Sono scaduti il 2 novembre i termini per l’impugnazione al TAR Lazio del DPR di commissariamento del consiglio comunale di Foggia per infiltrazioni mafiose. La notizia sta circolando in queste ore, ma l'Attacco l'aveva pubblicata in anteprima proprio il martedì della scorsa settimana.
Si riteneva che la mancanza di legittimazione passiva che fu dichiarata nel 2020 per gli ex amministratori comunali di Manfredonia valesse anche per Landella, visto che in entrambi i casi le amministrazioni erano già cadute prima del commissariamento per mafia a seguito delle dimissioni dei sindaci. E invece no: Landella, citato nella relazione prefettizia, ha presentato ricorso affidandosi ai noti amministrativisti Sticchi Damiani, per il tramite dell’avvocato Michele Curtotti, legale di Landella.
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La decisione è stata assunta alla luce del principio affermato dal Consiglio di Stato nel 2020: “Non può negarsi un interesse, quanto meno morale all’impugnazione del DPR di scioglimento degli enti locali per infiltrazione mafiosa, da parte degli amministratori del disciolto consiglio per antecedenti dimissioni del sindaco, al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza di forme di pressione e di vicinanza della compagine governativa alla malavita organizzata, potendo essere senza dubbio lesa l’immagine degli amministratori locali ricorrenti, ai quali viene addebitato di aver risentito, nelle scelte compiute nell’espletamento del mandato, dell’influenza della criminalità organizzata. Il provvedimento di scioglimento degli organi comunali deve essere la risultante di una ponderazione comparativa tra valori costituzionali parimenti garantiti, quali l’espressione della volontà popolare, da un lato, e, dall’altro, la tutela dei principi di libertà, uguaglianza nella partecipazione alla vita civile, nonché di imparzialità, di buon andamento e di regolare svolgimento dell’attività amministrativa, rafforzando le garanzie offerte dall’ordinamento a tutela delle autonomie locali”.
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“Il livello istituzionale degli organi competenti ad adottare tale provvedimento (DPR, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, formulata con apposita relazione di cui forma parte integrante quella inizialmente elaborata dal prefetto) garantisce l’apprezzamento del merito e la ponderazione degli interessi coinvolti. La prevalenza accordata a tale soluzione corrisponde anche alla necessità di evitare che la complessa procedura di scioglimento del consiglio comunale, conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di stampo mafioso, possa essere vanificata da una iniziativa strumentale degli stessi consiglieri comunali o del sindaco che, con l’espediente delle dimissioni, potrebbero in qualunque momento impedire l’intervento dell’amministrazione centrale, volto a contrastare gli anzidetti fenomeni criminali”.