San Raffaele licenzia dipendente disabile. “Usato per mansioni non sue”

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I vertici della residenza per anziani San Raffaele di Troia hanno licenziato un lavoratore invalido, assunto con la L.68/99 ed utilizzato nell’assistenza dei pazienti ricoverati in struttura.

La norma in questione ha come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Tra le cosiddette categorie protette rientrano gli invalidi civili con percentuale minima di invalidità pari o superiore al 46%; gli invalidi del lavoro con percentuale minima di invalidità pari o superiore al 34%; i non vedenti (comprese anche le persone con residuo visivo non superiore a un decimo in entrambi gli occhi, anche con correzione di lenti). Il lavoratore colpito da licenziamento ha per l’appunto beneficiato di questa legge e nel 2006 è entrato in servizio, già invalido, presso la struttura sanitaria. Ora, dopo oltre 15 anni, perde il suo lavoro.

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“Le motivazioni del licenziamento sono correlate ad iniziative che il lavoratore avrebbe avviato senza l’autorizzazione dei superiori, ritenute gravi e che ovviamente cozzano con quanto effettivamente lo stesso svolgeva nei reparti”, ha spiegato a l’Attacco Massimiliano Di Fonso, segretario provinciale confederale Usppi, sigla sindacale che ha preso in carico la vertenza del lavoratore.

“Il dipendente – ha aggiunto Di Fonso - era costretto durante i turni di lavoro a svolgere la mansione per cui non era preposto ed il più delle volte doveva assistere, in collaborazione con un altro operatore sanitario, più di 20 pazienti. Dal vitto all’igiene, dal riordino della sala da pranzo al rifacimento dei letti, tutto sulle spalle di chi è stato assunto grazie ad una legge speciale, la L.68/99 (categorie protette), e che poi nel tempo si è ritrovato ad essere utilizzato per l’assistenza di pazienti fragili, eppure molto complessi come i malati di morbo di Alzheimer, persone affette da demenza senile e pazienti allettati con fratture. Quello che il lavoratore ha cercato di fare in alcune situazioni di emergenza, compreso il caso che ha portato al licenziamento, è stato trovare la soluzione ottimale per meglio assistere i degenti, poiché gli infermieri il più delle volte erano intenti a somministrare la terapia farmacologica o a disbrigare le normali attività infermieristiche”.

Oggi il San Raffaele gli dà il ben servito, “solo ed esclusivamente per aver fatto il proprio lavoro, senza mai commettere nulla di grave né nei confronti dei pazienti, né della comunità del nosocomio stesso. Stiamo parlando di un 60enne, un lavoratore prossimo alla pensione, in una situazione in cui un ricollocamento nel mondo del lavoro è pressoché impossibile – fa notare il sindacalista -. Non è ammissibile questo trattamento”.

Il sindacato Usppi, attraverso il suo segretario confederale, ha cercato bonariamente di trovare la miglior soluzione per consentire il mantenimento del posto di lavoro all’operatore invalido “ma l’azienda, senza scrupoli, senza coscienza e soprattutto senza nessun ripensamento, ha provveduto al licenziamento coatto. Avevamo proposto che comminasse la sanzione più lieve, se proprio non poteva essere evitata, ma è stata scelta quella più pesante. La rabbia del sindacato è correlata allo sfruttamento del lavoratore in un settore nel quale solo coloro che hanno una idoneità fisica eccellente possono effettuare attività di assistenza ma al San Raffaele di Troia si può utilizzare chiunque, anche un invalido riconosciuto ed iscritto nelle categorie protette”.

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Di Fonso, l’Usppi e i loro legali si accingono a dare battaglia con tutti i mezzi possibili, “per dare dignità e riconoscenza ad un padre di famiglia che nonostante la propria disabilità, ha cercato di trovare la sua normalità nel lavoro che svolgeva con diligenza. Noi non lo lasceremo solo e ci impegneremo affinché venga fatta giustizia e venga sanata questa situazione”, ha concluso il sindacalista.

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