Le “menzogne” del “barone rosso” Ricci: non fu diffamazione. Il diritto di critica trionfa in aula

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Sono state pubblicate le motivazioni dell’assoluzione del direttore de l’Attacco Piero Paciello nell’ambito del procedimento che nel 2019 fu avviato dal rettore uscente di Unifg Maurizio Ricci. Il giuslavorista propose al cda di querelare il giornale per aver erroneamente parlato di “19 rinvii a giudizio” relativamente all’inchiesta D.A.Re. (condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura di Foggia, attivata da esposti di due docenti dello stesso Ateneo per presunte illegittimità nella gestione di fondi pubblici), disponendo anche una segnalazione all’AGCOM. Al momento della pubblicazione dell’articolo c’era stata, in effetti, solo la richiesta di rinvio a giudizio, e l’informazione errata fu prontamente corretta su queste colonne all’indomani della pubblicazione. Furono alla fine tre gli articoli portati in giudizio da Ricci, usciti a settembre 2019, ma due soli contestati dall’accusa. Un altro buco nell’acqua, a spese però di Unifg, nei procedimenti di singoli contro l’Attacco. Per presunte offese all’allora rettore Maurizio Ricci, questi fece deliberare al cda una querela a tutela dell’onorabilità dell’intera Unifg, come accaduto anche in altre occasioni. Dopo la brillante discussione conclusiva del noto avvocato foggiano Michele Vaira, legale de l’Attacco, la giudice Valeria Casciello ha dichiarato che il fatto non costituisce reato, riconoscendo il diritto di cronaca e critica giornalistica alla base degli elaborati. 

Ma ecco, nel dettaglio, le ragioni della decisione di assolvere il direttore de l’Attacco per l’articolo del 20 settembre 2019, mentre è stato dichiarato il “non doversi procedere in relazione ai fatti del 17 settembre 2019, perché l'azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela”. La denuncia fu, cioè, tardiva perché presentata il 20 dicembre 2019, oltre il termine dei 90 giorni dalla conoscenza della notizia. “L'era del barone rosso, le menzogne del rettore Ricci”, scrisse l’Attacco il 20 settembre 2019. “Non vi è dubbio che l’espressione “barone” riferita al rettore di una Università, così come il richiamo alle “menzogne” dallo stesso proferite siano astrattamente lesive della reputazione di un pubblico Ateneo”, scrive la giudice nella sentenza. “Ma è stato esercitato il diritto di critica giornalistica in merito alla vicenda giudiziaria che ha interessato alcuni docenti di Unifg in relazione a quanto comunicato dall'Ateneo foggiano in merito all’articolo pubblicato il precedente 17 settembre 2019 sul quotidiano”.

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Il riferimento è al comunicato stampa che Ricci fece scrivere al portavoce Davide Grittani contro l’Attacco. “Il diritto di critica si inserisce nell'ambito della libertà di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21 della Carta costituzionale e, in ambito sovranazionale dall'art. 11 della Carta di Nizza, dall'art. 10 della Convenzione EDU e dall'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo del 1948”, sottolinea Casciello. “Ritiene questo giudice che l'espressione “barone” e “menzogne”, riferite al rettore Ricci siano espressione del diritto di critica. L'intero articolo, infatti, è una risposta al comunicato stampa diramato dall'Ateneo foggiano il 18 settembre 2019 e in cui si faceva riferimento all'asserita portata diffamatoria del precedente pezzo pubblicato dalla medesima testata il 17 settembre 2019, relativo alla vicenda giudiziaria che vedeva coinvolti dei docenti universitari. 

In tale polemico contesto il giornale l'Attacco ha criticato l'operato di quello che all'epoca della vicenda giudiziaria era rettore dell'Ateneo, apostrofandolo come “barone” nella sua accezione negativa comunemente merita allo sfruttamento del potere in ambito accademico. Analogamente è espressione del diritto di critica il termine “menzogne”. Quanto al limite della veridicità dei fatti narrati, l'articolo pubblicato il 20 settembre 2019 è riferito al comunicato stampa dell'Università e alla circostanza, pure risultata vera, che l'autore dell'articolo del 17 settembre 2019 aveva riportato tra virgolette quanto dichiarato dall'intervistato Pierpaolo Limone (rettore eletto ma non ancora insediato, ndr). Veritiera pure la narrazione in ordine ai vani tentativi di contatto di Ricci da parte della redazione de l'Attacco. 

Infine, la vicenda oggetto dell'articolo era di rilevanza pubblica, poiché faceva seguito alla notizia di un procedimento penale nei confronti di alcuni docenti. Certamente rispettato è, pure il limite della continenza, posto che l'articolo del 20 settembre 2019, pur essendo pungente, si caratterizza per una forma espositiva corretta che non trasmoda in una immotivata e gratuita aggressione della reputazione della persona offesa. 

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In conclusione, le espressioni contenute come i termini utilizzati nell'occhiello e nel titolo dell'articolo pubblicato il 20 settembre 2019 perdono la loro portata antigiuridica, in quanto esercizio da parte dello stesso del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Una libertà questa che, è bene ricordarlo, nella giurisprudenza costituzionale si pone sia come diritto fondamentale dell'individuo, sia come “diritto funzionale” al corretto svolgimento del metodo democratico. L'imputato deve, dunque, essere assolto perché il fatto contestato non costituisce reato”, conclude la sentenza della giudice monocratica.

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