“Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare”. La frase di Seneca si adatta perfettamente alla situazione economica della Capitanata, non siamo mai riusciti a definire un modello di sviluppo economico capace di garantire benessere diffuso e lavoro per tutti.
Nonostante sia la più estesa del Mezzogiorno e la terza in Italia, la provincia di Foggia contribuisce alla ricchezza prodotta nell’intera regione Puglia, pari a 76 miliardi di euro, per il 10,95% (8,3 miliardi). A livello nazionale su un PIL 2021 pari a 1.781 miliardi di euro il contribuito dato dalla Capitanata è pari allo 0,46%.
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Il dato più preoccupante e devastante è che la nostra economia nel corso degli ultimi dieci anni ha visto decrescere la propria ricchezza di 1,2 miliardi di euro (-12,20%), una decrescita che ha colpito tutti i settori produttivi. Questi dati non contengono la stima dell’evasione fiscale stimata intorno al 30% del PIL territoriale.
Come mostra la tabella il nostro territorio è in fase recessiva da un decennio. Distruggiamo ricchezza continuamente in tutti i settori dell’economia: in agricoltura 44 milioni di euro (-7,24%), nell’industria 413 milioni di euro (-20,61%) e nei servizi 699 milioni di euro (-10,19%). Questa continua decrescita, come si vedrà dettagliatamente nei prossimi articoli, ha effetti drammatici sull’occupazione, sui redditi, sulle disuguaglianze di ogni tipo, sui livelli di povertà assoluta e sui flussi emigratori.
In soli tre anni (2019-2021) la Capitanata ha perso circa 14mila abitanti riducendo la propria popolazione del 2,26% (una intera città delle dimensioni di Vieste per dare un’idea).
Il numero di imprese attive iscritte alla Camera di commercio di Foggia nel 2021 sono state pari a 63.823, di cui 24.823 (38,46%) agricole, 10.997 (17,23%) industriali e 28.281 (44,31%) servizi. Il 71,24% sono imprese individuali, il 6,75% sono società di persone e solo il 17,74% sono società di capitali.
Se si rapporta il PIL prodotto da ogni settore economico (agricoltura, industria e servizi) al numero di imprese si misura di fatto la dimensione media di ogni impresa per settore di attività.
Il livello di PIL medio per impresa evidenzia che il sistema produttivo della Capitanata è costituito da piccole e piccolissime imprese, per la stragrande maggioranza familiari e unipersonali per nulla innovative e attraenti. Ciò costituisce una debolezza intrinseca che rende l’economia nel suo complesso sempre meno competitiva sia sul mercato nazionale che su quelli internazionali.
Un sistema produttivo come questo non garantisce nessuna prospettiva di occupazione per giovani istruiti e ad alto potenziale. In altre parole, l’economia esistente non si sposa affatto con alti livelli di istruzione e di conoscenza e la conseguenza è emigrazione di massa del nostro miglior capitale umano con la desertificazione del territorio.
Adam Smith, il padre dell’economia, sosteneva più di tre secoli fa che il benessere cresce attraverso l’allargamento del mercato e la divisione del lavoro e ciò è possibile solo se si ha una dimensione adeguata. Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman sostiene a ragione che ci troviamo nel mondo dell’economia di scala, ovvero per sopravvivere nell’attuale contesto economico contano le dimensioni delle imprese al fine di abbattere i costi fissi e accedere verso mercati di più ampie dimensioni.
La sfida attuale e futura è la contrapposizione tra imprese medie e grandi con alta dotazione di conoscenza e imprese piccole con bassa dotazione di conoscenza.
Le prime sono necessarie e vitali per lo sviluppo e la crescita del territorio, poiché attraggono le risorse migliori ed evitano o arginano le emigrazioni, nonché stabiliscono con il territorio di appartenenza e la comunità non solo relazioni economiche ma anche scambi di conoscenze e di investimenti ulteriori per migliorare la qualità della vita. Le seconde desertificano le comunità uccidendole lentamente, come avviene in Capitanata.
Di fronte ad un mare sempre agitato, come è oggi l’economia globalizzata, sole le grandi imbarcazioni possono navigare poiché dispongono di conoscenza e di patrimonio immateriale. Il numero di imprese esistenti su un territorio non dice nulla sui livelli di crescita e di sviluppo. Dice moltissimo, invece, la dimensione delle imprese poiché è l’unica a garantire ricerca e sviluppo, benessere diffuso nonché sostenibilità nel medio e lungo periodo. Ecco il numero di imprese per abitante nei primi 10 comuni su 61 della provincia di Foggia. Al primo posto c’è Manfredonia con un numero di imprese ogni 1000 abitanti pari a 14,33. Seguono San Giovanni Rotondo con 12,37 e Foggia con 11,98. Troppe partite IVA e nessuna vera impresa innovativa che stabilisce con il territorio e la sua comunità legami profondi. La strada da percorrere è la cooperazione a forte impatto che si realizza con aggregazioni, reti di impresa, consorzi, etc.
Zone Transition
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L’aspetto più preoccupante è che la Capitanata perde 1,2 miliardi di PIL e nessuno ne parla o ancor peggio nessuno ne è a conoscenza. Come può la classe politica e quella economica pretendere di governare il territorio senza alcuna informazione rilevante sullo stesso? E come pretendere di guidare un aereo senza avere gli strumenti di bordo? Lo schianto è certo.
Nicola di Bari