Rssa Stella Maris, un’altra denuncia per morte sospetta dopo un trauma cranico ignoto alla famiglia

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Morto dopo un trauma cranico sulle cui cause i familiari non erano stati informati in alcun modo e rispetto al quale sospettano che non si sia intervenuti. C’è una nuova denuncia sporta rispetto alla cooperativa Santa Chiara, che gestisce la rssa Stella Maris di Siponto, a Manfredonia. E’ la struttura finita la scorsa estate al centro di un caso per le presunte violenze che avrebbero visto protagonisti cinque oss nei confronti degli anziani ospiti. A sporgere l’ultima denuncia è la famiglia di un uomo di 96 anni, sipontino, deceduto a gennaio scorso, il quale si trovava presso la struttura dal luglio 2020.

“Lo avevamo portato alla Stella Maris per vederlo accudito nel migliore dei modi, essendo noi impossibilitati a provvedervi direttamente”, racconta la figlia. “Avevamo acquisito informazioni e tanti ci avevano assicurato che i pazienti erano trattati benissimo. In realtà anche noi per i primi tempi lo avevamo visto tranquillo e ordinato nell’aspetto. Successivamente, di colpo lo abbiamo visto provato, trasandato e con umore depresso. Ovviamente provvedevamo a portare tutto l’occorrente per vestirlo e cambiarlo presso la struttura, ma lo vedevamo senza calze, senza maglioni e giacche. Continuamente avvisavamo gli operatori e li diffidavamo a provvedere alle sue esigenze”.

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Le lamentele della famiglia erano puntuali ma senza che la situazione cambiasse. “Mio padre nel tempo peggiorava sempre di più. Nella struttura effettuarono dei lavori e così nostro padre dalla collocazione al primo piano fu spostato al secondo piano. Nell’estate 2021 improvvisamente mio padre, che era sempre stato lucido, anche se depresso smise completamente di parlare con noi e divenne assente, guardava a terra e non rispondeva ai nostri stimoli. Noi chiedevamo agli operatori della struttura cosa fosse successo ma venivamo tranquillizzati: era un momento transitorio che sarebbe passato. Successivamente, durante il periodo del lockdown la dirigenza applicò restrizioni nella possibilità di incontro con gli anziani. Telefonavo spesso e mi dicevano che nostro padre stava bene e che mi avrebbero mandato delle sue foto. Purtroppo le foto non mi tranquillizzavano perché lo ritraevano con lividi evidenti. Gli operatori mi dicevano che le lesioni potevano essere conseguenti alla malattia o che da solo aveva sbattuto contro le sbarre del letto”.

Le cose sono peggiorate a novembre 2021. “In quel mese”, continua la signora, “dalla struttura mi chiamarono dicendomi che mio padre aveva perso i sensi e che per rianimarlo gli avevano creato una inclinazione allo sterno e, pertanto, avevano chiamato il 118 che lo aveva portato presso il pronto soccorso di Manfredonia. I medici lo ricoverarono in Medicina. Dopo una decina di giorni mio padre riprese conoscenza e riprese a parlare. I medici lo dimisero e fu riportato presso la Stella Maris, dove sarebbe rimasto fino all’ultimo ricovero per meno di un mese. Durante il suo soggiorno presso la struttura, le infermiere mi dicevano che mio padre parlava con loro, ma quando lo incontravo non riusciva a dire una parola. Infine mio padre fu nuovamente ricoverato a San Giovanni Rotondo dove morì”.
Un decesso avvenuto ad una età estremamente avanzata ma la denuncia nasce dai dubbi sull’assistenza fornita all’uomo alla Stella Maris.

“Noi figli nutrivamo sospetti sulla situazione sanitaria di nostro padre, sul trattamento riservato nella struttura, ma gli operatori, gli infermieri e gli oss ci rassicuravano e ci invitavano ad essere più fiduciosi. Io, invece sin dai primi tempi li richiamavo continuamente. In particolare un giorno lo vidi scalzo e con la tosse, pretesi immediatamente che gli fossero messe le calze”, prosegue la figlia.

“Quando seppi dai giornali dei presunti maltrattamenti decisi di approfondire e verificare i sospetti che nutrivo. Chiesi la copia delle cartelle cliniche relative ai ricoveri di mio padre e da tali cartelli apprendemmo come figli che nostro padre aveva da tempo subìto una frattura al cranio ed era stato lasciato in questa condizione con un forte ematoma. Noi familiari non eravamo stati mai avvisati della caduta e del forte trauma a seguito del quale evidentemente aveva perso la capacità di parlare e di ingoiare correttamente”.

Il dubbio della signora è che il personale della rssa, oltre a non avvisare la famiglia, non abbia prestato i dovuti immediati soccorsi e che in tal modo possa aver fatto diventare cronica la patologia derivante dalla caduta, impedendo che venisse salvato con una semplice operazione di asporto dell’ematoma.

“Non oso immaginare la sofferenza subita da mio padre dovuta alla incapacità di chiedere aiuto. A me pare una situazione di gravità inaudita, mi sembra evidente il nesso di causalità tra il trauma e la morte. Ovviamente l’incapacità di inghiottire dovuta all’ematoma, che aveva interrotto il collegamento tra cervello e gola, ha portato mio padre a rischiare la morte per soffocamento. Gli operatori avrebbero dovuto consultare i medici e far assumere una dieta liquida”.

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Ci sono anche diverse foto dalle quali si evince la presenza di un livido sull’occhio. Ecco perché la figlia del 96enne - che si riserva la costituzione di parte civile e che è assistita dall’avvocata penalista Innocenza Starace - chiede alla Procura di approfondire tutte le eventuali responsabilità e che venga conferito incarico peritale per accertare come e in che modo l’uomo abbia subito il trauma e l’incidenza del mancato soccorso per il trauma subito sulla morte. L’ipotesi è di omicidio colposo, omissione di soccorso e maltrattamenti.

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