Si tratta di Dicanosa Paolo,cl.'61, suo figlio Dicanosa Vincenzo, cl.'87, Erinnio Vito, cl.'74 e Masciaveo Benito, cl.'75, tutti di Cerignola e già noti ai Carabinieri.Sono ritenuti responsabili di estorsione aggravata e di resistenza a pubblico ufficiale aggravata. I fatti risalgono allo scorso ottobre, quando un imprenditore agricolo denunciò ai Carabinieri di Cerignola di aver subito nelle settimane precedenti alcuni danneggiamenti nei propri terreni; nello specifico gli erano state recise complessivamente 600 piante di vite in due distinti terreni nell'agro di Cerignola. Ai danneggiamenti erano seguite alcune telefonate anonime con richiesta estorsiva di 50.000 euro, con la minaccia che, se la richiesta non fosse stata esaudita, ci sarebbero stati ulteriori danni alle colture presenti sui terreni della vittima; al contrario, avrebbero assicurato "protezione" all'imprenditore ed ai suoi terreni se questi avesse corrisposto il denaro richiesto.
Le attività di indagine, avviate nell'immediatezza,avevano consentito ai Carabinieri della Sezione Operativa di Cerignola di intercettare altre numerose e sempre più insistenti telefonate estorsive ai danni dell'imprenditore e della sua convivente, tutte puntualmente denunciate da questi ultimi ai Carabinieri di Cerignola. Nel corso delle investigazioni,la vittima, pressata dalle continue richieste degli estorsori, nel pomeriggio del 22 ottobre depositò a Margherita di Savoia, in un punto preciso impostogli dagli estorsori, dopo che lo avevano ripetutamente modificato, una busta contenente il denaro richiesto; si trattava in realtà di fotocopie a colori di banconote da 50 euro. Gli estorsori avevano imposto telefonicamente alla vittima di allontanarsi subito dopo aver depositato nel punto stabilito il sacchetto contenente il denaro, perchè sarebbero successivamente passati a prelevarlo.
I Carabinieri si erano appostati in osservazione per verificare chi si sarebbe recato sul posto per il ritiro della busta lasciata dalla vittima. Dopo circa due ore, all'imbrunire, giunse nel luogo stabilito una Ford Mondeo con a bordo due persone, il cui conducente scese dalla macchina per recuperare la busta; alla vista dei militari, che a quel punto erano usciti qualificandosi ed intimandogli di fermarsi, l'uomo sceso dall'auto, per evitare di essere bloccato, li colpì con calci e pugni, riuscendo a risalire sull'auto e a fuggire. A bordo di un'altra auto di servizio, altri militari inseguirono la macchina dei fuggitivi; questa, nonostante l'intimazione dell'alt, non arrestò la marcia ma speronò l'auto dei Carabinieri con una manovra azzardata e pericolosa e continuò la fuga. L'inseguimento proseguì per alcuni chilometri su una strada interpoderale, fino a quando i due fuggitivi dopo aver abbandonato l'auto si dileguarono nelle campagne circostanti, per poi rendersi irreperibili. Nella circostanza i Carabinieri ebbero comunque modo di riconoscere ed identificare compiutamente i due fuggitivi in Erinnio Vito, quale conducente dell'auto, e Dicanosa Vincenzo. L'auto, di proprietà di Erinnio Vito, fu sottoposta a sequestro ed al suo interno fu rinvenuto un binocolo. Le ricerche dei due fuggitivi proseguirono per ore da parte dei Carabinieri, che eseguirono anche diverse perquisizioni domiciliari, ma questi non furono rintracciati. Dalle intercettazioni i militari appresero della preoccupazione dei familiari dei due fuggitivi, perchè non erano ancora rientrati nelle rispettive abitazioni. Dicanosa Paolo, conversando con la figlia, diede indicazioni affinchè fossero nascosti i telefoni cellulari di Dicanosa Vincenzo, in modo da impedirne il rinvenimento da parte dei Carabinieri e da ostacolarne le indagini. Queste, invece, hanno consentito di appurare che la voce del telefonista, che aveva minacciato più volte la vittima, era quella di Masciaveo Benito, e che il Dicanosa Paolo, che svolgeva attività di guardiano abusivo nella zona dei terreni della vittima, era coinvolto anche nelle fasi preparative dell'estorsione. I quattro arrestati sono anche indagati per lesioni personali aggravate, commesse ai danni di uno dei militari intervenuti il 22 ottobre nel tentativo di bloccare i due estorsori che avevano prelevato il denaro. Nella circostanza, il militare aveva riportato lesioni giudicate guaribili in 10 giorni. Dovranno rispondere anche di danneggiamento aggravato, per i danni riportati all'autovettura militare speronata il 22 ottobre per intimidire i militari che la occupavano, per fare in modo che desistessero dall'inseguimento. L'attività d'indagine, diretta e coordinata dalla Procura della Repubblica di Foggia, ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dei quattro indagati e di richiedere al Gip del capoluogo dauno l'emissione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei loro confronti. Questi, dopo le formalità di rito, sono stati associati alla Casa Circondariale di Foggia.