Foggia, l’esperto Iacomino: “Vi spiego che forza ha la bomba di via Spalato e perché non è esplosa”

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Non si parla d’altro a Foggia: la bomba in via Spalato sta tenendo banco anche perché le ore passano e il giorno di bonifica dell’ordigno si avvicina. In questi giorni si sta ampliando il raggio d’azione degli informatori sul piano di evacuazione che interesserà migliaia di residenti. I militari dell’11esimo Reggimento Genio Guastatori si dovranno occupare di una bomba risalente alla Seconda Guerra Mondiale, una 454 kg di tritolo che all’epoca rappresentava uno degli ordigni di maggiore potenza appartenente all’arsenale dell’aviazione americana. “La zona interessata è una delle più colpite dai bombardamenti dell’estate del ‘43 in quanto a ridosso della stazione ferroviaria – spiega a l’Attacco Luigi Iacomino, autore di decine di libri di storia e studioso di storia militare – non ci dobbiamo meravigliare di questa situazione anche perché decine di questi ordigni vengono ancora oggi ritrovati in tutta Italia. Sarà il Genio ad occuparsi della bonifica, del disinnescamento della bomba. Parliamo di un Reparto che si occupa di operazioni del genere anche al di fuori dei confini foggiani. Il vero problema di queste bombe deriva dallo spostamento d’area che causano in caso di deflagrazione: basta vedere alcuni video storici risalenti alla guerra e girati all’interno dei bombardieri americani per capire ciò che avviene dopo il loro scoppio”.

“Quel cerchio di polvere che si estende non è altro che lo spostamento d’aria che diventa pericoloso per diverse centinaia di metri perché oltre a distruggere vetri potrebbe addirittura provocare l’abbattimento di pareti pericolanti. Probabilmente l’estensione della cosiddetta ‘zona rossa’ deriva anche dal fatto che in quell’area insistono strutture vecchie, edifici che magari non sono propriamente stabili. Per spingere ad una decisione di questa portata probabilmente si è considerato anche il rischio di crollo di qualche struttura”. D’altronde, nonostante la bravura degli esperti artificieri, il rischio di esplosione, seppur minimo, c’è sempre. 

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La 454kg americana prevedeva infatti un doppio detonatore, posteriore e anteriore.  Questi ordini erano caratterizzati da due piccole eliche - anteriore e posteriore, appunto - poste vicino all’aggancio dei governali, ovvero delle pinne in coda alla bomba predisposti dagli armieri una volta caricate sugli aerei. “Parliamo di elichette che venivano ‘registrate’ per fare un certo numero di giri in base alla quota dalla quale venivano sganciate – sottolinea Iacomino – alcune di esse erano previste per esplodere anche ad un metro e mezzo da terra, proprio per causare maggiori danni”. 

“Durante la guerra, però, poteva anche capitare che un areo per non farsi centrare dai “FlaK” (in tedesco i cosiddetti Flugabwehrkanone, cannoni molto potenti e parecchio utilizzati in quegli anni, ndr), cioè dal fuoco contraereo tedesco, nel momento dello sgancio dovesse improvvisamente spostarsi di quota. Così non di rado capitava che al posto di sganciare da 8 mila metri - quota prevista – lo si faceva da altezze diverse. Se, però, queste quote erano inferiori, più basse, accadeva che non si dava tempo al meccanismo di attivarsi. Il terreno ne bloccava l’elica che girava stoppando anche il timer della bomba”. 

“Ovviamente con il passare del tempo questi meccanismi si sono rovinati: il terreno foggiano, ad esempio, presenta una certa acidità che ha comportato il danneggiamento delle eliche (costruite con uno strato sottile di alluminio e destinate a polverizzarsi negli anni a causa di un processo di anodizzazione, ndr)”. In via Spalato sarà l’esperienza umana a dover disinnescare la bomba. “Non parliamo di operazioni che possono avvenire in maniera computerizzata anche perché le varianti sono così tante da non poterle prevedere tutte – dice Iacomino – l’esperienza di un militare preparato è fondamentale. I militari riescono a capire e valutare il rischio anche solo guardando la bomba”. 

Zone Transition

Zone Transition

Da precisare che fino al ‘43 sono stati utilizzati principalmente ordigni da 225 e 454 kg. Solo successivamente, ma non è questo il caso di Foggia, hanno usato ordigni di peso maggiore. Dati alla mano, ad esempio, nel Nord Italia ci sono state città che hanno subito bombe anche di mille kg. “Una cosa è certa - ha poi concluso Iacomino - da noi non si era mai verificata prima un’evacuazione di questa portata”.    

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