Il Foggia di Zeman va. Nonostante le lamentele che qua e là si colgono nell’ambiente.
E i mal di pancia di patron Nicola Canonico. Che pubblicamente tende una mano al suo allenatore. Ma che non perde occasione per manifestare il suo malcontento per una classifica che non gli fa fare salti di gioia e che ,viceversa, dopo un terzo di stagione, per i rossoneri è comunque benevola.
Tredici giornate sono ormai alle spalle, bastano ed avanzano per tracciare un primo bilancio di una annata che deve ancora entrare nel vivo ma che comincia a delinearsi.
E che ha già lasciato intuire a quale obiettivo reale potrà realmente ambire il Foggia.
Il sesto posto attuale rispecchia fedelmente quello che è l’attuale consistenza di una squadra che finora non avrà soddisfatto sul piano squisitamente estetico, ma che è stata comunque redditizia in termini di punti.
Contravvenendo anche quella che fino a ieri l’altro era una tendenza consolidata delle formazioni di Zdenek Zeman. Capaci di grandi imprese e clamorose debacle.
Chi si attendeva il solito clichè è però rimasto deluso, perché in campo la squadra del boemo pur non brillando quasi mai di luce propria, ha comunque mostrato insospettabili segnali di maturità.
Soprattutto in difesa, il tallone di Achille del tecnico di Praga, e invece ad oggi il reparto che è sembrato il meglio attrezzato ed assortito di tutti.
Sarà perché forse il Foggia in questo primo spicchio di stagione è stato poco zemaniano e molto pragmatico, sinora è soprattutto sul piano difensivo che i rossoneri si sono fatti apprezzare.
Solo (si fa per dire) 12 gol al passivo, quanti ne ha incassati sinora la capolista Bari, uno in più di Palermo, Monopoli, Virtus Francavilla e Taranto, meglio hanno fatto soltanto Catanzaro (8) ed Avellino (9).
Il Foggia ha sbracato solo una volta, a Palermo (3-0), per il resto non ha mai dato l’impressione di poter perdere di goleada, in cinque occasioni Alastra (e Volpe) hanno addirittura tenuto inviolata la loro porta.
Ma meglio non farlo notare a Zeman, perché questo per il boemo potrebbe essere un motivo in più per imprecare: il rovescio della medaglia, infatti, parla di una formazione che pur primeggiando per possesso palla, fatica a costruire palle-gol in serie. Come la tradizione, invece, ci ha tramandato.
Anche se poi da una più approfondita analisi emerge che i 21 punti attuali in classifica sono il frutto dei 19 gol messi a segno.
Gli stessi realizzati dalla vice-capolista Catanzaro, solo Turris (26), e Catania e Bari (22) hanno fatto meglio.
Il Foggia, dunque, al momento, vanta il quarto miglior attacco del raggruppamento assieme al Campobasso, eppure le critiche abbondano per un reparto al quale è stata appioppata l’antipatica etichetta di anemico.
Ovvero fiacco (mica tanto), e privo di vitalità (più corretto).
Che si rendano necessari dei correttivi in corsa per restare in lizza per i play-off o addirittura per migliorare l’attuale posizione di classifica appare chiaro: il Foggia che fino ad oggi ha viaggiato ad una media di 1,61 punto a partita, nella seconda parte di stagione sarà chiamato ad accelerare per evitare di essere risucchiato da chi, alle sue spalle, insegue.
Dai 20 punti di Taranto, Virtus Francavilla ed Avellino, ai 27 della battistrada Bari ci sono 9 formazioni racchiuse nel fazzoletto di soli sette punti, il che evidenzia un sottile equilibrio che potrebbe perdurare per tutto l’arco della stagione.
In casa rossonera, è risaputo, si punta a migliorare l’ultimo piazzamento (nono posto), e a confermare la qualificazione ai play-off: traguardo alla portata del gruppo, anche se servirà puntellare l’organico a disposizione di Zeman con non meno di 2/3 ritocchi di qualità.
Quelli che sinora sono mancati al boemo per permettergli di scalare da subito qualche altra posizione di classifica.