Emiliano vuol creare un contraltare regionale. Ma sarebbe un protettorato improprio

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In questi giorni sta facendo molto discutere la proposta del governatore della Regione Puglia Michele Emiliano di istituire un organismo istituzionale presso la Regione per rapportarsi in qualche modo con la Commissione straordinaria governativa che, dall’agosto 2012, amministra il Comune di Foggia a seguito del suo scioglimento per condizionamenti mafiosi.

Tale idea per la verità è del tutto generica circa i compiti che dovrebbero essere esercitati concretamente da tale entità abbastanza atipica, sicché a oggi non si comprende se si tratti di un progetto politico-amministrativo sebbene ancora allo stato larvale, o al contrario se si tratti di una idea piuttosto estemporanea che probabilmente non avrà alcuna conseguenza diversa dal semplice effetto-annuncio. 

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La nostra opinione sulla questione è che i problemi e le esigenze dai quali deriva tale proposta siano del tutto reali, ma che non vi sia un rimedio nei termini configurati da quella proposta.

Per focalizzare i temi occorre innanzi tutto riflettere sulla durata complessiva del commissariamento del Comune di Foggia. Esso terminerà, se fosse mantenuta la prescrizione di 18 mesi della data di pubblicazione del decreto di scioglimento, in data 4 marzo 2023; in questa ipotesi, essendo cessato il commissariamento nel primo semestre dell’anno, le successive elezioni amministrative si terrebbero, a norma di legge (10° comma dell’art.143 TUEL), tra il 15 aprile e il 15 giugno 2023.  Ma alcuni già pronosticano come certo che il periodo del commissariamento verrà prorogato di ulteriori 6 mesi e cioè fino al limite massimo dei 24 mesi consentiti dalla disposizione dell’art. 143 TUEL, facendone slittare la scadenza al 4 settembre 2023; in questa seconda ipotesi, essendo cessato il commissariamento nel secondo semestre dell’anno, le successive elezioni amministrative si terrebbero tra il 15 ottobre e il 15 dicembre. 

Pertanto, considerando che il commissariamento del Comune di Foggia in realtà non è iniziato il 4 settembre 2021 ma deve in concreto essere retrodatato al primo insediamento di una Commissione straordinaria il giorno 25 maggio 2021 per dimissioni del Sindaco Landella, ne deriva che il periodo complessivo varierà da un minimo di 23 mesi circa (fino al 15 aprile 2023) a un massimo di ben 30 mesi circa (fino al 15 dicembre 2023), cioè un periodo di lunghezza “biblica”.

Inoltre molti dei provvedimenti adottati dai Commissari avranno necessariamente effetti pluriennali e condizioneranno anche le future amministrazioni elettive (assunzioni di personale, riconoscimenti di debiti fuori bilancio e appuramenti di residui passivi, rilasci di concessioni pluriennali, contratti di appalto, etc.), scaricando effetti economico-amministrativi ben oltre lo stesso periodo commissariale.

Il secondo aspetto della questione è che lungo tutto questo periodo i Commissari non gestiscono solo affari strettamente inerenti la cosiddetta “bonifica antimafia” degli apparati comunali, ma gestiscono di tutto perché le attività amministrative comunali nel complesso devono ovviamente andare avanti su tutti i fronti.  In sostanza, la “mafiosità” ha funzionato come una sorta di apriscatole del Ministero degli Interni per entrare nel Comune di Foggia (a torto o a ragione, qui non è il caso di addentrarci su questo problema preliminare, sebbene sia il punto critico di fondo in tutte le discussioni che concernono lo scioglimento del Comune di Foggia). Ma dopo quell’atto originario che ha legittimato l’ingresso della Commissione straordinaria governativa, la sua attività si traduce nella gestione di tutt’altri affari che in massima parte con la mafia non hanno nulla a che fare neppure a livello ipotetico.

In questo primo anno di gestione i Commissari governativi hanno esercitato il mandato in modo da scontentare fasce via via crescenti di popolazione e di soggetti politici e associativi locali per aspetti di metodo e di merito. Ma, soprattutto, il commissariamento ha determinato la conseguenza che i consueti soggetti decisori politici locali sono stati tagliati fuori da tutto e assieme a loro sono rimaste “a stecchetto” le rispettive cordate di riferimento locali: imprese, avvocati, commercialisti, ingegneri, cooperative sociali, associazioni di categoria, postulanti e questuanti comuni, manager in attesa di collocazione e chi più ne ha più ne metta, tutti afasici e in definitiva fuori dai processi decisionali, dagli incarichi professionali, dalle commesse imprenditoriali, etc.

Perciò è indiscutibile che, col protrarsi del regime commissariale, quote sempre crescenti di popolazione hanno preso a scalpitare e a mugugnare in modo sempre più aperto contro i personaggi locali che a suo tempo si erano “tirati in casa” l’ispezione prefettizia sollecitando lo scioglimento e il commissariamento del Comune e poi lo avevano salutato come benefico per Foggia. 

Orbene, tra tutta questa gente che ordinariamente penserebbe a come produrre reddito o a curare i propri affari economici e/o politici, ma che ora si trova sostanzialmente ferma in panchina in attesa che finisca il periodo della “carestia commissariale”, in primissima fila si trovano paradossalmente proprio le cordate imprenditoriali-professionali-associative-cooperativistiche che ruotano nell’area del locale Pd, e questo è un problema per quel partito politico. 

Infatti, per un verso la loro dirigenza dovrà mantenere ferma la facciata della comunanza di posizioni “legalitarie” con i talebani dell’antimafia militante e con gli pseudoalleati del Movimento 5 Stelle in via di autodissoluzione per sbranamenti reciproci; ma, per altro verso, dovrà anche dare ri-sposte al proprio elettorato di riferimento, cioè tutta gente alla quale, quando si andrà a votare tra qualche mese per le elezioni politiche nazionali, i discorsi “mafiologici” e sulle benemerenze legalitarie da tributare a chi a suo tempo aveva provocato il commissariamento del Comune saranno ragionamenti che faranno l’effetto della cartavetro sulla pelle, mentre vorrà ascoltare programmi abbastanza realistici su come rinsanguare il portafogli prosciugato dalla crisi, su come mettere il piatto in tavola con un’attività o su come mandare i bambini all’asilo comunale senza il rischio di vedersi chiudere la scuola nel giro di tre giorni, e via discorrendo. 

E il problema del Pd, in particolare, è che tutti questi discorsetti terra-terra la sua dirigenza locale e i suoi candidati li dovranno fare al loro potenziale elettorato foggiano in una fase della città amministrata dalla Commissione straordinaria in cui, viceversa, tutto sembrerebbe aver preso la piega contraria. 

Orbene, a noi pare che la chiave di lettura della proposta del presidente Emiliano di istituire una sorta di contraltare regionale alla Commissione governativa che attualmente amministra Foggia abbia origine e vada contestualizzata appunto in questo scenario in cui sono stati gli stessi rappresentanti cittadini del suo partito a sollevare un “grido di dolore ” di memoria risorgimentale: anche se in questo caso la protesta non è rivolta contro l’occupante austriaco, né Emiliano è la reincarnazione di re Vittorio Emanuele Secondo (per quanto, un pensierino monarchico forse...).

Fuor di metafora - irriverente, lo ammettiamo - è sotto gli occhi di tutti e quindi è indiscutibile il problema del deficit di partecipazione democratica nei processi politico-amministrativi in questa fase infelice della storia recente di Foggia, e si tratta di una questione grave e sostanziale; soprattutto perché nei prossimi mesi dovrebbero pure essere gestite, nella parte comunale di competenza, le varie e importanti programmazioni per ricevere i fondi europei del Piano di Ripresa e Resilienza.  Da questo punto di vista l’idea del governatore Emiliano di far entrare la Regione in qualche modo nel circuito decisionale foggiano ha senz’altro una giustificazione razionale, anche se naturalmente sconta la controindicazione che un organismo regionale atipico di “collaborazione” potrebbe degenerare nel tentativo di configurare un protettorato improprio sulla gestione commissariale in atto a Foggia, cioè in una sorta di supervisione commissariale sulla stessa Commissione governativa che attualmente opera in Foggia. 

Ma l’ostacolo vero parrebbe essere proprio sulla fattibilità legale di tale idea, derivante dal fatto che la legge regionale attuale non prevede la istituzione di un ufficio apposito per “collaborare” in via sistematica con un solo e specifico Comune, e oltre tutto per interessarsi a 360 gradi su qualunque problema amministrativo fosse ritenuto critico (e da chi?) in quell’ambito territoriale soltanto.

La ragione di tale mancata previsione normativa è lampante. Se alla Regione fosse consentito “accendere un faro” stabilmente su un Comune particolare attraverso un organo il cui l’unico mandato fosse quello di “collaborare” con quel solo Comune, fatalmente si avrebbe una Amministrazione-ombra in parallelo con l’Amministrazione legittimamente in carica presso quello specifico Comune, e questo non soltanto generebbe confusione di ruoli e reciproche deresponsabilizzazioni fra funzionari dell’uno e l’altro Ente territoriale, ma non sarebbe neppure consentito dalla normativa attuale.

Sicché al primo incidente di percorso la cosa sfocerebbe in un conflitto di competenze fra i due Enti locali rappresentanti appunto da Comune di Foggia e Regione Puglia.

In definitiva, l’intenzione è forse anche apprezzabile in astratto, ma la cosa non si può fare in concreto.

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Salvatore Russetti (ex giudice di Corte d’appello)

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