Il rischio di 31 mesi con Magno prima del voto

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Ora che si è conclusa la fase politica collegata alle recenti elezioni politiche nazionali già l’attenzione si è rivolta verso le successive elezioni amministrative per la scelta del nuovo Sindaco e della nuova maggioranza consiliare cittadina - quella che noi giù da tempo su questo giornale abbiamo definito “la vera battaglia di Stalingrado per la città di Foggia” - poiché in questa città le due elezioni inevitabilmente sono state viste come due tempi di una sola partita complessiva.

Pertanto sta cominciando ad affiorare nella pubblica opinione locale la questione della determinazione della scadenza del commissariamento del Comune, che evidentemente rappresenta la precondizione fattuale per ogni possibile discorso di candidature e di campagne elettorali in vista di quelle elezioni amministrative.

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Senza esporre in modo dettagliato i dati cronologici sulla scadenza del commissariamento e sull’epoca delle successive elezioni amministrative, possiamo sinteticamente dire che senza la proroga le elezioni si terrebbero tra il 15 aprile e il 15 giugno 2023, mentre con la proroga le elezioni si terrebbero tra il 15 ottobre e il 15 dicembre 2023. 

In pratica, retrodatando più concretamente il periodo di commissariamento straordinario al giorno 25 maggio perché in quella data già venne sciolto il Comune per la diversa ragione delle dimissioni del Sindaco, ne discende che il periodo complessivo di amministrazione straordinaria del Comune sarebbe durato “appena” (si fa per dire) 23 mesi nella ipotesi minima che si votasse intorno al 15 aprile 2022, mentre durerebbe addirittura 31 mesi se venisse decretata la proroga del commissariamento e si votasse attorno al 15 dicembre 2023, o poco meno se si votasse più vicino al 15 ottobre.

Alla luce della gravità del secondo scenario, il lettore deve allora sapere che l’ art. 143 TUEL ammette la proroga del commissariamento solo “nei casi eccezionali”, ma che il Ministero dell’Interno tende a dilatare il concetto di eccezionalità fino a ricomprendervi la pura e semplice “necessità di portare a compimento i programmi avviati dalle commissioni straordinarie” in modo da “completare le attività in corso, scongiurare condizionamenti o forme di ostruzionismo e perseguire, inoltre, una maggiore qualità ed efficacia dell'azione amministrativa “, per cui occorrerebbe “un maggiore lasso di tempo... essendo ancora concreto il rischio di illecite interferenze della criminalità organizzata”.

Così si esprime la più recente Relazione ministeriale sui presupposti teorici di cui si è fatta applicazione nei casi di proroghe di commissariamenti (n. 35) nel corso degli ultimi due anni 2020-2021.

In altri termini, il Ministero fa consistere la situazione di fatto che la norma definisce “casi eccezionali” per la proroga - cioè una sorta di “eccezione al quadrato” rispetto alla prima eccezione già rappresentata dal commissariamento in se stesso – nella esigenza di prolungare tale regime straordinario per semplici scopi cautelativi e di completamento dell’attività dei commissari, e quindi prescindendo dalla ipotesi che fossero stati rilevati specifici casi nei quali i “condizionamenti o collegamenti” con gruppi mafiosi ex art. 143 TUEL) o fossero persistiti pervicacemente o addirittura fossero insorti proprio durante lo stesso periodo commissariale. 

Mediante questo annacquamento del concetto di “contrasto alla mafia” verrebbe accentuato lo slittamento dello strumento dello scioglimento di un Comune verso ragioni del tutto diverse dalla finalità indicate dalla legge, perché sarebbe sostituito dal semplice scopo di migliorare la efficienza degli apparati amministrativi comunali attraverso una gestione commissariale di derivazione non elettiva (ammesso poi che questo risultato fosse poi conseguito realmente nei vari Comuni disciolti...).

Ma se tale uso improprio del commissariamento, concretizzato attraverso una proroga, fosse proposto per Foggia - magari anche solo per accodarsi alla prassi ministeriale piuttosto larga nell’impiegare questo strumento eccezionale “al quadrato” – due domande poi la pubblica opinione locale dovrebbe pure farle e qualcuno dalle parti di corso Garibaldi dovrebbe pure darne risposta all’atto stesso di proporre tale proroga.

Se la mafia avesse continuato imperterrita a creare “collegamenti e condizionamenti” (i due presupposti testualmente indicati dall’art. 143 TUEL) nei confronti di personaggi politici e funzionari degli apparati del Comune di Foggia nei due anni di commissariamento straordinario, tanto che la situazione sarebbe restata un “caso eccezionale”, questi tre commissari che cosa ce li siamo tenuti a fare fino a ora, visto che i loro poteri assoluti nell’amministrazione hanno sortito un flop di quel-la gravità conclamata?

Se due anni di commissariamento avessero prodotto come risultato un “caso eccezionale” di mafia, qualcuno può seriamente pensare - e soprattutto sperare di far credere - che altri 6 mesi affidati ai medesimi commissari (o ad altri fenomeni venuti a Foggia all’ultimo momento al posto loro) ci cambierebbero la vita eradicando il problema?

E qui dobbiamo necessariamente anche andare oltre. A quel punto sarebbe inevitabile anche chiedere conto ai tre commissari le ragioni del mancato risanamento per il passato degli apparati comunali di Foggia e le ragioni della mancata “impermeabilizzazione” dai condizionamenti delinquenziali per il futuro, visto che fino alla scadenza del loro mandato originario costoro avranno comunque avuto a disposizione ben due anni (o più) per attuarlo, laddove la situazione complessiva sarebbe restata pur sempre un “caso eccezionale” di mafiosità.

Tanto per avere un metro di paragone su questo punto - a nostro avviso centrale - sul rapporto tra commissariamento già svolto ed eventuale proroga del medesimo commissariamento, si consideri che in conseguenza dell’avvenuto scioglimento del Comune l’ex Sindaco e un nutrito gruppo di ex assessori e di ex consiglieri comunali sono stati “condannati” (ci si perdoni la improprietà giuridica) alla incandidabilità da una sentenza di primo grado essenzialmente in base al principio che, nella loro posizione di potere politico-amministrativo, essi non furono capaci di “vigilare” adeguatamente su altri personaggi politici e sugli apparati comunali per impedire appunto i “collegamenti e condizionamenti” delinquenziali nel corso dei due anni del loro incarico pubblico (dalla elezione nel maggio 2019 allo scioglimento del Comune nel maggio 2021). 

Se il criterio fosse corretto in assoluto e venisse applicato alla stessa maniera ai commissari straordinari, ci si dovrà allora spiegare la differenza sostanziale fra la mancata vigilanza degli uni che ha prodotto gravi conseguenze personali per costoro, rispetto alla insufficiente vigilanza dei secondi i quali, pur avendo vigilato tanto poco da aver lasciato il Comune in una situazione definibile “caso eccezionale” di mafiosità, non ne dovrebbero rispondere in alcun modo: tanto più che essi, a differenza dei primi, hanno assommato su loro tre soltanto tutti i poteri in precedenza diffusi su una trentina di persone (tra assessori e consiglieri comunali) sicché vigilare per costoro sarebbe stato, almeno astrattamente, meno arduo.

E poiché anche la durata temporale del biennio commissariale coincide, manco a farlo apposta, con il biennio di amministrazione esercitata dai personaggi politici elettivi poi dichiarati incandidabili, neppure si potrebbe dire che il primo periodo sia stato troppo breve perché i commissari potessero “vigilare” efficacemente, visto che per un periodo precisamente eguale a loro disposizione il Sindaco, gli assessori e i consiglieri comunali sono stati invece ritenuti responsabili di poca “vigilanza”.

Tutto questo si dice non perché ci si diverta a formulare paradossi retorici o a gettare discredito su chi esercita funzioni pubbliche, ma perché si intende segnalare che parlare di proroga di commissariamento come si trattasse di acqua fresca e, forse, poi proporla con molta larghezza di presupposti è una grave questione che non potrebbe restare senza strascichi, né potrebbe poi essere messa sotto il tappeto in maniera indolore. In termini più chiari si intende dire che, nella evenienza sciagurata della proroga del commissariamento, la opinione pubblica locale non accetterebbe che il discorso svagasse fumosamente in formulette senza senso del tipo “esigenza di rinforzare il percorso della legalità” e bla-bla-bla simili; né accetterebbe che la puntuale rendicontazione degli scarsi risultati di “bonifica antimafia” conseguiti dalla gestone commissariale fosse sostituita da pseudo interviste giornalistiche “sdraiate” (cioè compiacenti e stupidamente edulcorate) o da un convegno autocelebrativo di fine mandato senza indicazione né di responsabilità né di responsabili.

A questo punto, anzi, esprimiamo la convinta opinione che i primi a dover tifare a che non vi sia una proroga del commissariamento del Comune di Foggia dovrebbero essere proprio questi tre commissari straordinari. E questo, stavolta, non è un paradosso retorico.

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Salvatore Russetti, ex giudice di Corte di appello

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