Finora era stato il coordinatore nazionale dell’associazione Giù le mani dai Sindaci, da domenica scorsa Angelo Riccardi è invece stato investito del ruolo di presidente della rete di ex primi cittadini che si stanno impegnando per promuovere la rimodulazione della normativa sullo scioglimento delle amministrazioni locali per presunte infiltrazioni mafiose, che è attualmente disciplinato negli articoli dal 143 al 146 del Testo Unico degli Enti Locali. Riunitisi a Reggio Calabria, tutti gli ex Sindaci che hanno aderito all’associazione si sono incontrati per l’assemblea costituente associativa. “Da più parti dicono ormai apertamente, non solo esponenti del panorama politico ma anche giuristi, che questa norma non ha sortito gli effetti sperati e quindi andrebbe rivisitata”, è il commento a l’Attacco dell’ex Sindaco di Manfredonia dal 2010 al 2019.
L’associazione - a cui hanno aderito oltre 50 amministratori locali - si è costituita con lo scopo di sensibilizzare le massime istituzioni europee, nazionali e locali al riguardo “dell’inefficacia e delle criticità prodotti dall’applicazione di una normativa i cui effetti distorti, da oltre un decennio, sono stati denunciati unanimemente a tutti i livelli (politici, giudiziari ed istituzionali)”. Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Osservatorio Parlamentare, dall’1° gennaio 2022 al 30 settembre 2023 sono stati 18 gli enti locali sciolti per mafia in tutto il territorio nazionale. La risultante media è di uno scioglimento al mese. Un dato inquietante che conferma la tendenza degli ultimi trentadue anni. Infatti, dal 1991 al 30 settembre 2023, sono stati 383 i decreti di scioglimento in ben 11 regioni, di cui sei collocate nell’area centro settentrionale del Paese. Più nel dettaglio, 76 Amministrazioni hanno subito più di uno scioglimento: 56 enti sono stati sciolti due volte, 19 tre volte e un Comune addirittura 4 volte.
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“Una situazione preoccupante – è stato il giudizio espresso dall’ex Presidente del Senato, Pietro Grasso -, che denota la insostituibilità del vigente strumento di contrasto alle infiltrazioni mafiose, ma anche la necessità di una organica riforma della materia”. Dal dossier è anche emerso che l’attacco delle mafie si concentra di più sui piccoli comuni. In base ai dati demografici forniti dall’ISTAT, raccolti al momento dell’emanazione del decreto, risulta che il 72% dei Comuni sciolti per mafia dal 1991 aveva una popolazione residente inferiore ai 20mila abitanti, il 52% inferiore ai 10mila abitanti. Solo l’8.5% aveva una popolazione residente superiore ai 50mila abitanti al momento dello scioglimento. Una proporzione che si conferma anche al Centro-Nord, dove l’83% della presenza mafiosa è nei Comuni con meno di 50mila abitanti.
Le ragioni sarebbero diverse: i comuni più piccoli garantiscono ai clan vantaggi in termini di controllo del territorio e della società civile; c’è meno presenza di forze di polizia, inoltre i territori più piccoli sono meno esposti mediaticamente e questo giova agli affari dei clan, infine è più facile far pesare la forza economica criminale sull’imprenditoria locale e sulle piccole amministrazioni. Lo scioglimento delle Amministrazioni comunali “liberamente elette sospende la democrazia, offende intere comunità, produce condizioni di disagio sociale generando disordine ed inefficienza amministrativa”, la critica espressa da Giù le mani dai Sindaci. “Condizioni, queste, che, da un lato scoraggiano i cittadini onesti ed animati da spirito di servizio ad assumere incarichi di governo degli enti locali e, dall’altro – l’allarme -, non fanno che accrescere il potere della mafia in termini di consenso sociale”.
L’impegno di Giù le mani dai Sindaci è volto ad ottenere “una riforma dell’attuale impianto normativo, al fine di ricondurlo nell’alveo dei fondamentali principi costituzionali e, nel contempo, renderlo efficace in tema di contrasto alla criminalità organizzata e alle infiltrazioni mafiose nella Pubblica Amministrazione”. “Noi abbiamo questo obiettivo – riprende il neoeletto presidente Riccardi - perché, così com’è, la normativa è troppo discrezionale e rimessa alle decisioni di pochi”. Date le esperienze fatte direttamente, la rete di Giù le mani dai Sindaci biasima “l’assenza di un contraddittorio tra le parti”. “Rappresenta una forte delegittimazione della classe politica – continua Riccardi -, e non rimuove le responsabilità di chi svolge funzioni di gestione degli enti locali, come nel caso dei dirigenti che, paradossalmente, restano tutti ai loro posti”.
Infine, “produce effetti devastanti sia sul piano sociale che su quello economico, visto che questi provvedimenti di scioglimento desertificano le aree interessate perché le loro comunità vengono classificate come mafiose e ciò produce sconcerto e perplessità in chi eventualmente vorrebbe investire in questi territori”.
Zone Transition
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Oltre al presidente Riccardi, l’assemblea ha eletto gli altri membri del Direttivo. Tra loro, una donna: è la vicepresidente Anna Romina Muraca (Petronà). L’altro vicepresidente è Demetrio Arena (Reggio Calabria). I componenti del Consiglio Direttivo sono: Salvo Astuti (Palagonia), Giovanni Barbagallo (Tre Castagni), Francesco Bruzzaniti (Africo), Federico Curatola (Bagaladi), Antonio Di Iasio (Monte Sant’Angelo) e Marcello Manna (Rende). “Non siamo in contrapposizione con nessuno, piuttosto ci riferiamo al problema di merito di una norma che, secondo noi, è anticostituzionale e va cambiata”, conclude perentoriamente Riccardi.