Non fu diffamazione la pubblicazione, su vari organi di stampa tra cui l’Attacco, delle intercettazioni relative all’ex consigliera comunale di Foggia Liliana Iadarola e contenute in “fonti qualificati” quali un procedimento giudiaziario e la relazione di scioglimento del consiglio comunale. E’ il motivo per cui la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia Francesca Mannini ha rigettato l’opposizione presentata da Iadarola e disposto l’archiviazione del procedimento penale avviato per diffamazione nei confronti della giornalista de l’Attacco e di altre quattro persone (La Repubblica, La Gazzetta del Mezzogiorno e l’Immediato) per articoli pubblicati tra marzo e maggio 2021. Risale già ad aprile 2022 la richiesta di archiviazione da parte del pm ma a giugno di quell’anno l’ex eletta presentò opposizione in qualità di persona offesa. Il 3 novembre 2023 le parti furono sentite in udienza camerale, poi l’attesa per lo scioglimento della riserva da parte della giudice, la quale non ha avuto dubbi rispetto alla portata degli articoli contenenti stralci di conversazioni intercettate tra Iadarola e il suo compagno di allora, Fabio Delli Carri, emerse nell’ambito del procedimento penale a carico dell’uomo. Gli articoli trassero spunto anche dal procedimento avviato dalla Prefettura per lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, circostanza poi avvenuta il 6 agosto 2021.
Si tratta dell’ormai famoso caso del dialogo sul sistema di videosorveglianza in città, che nel 2021 divenne episodio centrale all’interno della relazione sulle infiltrazioni mafiose negli organi di governo. “Analizzando il contenuto degli articoli incriminati e le fonti dalle quali provengono le notizie lì riportate, è possibile ritenere che i giornalisti abbiano riprodotto in maniera fedele le parti degli atti giudiziari utilizzati per redigere i pezzi di cronaca. Quanto appena detto è sufficiente per affermare l’irrilevanza, sul piano penale, della condotta dei professionisti”, scrive la gip nell’ordinanza di archiviazione, datata 19 marzo scorso. “Nel caso di specie, i cronisti infatti non hanno divulgato un fatto diverso nella sua struttura essenziale, né alterato in senso diffamatorio, rispetto a quello ricavabile dagli atti del procedimento”.
Carousel Banner 1
Carousel Banner 1
Carousel Banner 2
Carousel Banner 2
Importante il principio sottolineato dalla giudice: “In particolare, l’assenza di un dovere del cronista di verificare la fondatezza del fatto qualora la notizia sia fedelmente estrapolata da una fonte cosiddetta qualificata come gli atti giudiziari rende irrilevante la richiesta di trascrizione integrale dell’intercettazione ambientale della conversazione intercorsa il 10 febbraio 2020 tra Delli Carri e Iadarola. In conclusione, in difetto di emergenze investigative di diverso tenore e tenuto conto degli elementi illustrati – che di fatto escludono la possibilità di affermare la penale responsabilità degli indagati in ordine al reato oggetto di contestazione – l’opposizione presentata da Liliana Iadarola deve essere rigettata, con conseguente archiviazione del procedimento penale”.
“Il principio di diritto espresso dal GIP è costante nella giurisprudenza e rende manifesta l’idea che querele di questo tipo siano del tutto proditorie e inevitabilmente destinate all’archiviazione”, commenta l’avvocato de l’Attacco, il noto penalista foggiano Michele Vaira, ex presidente nazionale di AIGA (associazione italiana dei giovani avvocati). “Se c’è un atto giudiziario o amministrativo - ad esempio ordinanze cautelari, decreti di scioglimento dei Comuni, relazioni semestrali della DIA - che contiene delle pesanti accuse nei confronti di qualcuno, soprattutto quando riveste una carica pubblica, l’esistenza stessa dell’atto e il suo contenuto sono una notizia, che il giornalista ha il diritto, ma anche il dovere, di pubblicare. Il giornalista non ha l’obbligo di investigare la fondatezza di ciò che è scritto in un atto di tale genere”, continua Vaira.
Zone Transition
Zone Transition
“Naturalmente, gli interessati hanno tutto il diritto di chiedere al giornalista di pubblicare il proprio punto di vista, anche critico, rispetto al contenuto di questi atti. Può capitare - e il caso dell’ex sindaco di Trinitapoli Losapio ne è un esempio - che il decreto di scioglimento contenga un’affermazione non vera, e pertanto diffamatoria, ma il giornalista non può, e quindi non deve, né giudicarne il contenuto né effettuare una autonoma istruttoria”, quando gli atti provengano da fonti qualificate. Se qualcuno si sente diffamato, ben può agire penalmente o civilmente nei confronti degli estensori di questi provvedimenti - come nel caso di Losapio, che ha ottenuto la rettifica del decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana -, e non certo nei confronti di chi, in totale buona fede, svolge il suo lavoro di rendere pubbliche le informazioni di pubblico interesse”, conclude l’avvocato Michele Vaira.