Cosa ci fa una postazione del 118 nel bel mezzo della campagna di Capitanata, in una piccola frazione di Ascoli Satriano? E’ quello che si stanno chiedendo da un po’ di tempo alcuni componenti dello staff, soccorritori e autisti, che prestano il loro servizio in quel luogo.
Per l’esattezza la postazione è quella di borgo San Carlo d’Ascoli, che ha in dotazione una equipe cosiddetta Victor, vale a dire munita di un’ambulanza senza medico a bordo e il più delle volte senza infermiere, figura che, nel caso di specie, viene messa a disposizione solo per 10-12 giorni al mese.
Carousel Banner 1
Carousel Banner 1
Carousel Banner 2
Carousel Banner 2
I soccorritori che partono da San Carlo sono usati un po’ come se fossero dei jolly, nel senso che vengono inviati in diversi centri del Basso Tavoliere, a copertura principalmente di Foggia e Cerignola. Si contano invece sulle dita di una mano gli interventi sul posto, ogni anno.
Ma sono ben altri i problemi che la maggior parte del personale lamenta. “Tanto per cominciare siamo costretti a lavorare in una struttura fatiscente”, spiegano i diretti interessati a l’Attacco. Hanno raccontato di un immobile che letteralmente fa acqua da tutte le parti, le macchie delle infiltrazioni sui muri sono inequivocabili e le screpolature dell’intonaco che cede anche. Tutti sono consapevoli che andrebbero fatti dei lavori di ristrutturazione ma questi pare tardino ad arrivare. “Non solo – hanno aggiunto i lavoratori -, gira voce che noi dovremmo continuare a prestare il nostro servizio nello stesso immobile in cui si aprirà il cantiere. Ci auguriamo che resti solo una voce perché se si dovesse realizzare questa ipotesi sarebbe molto grave. Innanzitutto per l’efficienza delle prestazioni non dovremmo dividere gli spazi con gli operai e poi, ancora più importante, non dovremmo essere a contatto con persone che vengono dall’esterno, per scongiurare il pericolo di contrarre il Covid o, ancora peggio, di trasmetterlo. E’ chiaro che ci sono molte valide ragioni per non fare questo genere di confusione”.
Tra i problemi della postazione c’è anche il malfunzionamento delle linee telefoniche, fisse e mobili. “Abbiamo lasciato i nostri numeri personali alla centrale 118 e cerchiamo di captare un minimo di linea per poter ricevere in tempo reale le chiamate ma è ovvio che è un sistema che non può funzionare: serve una soluzione definitiva, altrimenti siamo condannati all’isolamento e francamente non capiamo a cosa possa servire una postazione che non è in grado di gestire le emergenze”.
Ma al di là della fatiscenza della postazione e dei disservizi, autisti e soccorritori mettono in luce la criticità che per loro è la più pericolosa. “Questa postazione, così sperduta, dista oltre 60 km da Foggia (la zona periferica) e oltre 30 da Cerignola, siamo collegati a questi centri attraverso la provinciale 89. E’ una strada dissestata, rotta, piena di buche e curve, percorsa da mezzi pesanti e agricoli di ogni genere. Il che significa che dal momento in cui riceviamo la chiamata dalla centrale operativa a quello in cui arriviamo dal paziente, passano non meno di 50-60 minuti, se tutto va bene. Potrebbe essere tollerabile se parliamo di codici verdi, ma spesso abbiamo a che fare con codici rossi, ovvero emergenze gravi, situazioni in cui la tempestività dell’intervento è tutto. Ma siamo materialmente impossibilitati a fare prima di così. I rischi sono innumerevoli, innanzitutto per i pazienti e poi anche per noi, costretti a scapicollarci lungo una strada difficile da percorrere, dobbiamo essere in ogni caso prudenti ed evitare incidenti stradali, di cui potremmo essere considerati responsabili. Senza contare la possibilità che una volta arrivati a destinazione, possiamo cadere vittime di aggressioni da parte dei parenti dei malati, che esasperati dalle lunghe attese, se la prendono con noi. E’ davvero una situazione assurda. Capita anche che la centrale operativa ci richiami a metà strada per farci rientrare in postazione, senza aver effettuato l’intervento. Chilometri su chilometri percorsi inutilmente, con spreco di tempo e carburante (e quindi di denaro pubblico)”.
Zone Transition
Zone Transition
Da qui l’appello a chi organizza il servizio: “Spostate quella postazione dove può essere davvero utile, ne va dell’efficienza di un servizio di una importanza fondamentale. Stiamo parlando della vita e della morte delle persone. Quello che chiediamo è che ci venga consentito di fare il nostro lavoro nel migliore dei modi, la nostra non è una critica fine a se stessa ma mirata a far sì che queste criticità vengano finalmente risolte, una volta per tutte. Abbiamo già avuto una prima interlocuzione con i vertici della Asl, che si sono mostrati sensibili al nostro grido d’allarme. Speriamo quindi che al più presto le cose cambino, per il bene nostro e dei cittadini”.