“Sul pomodoro da industria, i prezzi proposti da ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali) non sono adeguati al raggiungimento di un accordo con la parte produttiva”. A dichiararlo è Angelo Miano, presidente di CIA Agricoltori Capitanata. “I responsabili ANICAV”, ha aggiunto Miano, “fanno ricadere la responsabilità del mancato accordo sui produttori, ritenendo che 140 euro a tonnellata per il tondo e 145 per il lungo
siano prezzi medi ampiamente sufficienti a coprire l’aumento dei costi di produzione. Magari avessero ragione, ma così non è”.
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“Ogni singola voce dei costi di produzione del pomodoro da industria ha subito aumenti che vanno dal 10 al 100%. Le piantine hanno registrato un incremento di prezzo del 10%, i fitofarmaci in media segnano un +15% così come le attrezzature tecniche, mentre il costo dei concimi di fondo è raddoppiato, ad eccezione della sola urea. Proporre quei valori da riconoscere ai produttori pensando che essi siano la base per un’intesa non tiene conto della realtà e sottostima di gran lunga i costi di produzione che ricadono sulle aziende agricole”.
“Occorrono almeno 160 euro alla tonnellata per il tondo e 170 euro alla tonnellata per il lungo”, ha dichiarato Miano, “considerando che perfino la Spagna, pur avendo standard qualitativi inferiori a quelli italiani, prevede un pagamento minino del tondo a 150 euro”.
“Per il pomodoro di Puglia, in gran parte prodotto a Foggia”, ha ricordato Nicola Cantatore, direttore provinciale di CIA Agricoltori Capitanata, “abbiamo avviato il percorso che condurrà al riconoscimento della DOP. Non riconoscere la qualità del prodotto e valori remunerativi a chi lo produce è un danno a tutta la filiera, oltre che un controsenso”. Nel 2022, a causa del tardivo raggiungimento di un’intesa, determinato proprio dall’ANICAV, le superfici coltivate a pomodoro subirono un decremento di oltre 2mila ettari, con una decrescita di circa 3 milioni di quintali per il raccolto. “Ai produttori”, torna a ribadire Cia Capitanata, “occorre garantire una base minima di certezze per metterli nelle condizioni di programmare e di trapiantare”.
Nella campagna del pomodoro 2022, l’intesa sul prezzo fu raggiunta solo in luglio. Troppo tardi poiché, in assenza di accordi, moltissime aziende agricole decisero in primavera di non procedere con i trapianti. I numeri, più di ogni altra cosa, dimostrano le conseguenze dell’accordo tardivo: in Capitanata, nel 2022 stati raccolti circa 12 milioni di quintali di prodotto, a fronte dei 14.782.000 del 2021. In decrescita anche le superfici coltivate: l’oro rosso ricoprì 17.140 ettari nel 2021, mentre nel 2022 si è scesi a 15mila (complessivamente, in Italia, 32.500 ettari). Le industrie conserviere l’anno scorso hanno tirato la corda al massimo pur di non riconoscere un valore adeguato da corrispondere ai produttori.
Zone Transition
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“Il calo delle superfici coltivate e, di conseguenza, la minore produttività”, ha aggiunto Miano, “sono state la diretta conseguenza delle politiche attuate dalla parte industriale”. L’accordo fu raggiunto nei primi giorni di luglio, con un’intesa basata su 13 centesimi al chilo per il tondo, 14 centesimi al chilo per il lungo, e una maggiorazione pari al 30% per il biologico. A fine campagna, però, il tondo raggiunse i 16 centesimi e il pelato i 21 centesimi. Un’ulteriore dimostrazione di quanto poco assennate siano state le scelte della parte industriale, arroccata su quotazioni insufficienti anche a coprire i costi di produzione per le aziende agricole, ma poi costretta a subire le conseguenze delle sue stesse azioni con la riduzione delle superfici e la conseguente corsa all’accaparramento che hanno fatto aumentare i prezzi ben oltre le richieste iniziali del mondo agricolo. “Si tornerà ai numeri del 2021 solo e soltanto rompendo il muro creato da egoismi di parte che poi si rivelano autolesionistici, come dimostra il bilancio dell’ultima stagione del pomodoro”.