Non vi è alcun dubbio che ci sia una stretta relazione tra reddito di cittadinanza e consensi elettorali avuti dal Movimento 5 Stelle alle ultime elezioni politiche. Sono 4,8 milioni gli italiani che hanno votato il partito di Conte a fronte di 2 milioni di famiglie che in Italia hanno beneficiato del reddito di cittadinanza per un totale di individui di circa 4,7 milioni di cui i due terzi sono al Sud. Le regioni che hanno maggiormente beneficiato del RDC sono state la Campania (15%), la Sicilia (13%), la Calabria (12%) e la Puglia (9%). La Capitanata è stata la provincia nella quale più del 17% delle famiglie ha percepito il sostegno al reddito per un valore medio a famiglia di €550 per un totale di individui di circa 98 mila.
In altre parole, il numero di individui che ha beneficiato del RDC in provincia di Foggia costituisce il 17% circa dei votanti, se tutti fossero andati a votare e, considerato il livello di astensionismo, i votanti percettori del RDC costituiscono il 30%.
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In termini monetari sono oltre €110 milioni annue le somme destinate al RDC in Capitanata, pari al 1,23% del PIL totale, il 32% pari a €35 milioni è andato a persone che non possono lavorare (invalidi, persone fragili etc), il 46% pari a €51 milioni è andato a persone con un reddito da lavoro inferiore alla soglia di povertà assoluta e il 22% pari a €25 milioni a individui disoccupati e abili al lavoro.
Del 22% dei soggetti idonei al lavoro solo il 3% ha accettato un lavoro, mentre il 15% non è mai stato chiamato per un lavoro e il 4% ha rinunciato poiché le domande di lavoro non corrispondevano ai profili professionali dei beneficiari o perché il lavoro era distante da casa.
La misura ha riguardato soprattutto ultra quarantenni e ultra cinquantenni, molte le famiglie unipersonali (30%).
Non vi è alcun dubbio che la misura a sostegno del reddito sia stata un fallimento totale se l’obiettivo era quello di incrementare l’occupazione soprattutto al Sud e, solo in parte è dovuto all’inefficacia dei Centri per l’Impiego. Il motivo predominante è l’assenza di una domanda di lavoro per l’insufficiente sviluppo economico e la debolezza strutturale della nostra struttura produttiva caratterizzata da imprese mature, poco innovative, di piccola dimensione, molte delle quali illegali e spregiudicate che sfruttano il lavoro sottopagandolo e sfruttandolo togliendo dignità e valore.
I dati e le considerazioni fatte smentiscono in buona parte la narrazione che il RDC ha determinato un’insufficiente offerta di lavoro soprattutto nei settori dell’agricoltura, del turismo, della ristorazione e dei servizi alla persona. Il dato evidente è che questi settori sfruttano il lavoro e il suo valore con salari, spesso in nero, sottopagati e sfruttati. Il dato vero è che il RDC è stata una misura di riduzione della povertà assoluta e relativa e, non un’azione mirata all’incremento dell’occupazione (del tutto inidonea) che non può durare in eterno se non si mettono in campo strategie e politiche pubbliche efficaci per rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo sociale ed economico del nostro territorio.
Abbiamo bisogno di avere una più chiara e credibile direzione di sviluppo che metta al centro la nostra identità e la nostra storia partendo dalle nostre radici e dalle nostre risorse e riserve altrimenti l’aumento ulteriore della povertà potrebbe a breve mettere a rischio la coesione sociale: i presupposti geo politici ed economici ci sono tutti.
Zone Transition
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La disoccupazione dilagante, le disuguaglianze e i livelli di povertà raggiunti sono ormai elementi debilitanti dell’esistenza non più sopportabili. Il lavoro e il suo Valore devono essere posti al centro di un nuovo modello di sviluppo sociale ed economico che abbia come protagonisti la politica, le imprese e la comunità trovando il giusto equilibrio necessario a creare una società funzionante per tutti.