Le personalità più agghiaccianti dell’orrore del Don Uva

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Tutti i soggetti sottoposti a indagini “hanno consapevolmente contribuito, con le specifiche condotte maltrattanti da loro poste in essere ai danni di singoli degenti, all'instaurazione di un clima di intimidazione tale da fare vivere tutti i degenti del reparto in una condizione di perenne assoggettamento e paura”. E’ così che si esprimono gli inquirenti nell’ordinanza che ha dato esecuzione alle misure cautelari nei confronti degli operatori che, a vario titolo, sono coinvolti nell’inchiesta sull’ex ortofrenico del Don Uva di Foggia.

Gli investigatori ritengono che gli indagati abbiano concorso a imporre alle vittime una condizione di costante intimidazione “costringendoli a subire direttamente le condotte aggressive e ad assistere impotenti alle ingiurie, alle minacce e alle percosse inflitte alle altre degenti o, comunque, a sentirne le urla o il bussare disperato alle porte delle stanze ove le stesse venivano rinchiuse”. Sono in tutto 30 gli indagati (solo Lombardi e Longo accusati di favoreggiamento) e di ciascuno i magistrati tracciano un profilo ben preciso.

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Giuseppe Antonucci, infermiere ai domiciliari, sebbene abbia svolto pochi turni nella zona monitorata (in quanto ha operato principalmente nel reparto maschile), avrebbe comunque tenuto condotte estremamente ciniche ed è stato tra i primi a sospettare delle attività di indagini in corso. Per la Procura “ingiuriava, denigrava, minacciava, molestava sessualmente e percuoteva le degenti. ‘E’ inutile che piangi; ora devi abbuscare uagliò. ‘Mò mi stai rompendo proprio il cazzo eh, vai nel refettorio sennò ti do un cazzotto e ti uccido questa mattina, fai subito, sta’ troia di merda’”.

Aurelio D'Ambrosio, Oss (divieto di dimora e avvicinamento alle vittime) sebbene nel periodo delle intercettazioni abbia svolto pochi turni di servizio presso la zona soggetta alle captazioni, per gli inquirenti avrebbe agito con “meschinità, ricorrendo a violenze verbali del tutto gratuite”, avrebbe peraltro dichiarato che anche nel reparto in cui presta abitualmente servizio è invalsa la prassi di rinchiudere i pazienti problematici nelle stanze. Le indagini avrebbero evidenziato episodi di ingiurie, minacce, molestie sessuali e inerzia dinanzi agli altrui agiti maltrattanti.

Antonio D'Angelo, Oss ai domiciliari, è accusato di maltrattamenti e di sequestro di persona. Avrebbe tenuto condotte “disumane” e si sarebbe adoperato per ostacolare le indagini. “E’ considerato responsabile di plurimi, molteplici e reiterati episodi di vessazioni, minacce, ingiurie, percosse e spesso ha, anche in concorso con altri indagati, offeso la dignità delle degenti in maniera gratuita, dimostrando una spiccata crudeltà”. ‘Sta inzivosa, fai schifo’. ‘Mo' se non la finisce sta mongoloide; a quella la stubbidim (alludendo verosimilmente ad una indebita somministrazione di farmaci per sedarla)’, alcune delle frasi captate. Viene raccontato un episodio: cerca di far sedere sulla sedia una paziente minacciandola di buttare il suo inseparabile peluche nell'immondizia.

Francesca D'Angelo, Oss (divieto di dimora e di avvicinamento alle vittime) avrebbe manifestato “aggressività per costringere le degenti a conformarsi al suo volere”, si sarebbe poi contenuta una volta maturato il sospetto circa le indagini. “In diversi episodi ha minacciato e ingiuriato le degenti e, in alcuni casi, si ritiene che le abbia anche percosse al di fuori del campo visivo delle telecamere. Inoltre, ha partecipato attivamente ad alcuni maltrattamenti posti in essere dai colleghi o, comunque, non ha fatto nulla per ostacolarli così contribuendo alla creazione del clima di intimidazione costante imposto alle persone offese”. “Oh mo' ti devi prendere (si avverte un rumore simile ad uno schiaffo) le bottiglie in testa, vaffanculo!”.

Vittorino De Santis (divieto di dimora presso la struttura sanitaria e di avvicinamento alle persone offese), Oss, avrebbe mostrato aggressività anche nelle poche occasioni in cui è stato coinvolto dalle intercettazioni, essendo normalmente in servizio nel reparto maschile. “E’ stato presente solo in un turno nel reparto femminile ma è stato osservato mettere in atto condotte di particolare gravità percuotendo e poi minacciando un paziente e assistendo ai maltrattamenti posti in essere dagli altri operatori senza intervenire”, quindi “pur a conoscenza delle prassi vessatorie invalse nel reparto femminile, ha consapevolmente contribuito alla creazione di un clima di intimidazione ai danni delle degenti”.

L’Oss Damiano Difeo (divieto di dimora e avvicinamento alle vittime) viene descritto dai giudici come aggressivo e si sarebbe adoperato per ostacolare le indagini. “Gli elementi disponibili dimostrano che egli abbia partecipato consapevolmente alla creazione di un clima vessatorio nel reparto: ‘A te qualche giorno ti devo schiaffare un dito in culo. A te e alla dottoressa, mi dovete fare un pompino’”.

Gianmarco Pio Gaeta è un infermiere (divieto di dimora e di avvicinamento alle vittime) che avrebbe ripetutamente violato lo statuto regolante i doveri professionali attinenti allo svolgimento della mansione, manifestando in molteplici occasioni particolare distacco dall'adempimento dei compiti a lui istituzionalmente affidati. "Ti sparo in bocca", è una minaccia gratuita per il semplice fatto che la paziente aveva bisbigliato qualcosa di incomprensibile. Allarmante il comportamento tenuto dall'operatore sanitario in questione quando ha consentito - in alcuni casi - un utilizzo promiscuo degli stessi bicchieri d'acqua per deglutire i farmaci, nonostante la presenza di casi Covid nel plesso”.

Savino Giampietro, Oss ai domiciliari, pur in servizio quasi esclusivamente nel reparto maschile avrebbe dimostrato comunque aggressività nel corso dei brevi passaggi nel reparto monitorato, persino i colleghi “lo ritengono pericoloso” per i suoi passati e presenti procedimenti penali. “Ha mostrato inclinazione a delinquere dirigendo il gruppo che ha tentato di ostacolare le indagini rinvenendo le telecamere”. “Era ben consapevole dei maltrattamenti subiti dalle persone offese – riferiscono gli inquirenti -, in quanto i suoi colleghi gli avevano raccontato di aver celato lesioni provocate per negligenza, di aver privato della libertà personale delle degenti chiudendole nelle stanze e delle prassi seguite per percuotere le degenti con il ‘cuppino’”.

Martina Pia Longo, Oss somministrata da Etjca, ai domiciliari, avrebbe tenuto condotte “brutali […] ricorrendo a violenze fisiche e verbali del anche tutto gratuite” e mostrato “compiacimento nell'umiliare senza motivo le anziane degenti”. In una intercettazione afferma che è necessario adottare un atteggiamento aggressivo per essere persuasivi: “Devi per forza fare l'animale e minacciare”. Parlando con una paziente nuda le dice di indossare un vestito e “con fare meschino, mette il piede sinistro sull'indumento e lo trascina strofinandolo per terra verso la vittima all'evidente fine di umiliarla”.

Antonio Macajone è un addetto alle pulizie sottoposto a divieto di dimora e avvicinamento alle vittime, l’unico non sanitario tra gli indagati che ha comunque, per la Procura, manifestato meschinità nelle sue condotte ricorrendo a violenze fisiche e verbali mostrando una grande familiarità con gli altri indagati (anche i più violenti), anche lui avrebbe perpetrato ingiurie, minacce, umiliazioni e percosse: “Ti devo schiattare la testa, a botte di pingone (pene, ndr)”. Le molestie nei confronti di alcune vengono definite nell’ordinanza “invasive e squallide”.

Ciro Mucciarone, infermiere ai domiciliari, ha mostrato la sua aggressività anche nei pochi episodi in cui è stato presente nel reparto monitorato, prestando servizio nel plesso maschile.  “Ha rivolto gravi minacce alle degenti e ha tenuto nei loro confronti un atteggiamento degradante che, a differenza di altri operatori, non è stato tenuto mai per scopi canzonatori ma è sempre stato connotato da vero e proprio disprezzo e da marcata aggressività: "Oh dove vai tu? Entra dentro la stalla (stanza, ndr), kitemurt. Ancora vengo là e ti spezzo le dita dei piedi a botte di cuppino".

Antonio Pio Pagliuso, Oss (divieto di dimora e avvicinamento alle vittime) risulta presente nel reparto monitorato solo poche volte perché in servizio nel reparto maschile ma avrebbe comunque tenuto condotte verbalmente e fisicamente violente nei confronti delle degenti.

In carcere Michele Partipilo, infermiere accusato di maltrattamenti e sequestro di persona pluriaggravate, Avrebbe tenuto comportamenti anche fisicamente aggressivi in diverse occasioni, in alcuni casi senza alcun motivo apparente.

Anna Antonietta Perrella, Oss somministrata da Etjca (divieto di dimora e avvicinamento), avrebbe tenuto in prima persona condotte brutali o le avrebbe sollecitate godendo di un certo ascendente sulle degenti, come dimostra l'episodio in cui avrebbe convinto una paziente a presidiare la sala mensa tenendovi rinchiuse altre donne. Avrebbe peraltro mostrato “incuria nel prendersi cura delle degenti non autosufficienti e partecipava attivamente o tramite le sue antidoverose omissioni a episodi di minacce e di violenza fisica”.

Salvatore Ricucci, Oss finito ai domiciliari, sarebbe ricorso a ingiurie e denigrazioni del tutto gratuite, in più si sarebbe adoperato per ostacolare le indagini. Ecco cosa vedono i Carabinieri tramite le videocamere nascoste: lui e un suo collega che afferrano una paziente per le braccia e “insieme la trascinano lungo il pavimento sino all'ingresso delle stanze di degenza. Durante tale evento la donna si lamenta: ‘no no no no’”. Non già portata in camera ma abbandonata nel disimpegno.

Ai domiciliari anche Aldo Rosiello, Oss accusato di maltrattamenti e sequestro di persona pluriaggravato. Su di lui sono stati captati episodi di minacce, ingiurie e finanche percosse. Registrate anche alcune intercettazioni che testimonierebbero la negligenza nel prendersi cura delle pazienti non autosufficienti e le molestie sessuali proferite per il proprio intrattenimento. In una circostanza, una paziente ha provato più volte ad avvicinarsi all’Oss il quale l’ha allontanata usando un piede, all’altezza del bacino, per spingerla via. E poi lo scherno: “Io me ne devo andare, sei tu che rimani qua perché sei pazza”. O ancora: “Mentre transita nell'area di ritrovo con in mano un flacone spray, contenente verosimilmente un detergente per superfici, spruzza il prodotto sul viso di una paziente lì seduta che reagisce alla nebulizzazione alzando le braccia”.

Nicola Scopece, infermiere, è finito in carcere in quanto ritenuto aduso a minacciare, ingiuriare e percuotere le pazienti per motivi futili e, a volte, solo per crudeltà; lo stesso, inoltre, in molteplici occasioni avrebbe denigrato ripetutamente le degenti canzonandole; in più “mostrava disprezzo e incuria nel prendersi cura delle persone non autosufficienti a lui affidate e assisteva impassibile alle violenze verbali e fisiche poste in essere dai suoi colleghi”. Dopo aver sentito le grida di una donna lui e altri “afferrano le caviglie della paziente – relazionano gli inquirenti - e la trascinano per diversi metri lungo il corridoio sino a svoltare all'interno di una stanza, un altro Oss li segue brandendo un lenzuolo tra le mani. Una volta entrati in camera, si sentono solo le urla strazianti della paziente che durano per alcuni minuti. Al termine si vedono uscire in un primo momento i due Oss e poco dopo anche Scopece, nessuno con il lenzuolo che era stato portato, mentre la paziente resta all'interno”.

Nicola Antonio Tertibolese, Oss, è finito in carcere perché considerato uno dei principali autori dei maltrattamenti “resosi responsabile di molteplici episodi di percosse ai danni delle degenti e di atti di disprezzo della loro dignità di esseri umani, che possono essere spiegati solo nel contesto di una personalità incline alla prevaricazione e al degrado etico”. “cammina (schiaffi); cammina; (schiaffo)”, si sente dire all’uomo mentre la sua vittima piange, chiede aiuto e di non essere picchiata. “Che me ne frega a me (schiaffo), vaffanculo a mammt, mo' ti devo attaccare (legare)”, insiste l’operatore. Lo stesso racconta, con altri, anche episodi accaduti negli anni addietro nell'ex ortofrenico: “I malati qua li trattavano... ci menavamo (mettevamo ndr) il cappuccio e le taccarate, li menavamo e non si muovevano di poco, li squagliavamo”. Fornisce anche indicazioni dettagliate su come utilizzare il mestolo indicando su quale zona della persona colpire senza arrecarle danno visibile.

Rosanna Varanelli è una Oss finita ai domiciliari perché “oltre a rendersi responsabile degli episodi di sequestro di persona, in diverse occasioni ingiuriava e minacciava le degenti e giungeva anche a usare la violenza fisica quando ciò appariva funzionale a semplificare il suo lavoro; la stessa, inoltre, in molteplici occasioni assisteva alle condotte aggressive poste in essere dagli altri indagati senza mai ostacolarle in alcun modo”. 

Rosa Cocomazzi, infermiera (divieto di dimora e avvicinamento alle vittime), risponde all’accusa di maltrattamenti perché avrebbe concorso alla creazione del clima di intimidazione realizzato nel reparto monitorato, in cui la stessa avrebbe minacciato e ingiuriato le degenti, assistendo impassibilmente a maltrattamenti realizzati anche tramite percosse in danno delle persone di cui avrebbe dovuto assicurare il benessere.

Lorella Lo Conte, Oss (divieto di dimora e avvicinamento alle vittime), è indagata per i delitti di maltrattamenti e sequestro di persona pluriaggravato. La donna è stata presente solo in un turno lavorativo nel reparto femminile eppure gli inquirenti avrebbero appurato come la stessa sia incline alla violenza verbale nei confronti delle degenti. In più la donna avrebbe concorso alla creazione del clima vessatorio all'interno del reparto. Innumerevoli le intercettazioni a suo carico nell'unico turno monitorato: nell'arco di poche ore, avrebbe minacciato e percosso le degenti, anche in concorso con altri operatori.

Alessandra Anna Sanna e Assunta Santarsiero, educatrici professionali (divieto di dimora e avvicinamento), pur essendo fugaci le loro apparizioni avrebbero mostrato di essere inclini alla violenza e “pienamente consapevoli dei maltrattamenti imposti alle donne di cui avrebbero dovuto prendersi cura”. La seconda è protagonista di un’unica intercettazione: “Mo' ti faccio vedere, come ti faccio chiudere quella bocca per sempre (ad una donna che gridava, ndr)!; Oh (schiaffo) hai capito che (pianto della paziente per il colpo ricevuto) non senti? Sei sorda? Te ne dà un altro se non stai zitta! E vediamo se capisci”.

Zone Transition

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Luigi Surgo, infermiere (divieto di dimora e avvicinamento alle vittime), avrebbe fatto minacce e ingiurie gratuite alle pazienti. Le captazioni farebbero desumere “come abbia in più occasioni assistito senza intervenire in alcun modo ai maltrattamenti posti in essere da parte degli altri indagati e, anzi, abbia in molteplici occasioni minacciato e ingiuriato in prima persona le persone offese anche senza alcun motivo particolare”.

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