Sono diverse le questioni sollevate dal foggiano Maurizio Florio, amministratore unico di FMA opere e acquedotti sud srl, nelle sette pagine della propria denuncia-querela alla Procura di Foggia presentata ad agosto scorso. Innanzitutto, l’imprenditore ricorda che FMA, come prima faceva la fallita Florio Group srl, svolge tuttora i servizi oggetto della gara e che “mai, sino ad ora, la stazione appaltante ha lamentato inadempienze e/o ritardi nella esecuzione dell'appalto”.
“Giunti alla scadenza del contratto vigente senza mai indire una nuova gara, l’amministrazione si è determinata a disporre la procedura aperta per il rinnovo dell'affidamento e ciò anche sulla base di una relazione tecnica illustrativa non fatta propria nella determinazione a contrarre redatta dal responsabile unico del procedimento del contratto in prorogatio dalla quale si desumono elementi e caratteristiche organizzative e gestionali del servizio oggetto di appalto”, spiega Florio.
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“Nel bando di gara venivano previsti, tra le altre cose, requisiti sproporzionati, esuberanti e persino inconferenti con l'oggetto dell'appalto, con ciò gravemente limitando le aspettative di partecipazione, in forma autonoma o aggregata, di una pluralità di operatori economici, tra cui lo stesso affidatario uscente, senza che ve ne fosse alcuna ragione ed anzi contraddicendo le risultanze della documentazione tecnica e progettuale innanzi richiamata e posta a base della gara”, si sottolinea.
“In particolare, nel bando e nel disciplinare di gara veniva richiesto il possesso della iscrizione all'albo nazionale dei gestori ambientali, nonché un fatturato globale annuo pari ad almeno 2 milioni di euro. Nessuna motivazione veniva addotta per giustificare l'identificazione delle richieste classi di iscrizione all'albo (classi che si distinguono da un lato per i quantitativi di rifiuto per i quali si ha certificazione di idoneità al trattamento e, dall'altro, per la tipologia di rifiuto).
Ciò assume rilievo”, continua Florio, “ove si vadano ad esaminare gli allegati tecnici al bando di gara, e segnatamente il computo metrico estimativo, che, nel determinare il prezzo a base di gara, assume un volume di smaltimento annuo di (sole) 4.179 tonnellate, cioè meno di un terzo del requisito richiesto (Categoria 4, Classe C, superiore a 15.000 ed inferiore a 60.000 tonnellate). Se la stazione appaltante avesse richiesto semplicemente la categoria 4 Classe d (quantità annua superiore a 6. 000 e inferiore a 15.000 tonnellate) sarebbe comunque tutelata da un qualsiasi imprevisto avendo richiesto una categoria per ben tre volte superiore a quanto previsto nel computo metrico. Si è visto poi che tra i requisiti di partecipazione "a pena di esclusione" viene altresì fissato il possesso della ulteriore certificazione per la Categoria 5, Classe f, CER 07. 04.10. Il computo metrico estimativo, però, non evidenzia alcuna voce di pagamento relativa a tale servizio; e, a ben leggere (e comprendere) l'oggetto dell'appalto, non è un caso che la specifica categoria di rifiuti, la sua movimentazione e il suo trattamento non vengano ''prezzati" nel CME: tali attività, infatti non rientrano affatto nell'oggetto dell'appalto. Del tutto sorprendentemente, peraltro, l'amministrazione non fissa tra i requisiti il possesso dell'abilitazione rilasciata dalla CCIAA per servizio di derattizzazione e sanificazione (vedi oggetto di appalto); e neppure il possesso della iscrizione alla Classe 1 dell'albo nazionale gestori ambientali (trasporto di rifiuti solidi urbani), necessaria per il trattamento dei residui che si depositano sulle, o penetrano nelle, caditoie di accesso alla rete oggetto di manutenzione (foglie, plastica, carta, etc.)”.
Secondo Maurizio Florio i molteplici documenti di gara “recano gravi quanto evidenti incongruenze tra loro proprio relativamente al quantitativo di rifiuti che dovranno essere trattati dall'affidatario dell'appalto”. Spiega che nel computo metrico estimativo si assume il volume di 4179 tonnellate/anno; nella relazione tecnica illustrativa è indicato un volume da smaltire di 8388 tonnellate/anno; il capitolato speciale di appalto fa riferimento a smaltimenti per 35.000 tons/anno. L'importo posto a base d'asta del servizio (compresi costi di sicurezza non soggetti a ribasso) è pari a 477. 732,88 euro. Tale importo se viene diviso per il prezzo medio unitario (estrazione + costo di smaltimento), pari a 89,33 euro come da elenco prezzi di progetto, determina una quantità totale di 5369 tonnellate/anno. Inoltre, continua, “il dato estrapolato, poco superiore alle 5000 tonnellate/anno, è del tutto incompatibile con il requisito di una certificazione per il trattamento di ben 60.000 tonnellate, dunque circa 12 volte più ingente. Non meno evidenti risultano le incongruenze concernenti il requisito di fatturazione minima globale annua”.
Il riferimento è in primis alla specificazione contenuta nel disciplinare, per cui il requisito deve intendersi riferito alla sola componente "servizi", il cui valore lineare annuo è di 1.227.500 euro, IVA inclusa.
“L'eccedenza di requisito, misurabile nel +63%, appare del tutto sproporzionata con l'attività richiesta, anche sulla base dei dati storici del medesimo affidamento, che è attualmente in capo a Florio Group. Dati che mostrano un andamento assai discosto, al ribasso, da tale linearizzazione dei valori”, prosegue la denuncia.
Per Florio “le grandezze economiche dell'appalto da affidare appaiono del tutto coerenti con quelle dell'appalto scaduto: si vedano gli importi stanziati per il periodo di proroga”.
Come secondo punto, “ferma la discrezionalità dell'amministrazione nell'indicare (all'interno dei limiti di legge) i requisiti che ritiene appropriati per l'ammissione alla procedura, tale discrezionalità non supera il vincolo di ragionevolezza, soprattutto alla luce del criterio generale del favor competitionis”. L’accusa mossa dai denuncianti è che “la fissazione - irragionevole, sproporzionata, immotivata ed esuberante - di requisiti così maggiori delle dimensioni tecniche ed economiche oggetto dell'affidamento appare chiaramente volta a favorire solo imprese o raggruppamenti di imprese che fossero già in possesso di essi, pur non essendo affatto dovuti e/o necessari per l'appalto”.
A questo punto Florio ricorda che il 29 luglio scorso fu comunicata loro dalla stazione appaltante l’esclusione per due ragioni. “Il mancato possesso della iscrizione all'albo gestori ambientali - requisito che ben avrebbe potuto essere colmato attraverso la procedura del soccorso istruttorio, singolarmente non attivata dalla stazione appaltante pur a fronte della acclarata "istruttoria" involgente il conseguimento del requisito; il mancato possesso dei requisiti di integrità e affidabilità, stante "la composizione" del casellario giudiziale che riporterebbe "pregiudizi penali" legati a violazioni della normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Ebbene, Maurizio Florio precisa che “il procedimento penale in questione, relativo a fatti dell'ormai lontano 2018, è stato definito con decreto penale di condanna del GIP di Foggia, divenuto definitivo il 25.10.2019 con declaratoria di sospensione condizionale della pena in favore dell'imputato”.
Infine nella denuncia si fa cenno alla lettera falsamente attribuita al padre Floriano: “Negli scorsi giorni risulterebbe giunta una missiva, "a firma" di mio padre Florio Floriano, ma proveniente da un indirizzo di pec non appartenente ad alcuna delle nostre società e per il vero non associato (da visura camerale) ad alcuna entità giuridica, in cui vengono denunciate irregolarità circa la gara d'appalto. Tale scritto è stato già formalmente e pubblicamente disconosciuto, tanto da mio padre e quanto dal "gruppo" della Florio Floriano”.
“Chiediamo dunque di indagare e di fare luce sui responsabili di tale condotta, verificando innanzitutto chi abbia provveduto ad attivare la casella di p.e.c. da cui sarebbe partito il messaggio. Al contempo”, sottolinea Maurizio Florio, “risulta quanto mai singolare che, sempre negli scorsi giorni, è apparso un articolo sulla stampa locale in cui si riferisce proprio delle medesime irregolarità che avrebbero inficiato la gara d'appalto in oggetto. Tra le altre cose, viene· denunciato come la composizione della commissione giudicatrice, non comprensiva di alcun membro avente specifiche competenze afferenti all'oggetto dell'appalto, risulti in contrasto col Codice Contratti Pubblici e con le Linee Guida ANAC dettate in materia. Ciò ne delegittimerebbe di fatto l'operato, ivi compresi l'esclusione di FMA ed ogni altro successivo atto e/o provvedimento. Anche su tale aspetto la Procura della Repubblica dovrà fare luce, risultando chiaramente ipotizzabili gli estremi reati contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica: dalla turbata libertà degli incanti in forma aggravata, alla turbativa del procedimento di scelta del contraente nei pubblici appalti, sino al falso ideologico”.
Zone Transition
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Per tutte queste ragioni, conclude Maurizio Florio, patron di FMA, è sporta denuncia contro ignoti “con l'espressa istanza di adottare le misure cautelari ritenute più opportune ed adeguate, compresa la sospensione della procedura di gara in corso la cui definizione rischia, concretamente, di ledere non soltanto agli interessi degli operatori economici che vi hanno preso parte (tra cui FMA), ma anche di minare gli interessi pubblicistici che sono alla base di ogni procedura sorretta dalla pubblica evidenza”.