capannone erano presenti 14 pregiudicati appartenenti alla criminalità organizzata cerignolana capeggiati da Tommaso Morra, il quale stava impartendo gli ultimi compiti da affidare ai capi squadra, che avrebbero dovuto coordinare l'assalto armato nei rispettivi ambiti di competenza in quello che avrebbe dovuto essere un'azione di tipo paramilitare, che prevedeva un assalto armato, con il blocco al transito di un'ampia area circostante la sede della Vedetta 2 Mondialpol.
Tale attività, al fine di bloccare l'intervento delle forze di polizia e delle pattuglie dell’impresa, prevedeva lo spargimento di chiodi a quattro punte. l'isolamento della zona d'interesse di azione mediante l'incendio di numerosi autoveicoli e furgoni, già posizionati a partire della serata precedente, con all'interno bottiglie infiammabili di benzina, munite di accendino.
La fase successiva prevedeva l’attacco con armi da guerra e l'utilizzo di un potente escavatore marca Cat 318 C dotato di martello (per demolizione), che i criminali avevano già reperito all'interno di un cantiere di Gussago (Bergamo) e che erano in procinto di prelevare. Il mezzo meccanico avrebbe quindi dovuto abbattere la parete della sede della Vedetta 2 Mondialpol in corrispondenza del caveau e quindi consentire al gruppo criminale di penetrare all'interno ed impossessarsi degli 80 milioni di euro, per poi fuggire a bordo di un autoarticolato, che era nel Milanese in attesa di disposizioni da parte di Morra per poi fare rientro nottetempo a Cerignola.
Il monitoraggio con le registrazioni video e audio avevano fatto capire che il gruppo stava approntando le armi per agire.
A quel punto è stato fatto intervenire il Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza, che ha circondato il capannone intimando alla banda la resa.
Dopo un primo tentativo di resistenza, il gruppo – dopo aver tentato di fuggire anche attraverso il tetto e dopo una strenua trattativa - resosi conto di essere stato circondato da numerosi poliziotti e carabinieri, ha dapprima preso tempo per distruggere telefoni cellulare e per nascondere le armi nel controsoffitto degli uffici sottotetto e infine si è arreso.
Zone Transition
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Vista l'imminenza dell'assalto, le forze di polizia sono intervenute contemporaneamente anche in altri covi nella disponibilità del gruppo criminale, rintracciando altre persone.