Al Don Uva “insulti, violenza inaudita e perversioni”

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Ci sono alcuni indagati che spiccano tra gli altri per il loro atteggiamento nei confronti delle vittime, tra questi c’è sicuramente Anna Maria Amodio, infermiera finita in carcere. “La donna – si legge nell’ordinanza – si è posta come una figura di riferimento anche nei confronti degli altri indagati, arrivando a disporre espressamente che i degenti più problematici venissero chiusi a chiave nelle loro stanze di notte”.

Le sue condotte sono definite brutali “ricorrendo a violenze fisiche e verbali del tutto gratuite, dimostrato di avere una rilevante influenza sui pazienti da lei terrorizzati”. In una occasione, avrebbe continuato a colpire una paziente nel suo letto rivolgendole insulti “con inaudita violenza”, tanto che un collega ad un certo punto le dice: “Mo l’ammazzi”, tra le grida di dolore della vittima. In un altro caso ha tenuto la testa di una vittima contro il muro mentre camminava.  Il ruolo di Amodio è stato considerato dai giudici particolarmente attivo nell'infliggere vessazioni ai degenti.

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“In diverse occasioni la donna ha agito in maniera plateale urlando e non curandosi del rumore dei colpi, da lei inferti anche alla presenza di degenti diversi dalle vittime. Deve ritenersi che senz'altro la Amodio sia una di quelli i cui agiti hanno contribuito maggiormente alla creazione di un clima di costante intimidazione ai danni dei degenti”.

Pasquale Andriotta (in carcere) è un Oss che avrebbe tenuto condotte brutali al fine di facilitare i propri compiti ma anche ricorrendo a violenze fisiche e verbali del tutto gratuite; si sarebbe attivamente adoperato per ostacolare le indagini andando alla ricerca delle telecamere nascoste (pur senza modificare i propri agiti aggressivi). “Vattene da qua se no ti infilo il coltello nella gola, storpiata vattene dentro. Vafammok a te e tutte le telecamere”, alcune delle frasi usate con le pazienti. Per gli investigatori “Compiva i suoi doveri relativi alla pulizia delle degenti non autosufficienti con grande incuria, facendosi coadiuvare da altre degenti (dunque da persone non qualificate), utilizzando modi bruschi e omettendo di procedere alla corretta pulizia delle pazienti e, inoltre, mentre effettuava tali manovre ingiuriava, minacciava e denigrava le persone offese”.

E poi le umiliazioni, lui ed un altro operatore deridono una paziente e poi la mortificano: “Chiedi dove sta il fratello, con i soldi che ha preso dalla pensione di lei? A mangiare al ristorante con i soldi tuoi, alla faccia tua, è cornuto tuo fratello? Allora, noi che ti diamo le cose siamo malamente, tuo fratello che va a mangiare al ristorante con i soldi tuoi è buono”. La vittima allora cerca di essere consolata, piangendo abbraccia l’altro Oss ma quest'ultimo con l'aria infastidita la allontana: “Vattene”. C’è poi l’ipotesi di violenza sessuale allorquando strizza il sedere di una paziente simulando il verso di una anatra.

Angelo Bonfitto, Oss finito in carcere, è “uno degli operatori più temuti e influenti nella struttura”. Di lui le degenti hanno paura tanto che cercano di proteggersi da eventuali colpi in arrivo. In una circostanza descritta nell’ordinanza, evento non inquadrato dalla telecamera, si notano le mani dell'Oss che vanno in direzione del collo della paziente. Una sua collega, quasi spaventata implora Bonfitto: ''Angelo, Angelo" quasi a volerlo far desistere. In effetti l’uomo si ferma ma continua a minacciare la vittima. Quando trova pazienti in corridoio, colpisce violentemente una di loro con dei pugni in testa, la vittima scappa nella propria stanza cercando di ripararsi perché ''fa male", dice. Nel frattempo, l’uomo sente un’altra paziente gridare, la raggiunge e afferrandola per i capelli, cercando di alzarla da terra, urla: "oh vattin da qua, via via"; intanto la colpisce ai reni anche con il piede. Chiede poi ai suoi colleghi se potesse legare un’altra paziente; "attacca, attacca, ha rotto il cazzo", la risposta. Lo fa creando una stringa con delle lenzuola.

Antonio Melfi, è un Oss finito in carcere, per via della “brutalità, reiterazione, sistematicità, gravità e imponenza quantitativa delle condotte tenute, ricorrendo a prevaricazioni del tutto gratuite”, anche lui avrebbe esortato i suoi colleghi a fare attenzione alle indagini.

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“Il quadro indiziario a carico dell’uomo evoca scenari agghiaccianti, caratterizzati da elevatissimi livelli di spregio per la personalità individuale dei soggetti sottoposti alla sua cura. Le indagini effettuate consentono di formulare un giudizio di particolare severità nei confronti dell'indagato, il quale ha mostrato una riprovevole assenza di freni inibitori nell'incitare e scatenare le pulsioni sessuali di soggetti incapaci di comprendere il significato e la portata di gesti aventi contenuto erotico. Il tutto, per una bieca e vile perversione personalistica”, dicono gli inquirenti.

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