Mafia&pesca, le rivelazioni del nuovo pentito: così il clan dettava legge nel settore

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“La gente lo vedeva e si spaventava. Avevano tutti paura di lui”. Il “lui” in questione è il giovane rampollo di mafia Michele Lombardi, figlio del boss Matteo, e a parlare agli inquirenti è il nuovo collaboratore di giustizia Antonio La Selva. Una decisione che si spera possa essere assunta anche da altri. A dicembre 2021 il 40enne sipontino La Selva, detto Tarzan, noto commerciante ittico di Manfredonia, era stato tra i 32 arrestati nella maxi operazione antimafia Omnia Nostra.

Probabilmente nemmeno dopo il commissariamento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose nel 2019 a Manfredonia si era davvero compreso quanto fosse penetrante la pressione della quarta mafia e del clan locale Romito-Ricucci-Lombardi-La Torre. Lo si è compreso meglio grazie alle rivelazioni di Omnia Nostra, che coinvolge ben 48 indagati tra cui professionisti come Adriano Carbone, consigliere comunale di maggioranza ed ex amministratore unico di ASE spa, la partecipata comunale dei servizi ecologici.

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A febbraio scorso La Selva è stato interrogato a Bari, presso gli uffici dei ROS dei Carabinieri, dal pm Ettore Cardinali della Direzione Distrettuale Antimafia. Aveva chiesto di essere sentito dagli inquirenti per collaborare. “Sono una persona perbene, ho sempre lavorato nella mia vita e da queste persone sono stato sempre sottomesso, minacciato”, ha spiegato riferendosi a Pasquale Ricucci (Fic secc, ucciso nel novembre 2019 a Macchia di Monte Sant’Angelo), Matteo Lombardi (uno degli attuali capi del clan, all’ergastolo per l’omicidio di Giuseppe Silvestri), suo figlio Michele Lombardi, Pietro La Torre (altro caposaldo del clan), Mario Scarabino e Giuseppe Impagnatiello. “Mi costringevano a pagargli dei soldi ogni mese, ogni anno, che li davamo ad anno, in più ogni giorno, un giorno sì un giorno no o tutti i giorni venivano in azienda e si prendevano il pesce gratis. Qualsiasi pesce loro volevano. Alle feste arrivavamo anche a fare 7-8 mila, 10 mila euro di pesce da regalare a loro e non ce lo pagavano. In più a Mario Scarabino mi venne imposto di tenerlo a lavorare e non lavorava e percepiva stipendio”, ha spiegato La Selva agli investigatori.

“Ero stanco di subire tutto questo. A parte questo c'era il figlio di Matteo Lombardi che dettava legge sul lavoro dal primo giorno che è entrato a far parte di un'azienda, che si chiamava Markittica (l’ex Marittica, ndr), lui decideva, lui faceva parte di questa azienda e lui decideva chi doveva lavorare e chi non doveva lavorare e cosa si doveva fare. In più decideva per quanto riguarda la piccola pesca”. Il lavoro della DDA, dunque, è tutt’altro che terminato per sgominare la mafia del Golfo.

L a testimonianza di “Tarzan”, che ha raccontato la propria storia, dà perfettamente l’idea di quanto Michele Lombardi spadroneggiasse nel settore della marineria e dell’itticoltura. “Un bel giorno si è avvicinato in azienda e dice: “Ciao, mi conosci, non mi conosci?”. Ho detto: “Di vista”. Dice: “Io sono il figlio di Matteo Lombardi. Senti, vedi che io da oggi sono subentrato in una azienda che all'epoca si chiamava Markittica, che era in fase di fallimento. Vedi che da oggi tutti i frutti di mare li compro e li vendo solo io". E noi da quel giorno, sia noi che gli altri...tant'è che l'azienda per vendere i frutti di mare c'è bisogno di un CSM si chiama, c'è bisogno che in pratica vicino la targhetta, vicino i frutti di mare c'è una targhetta…I frutti di mare non li potevamo vendere più perché li doveva vendere solo lui. Solo lui li prendeva”, ha dichiarato La Selva.

“Noi e anche gli altri. Qualcuno è sottostato e qualcuno ha rischiato. A chi ha rischiato non lo so, però a chi si è messo contro di lui è stato incendiato il furgone, è stato picchiato. Per dire sul porto è stato picchiato un signore di Margherita mi sa, mo non ricordo bene di dove era. Forte, è stato picchiato forte. Questo signore veniva da Margherita a prendere i frutti di mare da Manfredonia e secondo la sua mente non lo doveva fare, li doveva comprare da lui. Tutti stavano sul porto quel giorno, l'hanno visto tutti. Un altro signore che si chiama Sergio Lanzone gli è stato incendiato il furgone perché questo signore i frutti di mare non li voleva vendere a lui. Poi tutti sottostavano a lui per quanto riguarda i frutti di mare. Invece per quanto riguarda i pesci veniva in azienda da me, si sceglieva il miglior pesce, tutto quello che voleva.

Pagava a prezzi che diceva lui. Poi li vendeva, stava in una azienda, Markittica, che poi è stata fatta un’interdittiva mi sa”.

Un altro episodio raccontato è estremamente significativo. “Un giorno Michele Lombardi mi chiamò e mi disse quando ci incontrammo: “Senti, vedi che questa barca e questa barca le devi fare portare da me”.E io gli dissi: “Vedi che queste barche non sono le mie”. Ha detto: “Forse non hai capito niente, se domani che escono le barche, queste due barche non portano i pesci da me, ti sfondo mo la testa, mo, e stanotte il capannone tuo non so dove va a finire”. Io che feci? Non sapevo come spiegare a questa gente, perché se io andavo a spiegare a questa gente una cosa del genere quelli si spaventavano di più ancora. Chiamai questi due ragazzi che avevano delle barche e li pregai, dissi: “Dai, fatemi questo favore, portate il pesce là, fai così”. E fortunatamente una di queste due barche, una lo portò il pesce a loro. Fortunatamente per me, fortunatamente”. Il caso del sub di Bari picchiato era già nelle intercettazioni di Omnia Nostra. Ora La Selva ne dà ulteriore testimonianza. “Sul pesce, frutti di mare non ti muovere proprio. Tutto da lui (Michele Lombardi, ndr). Lui aveva detto: “O si fa come dico io o sennò niente, non si fa niente”.

Il signore (il sub, ndr) pensava che era una cosa così, dice: “Questo mo' mi ha detto questa cosa e non fa niente"”, invece quello veramente l'ha fatto, perché Michele Lombardi era veramente... era un pazzo criminale. Almeno io ho sempre avuto paura di quella persona. Non solo io, tutti hanno sempre avuto paura. Perché è il figlio di Matteo Lombardi, perché lui ha fatto anche altri gesti, tipo ha incendiato il benzinaio vicino all’azienda dove stava lui”.

E’ l’incendio all’impianto di carburanti di Oreste Fusilli, che da alcuni anni ha preferito lasciare Manfredonia per trasferirsi negli Stati Uniti. Un fatto già noto ai lettori de l’Attacco. “Era un benzinaio abbandonato perché in pratica misero la legge che nel paese non ci potevano stare più i benzinai e il titolare giustamente dice: "”Vedi che io a quel benzinaio sto vedendo di fare un bar”. Loro usavano quel benzinaio come parcheggio loro, perché loro avevano l'azienda proprio a fianco e usavano ... E un giorno questo signore andò lì e gli andò a dire: “Senti, vedi che là i furgoni li dovete toglie[1]e che io devo fare i lavori, così e cola”. La notte stessa ha incendiato tutto. Sta anche sulle carte, c'è un'intercettazione”.

Anche alcuni uomini alle dipendenze di Lombardi junior sono stati in precedenza sue vittime, come Luigi Bottalico. “Gli ha incendiato il furgone e l’ha messo a lavorare e quel povero Cristo ha sottostato a questa cosa qua, perché quello è un altro signore che viene da una famiglia di commercianti di frutti di mare da una vita”, ha rivelato La Selva.

La spartizione del mare

“Poi c'era il fatto del mare, lo spartimento del mare. Questa è un'intercettazione che vi voglio spiegare. C'è un'intercettazione che chiama Michele Lombardi a me e dice: “Non venire tu, fai venire a Mario Scarabino”. Non so se l'avete negli atti e ve la ricordate”, ha spiegato Antonio La Selva. “Voi l'avete interpretata che era un incontro che noi dovevamo dettare i prezzi dei pesci. Non era quello. In pratica quando si spartisce il mare, la piccola pesca durante un certo periodo dell'anno, che va da marzo fino alla fine di maggio, si mettono a mare le retine da posta. Che succede? Chi ha la licenza spartisce i numeri. Si fa come i numeri del lotto: tu tiri il numero, quale ti esce, ti tocca quel mare. Però che succede? Succede che a me esce il 39 e a te esce il 13. Siccome che tu sei stato nel 39 per tanti anni vengo da te e dico: “Senza che... rimaniamo ognuno nei posti loro”, “Va bene”. Invece da quando è uscito Michele Lombardi lui decideva il mare chi lo doveva avere, chi non lo doveva avere e chi doveva andare. Non si discuteva. Tant'è che i sorteggi andavano deserti, non so se la sapete questa cosa”.

Insomma, non andava più nessuno a fare il sorteggio. “Nessuno andava, non si presentavano proprio. Non so se questa cosa l'avete sentita, l'avete saputa. Il sorteggio non si faceva più. Comandava Michele Lombardi. La gente neanche lo vedeva e si spaventava. Pazzo criminale, sa quante persone sono state malmenate, spaccate le teste e non l'hanno neanche denunciato. Sa quanta gente è stata minacciata e nessuno ha denunciato? Voi non ve lo immaginate! Per paura. Chi si imponeva vicino a quelli là? Era figlio di Matteo Lombardi, compare di Pasquale Ricucci, poi aveva il cognato Piero La Torre”, ha sottolineato La Selva. “Quei tre insieme erano il trio delle meraviglie. Quando arrivavano al magazzino io tremavo. Non so se sapere di che calibratura di persone sto parlando”.

La festa della Madonna

Le estorsioni e minacce della mafia garganica infangavano persino la festa patronale in onore della Madonna di Siponto, che si svolge dal 28 all’1 settembre, giorno di Sant'Andrea, patrono dei marinai, con la tradizionale processione delle barche dietro alla statua del santo.

“In pratica l’estate fa molto caldo, sai ci sono le bancarelle che fanno i panini e danno le bevande. Loro volevano il ghiaccio. Io ogni estate gli davo 2-300 sacchi di ghiaccio al giorno”, ha spiegato la Selva. “Gli dovevo dare il ghiaccio, il personale e il furgone. Andava sulle giostre questo ragazzo e c’era Giuseppe Impagnatiello, delegato da Pietro La Torre che distribuiva questo ghiaccio e si prendeva i soldi. Quello che chiedevano io gli dovevo dare. Loro poi andarono alle giostre e dissero a quelli delle giostre: “Vedi che il ghiaccio quest’anno non ve lo portate dai paesi vostri - perché sulle giostre ci sta quello di Bari, quello di Trani - , lo dobbiamo vendere noi”. E venne da me. Tant’è che io per farlo arrivare a un certo numero di ghiaccio lo congelavo prima, cioè facevo i sacchetti e li congelavo. Fortunatamente ad agosto c’è il fermo biologico, a noi il ghiaccio non serve, serve poco e lo riuscivo a dare. Però un giorno si accese una discussione: Michele Lombardi voleva venderlo lui il ghiaccio. Io sentii questa cosa e mi presi paura, dissi a Giuseppe: “Io ghiaccio non te ne do”, dice: “Ma io mo chiamo a Pietro”. Ho detto: “Chiama a Pietro e fai venire a Pietro perché io non voglio avere nessuna discussione con il padre di Michele”, perché io avevo paura di questa gente. Insomma il giorno dopo si sistemò tutto. Parlarono tra di loro, si sistemò tutto, vennero da me, si presero il ghiaccio, il camion e lo andarono a vendere. Come al solito io appresso a loro, tutti i miei operai appresso a loro”.

Zone Transition

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Il racket del polistirolo

La Selva chiama in causa anche Antonio Zino, legato ai Lombardi e condannato in primo grado per l’omicidio di Giuseppe Silvestri insieme a Matteo Lombardi. Agli inquirenti “Tarzan” ha parlato di un vero e proprio monopolio del polistirolo in mano a Zino. “Dovevamo prenderlo per forza da lui, se non lo facevamo c'erano ripercussioni. Com’è successo a Virgilio: il cristiano per paura e ripercussioni fece la stessa cosa nostra, insomma”

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