Proseguono le indagini da parte della procura di Foggia per ricostruire cosa sia accaduto la sera del 29 agosto scorso sulla strada provinciale 5 tra Lucera e Pietramontecorvino, dove hanno perso la vita Amelia Capobianco di 23 anni e Luigia Boccamazzo di 35. Le due amiche viaggiavano a bordo di una bici elettrica che è stata travolta da una Bmw arrivata alle loro spalle.
La prima è morta sul colpo, la seconda è deceduta dopo 36 ore al Policlinico Riuniti di Foggia dove era arrivata in condizioni gravissime, trasportata da un elicottero del 118 giunto sul luogo della tragedia, ma è spirata a seguito dei vasti e profondi traumi riportati nell’impatto.
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A guidare l’auto era Gianfelice Casiere, 23enne imprenditore del settore zootecnico la cui azienda sorge a poca distanza dall’accaduto, cioè nei pressi nell’incrocio con le strade che portano alla zona Asi dove operano diverse imprese e un hotel di grandi dimensioni. Il giovane è accusato di duplice omicidio stradale, ma non ha mai subito alcun provvedimento restrittivo o sanzionatorio, tranne il sequestro del proprio telefonino e successivamente del computer portatile, dispositivi su cui il pubblico ministero Oriana Tantimonaco conta di trovare risposte più concrete in relazione al suo comportamento alla guida dell’auto e quindi accertare eventuali responsabilità.
Per ricostruire la vera e propria dinamica ha incaricato il consulente tecnico Francesco Paolo Clarì, mentre per la specifica attività di recupero dei dati digitali, il lavoro è stato già svolto e terminato da parte dell’ingegnere informatico Davide Carnevale, sempre di Bari.
Il professionista ha consegnato la sua relazione che in realtà ha riguardato due attività distinte e consecutive, perché prima incentrate sul telefonino dal quale sarebbero emersi elementi tali da approfondire anche sul computer in uso a Casiere. Secondo quanto riferito dal tecnico, risultano delle conversazioni sulla chat di Whatsapp effettuate con la tastiera proprio nei minuti in cui sarebbe avvenuta la tragedia, presumibilmente a cavallo delle 21 di quella sera. L’indagato risulta che abbia dialogato su argomenti di gaming con un’altra persona dalle 20.59 alle 21.03 e 50 secondi, ma il perito ha trovato sul telefono anche una foto che lasciava presagire una sua attività di collegamento a distanza con un computer gestito in remoto tramite un apposito programma. E quindi ha chiesto e ottenuto il sequestro del portatile, avvenuto il 17 ottobre, dal quale è emersa una connessione alle 21.04. Questo preciso orario promette di essere uno degli elementi più importanti nella discussione giudiziaria tra le parti, perché è lo stesso ipotizzato dalla famiglia di Amelia Capobianco. Ai parenti, infatti, il giorno dopo la tragedia, era stato riconsegnato l’orologio della giovane, rinvenuto rotto sull’asfalto della Provinciale ma con le lancette fissate proprio a quell’ora.
“In un primo momento non avevamo fatto caso al particolare – ha riferito l’avvocato della madre e della sorella, Marco Intiso – ma poi ci siamo accorti che poteva fare la differenza, e infatti ho chiesto al perito di fare uno specifico approfondimento su quell’orario indicato. E le cose sono sostanzialmente coincise, fermo restando che lo stesso tecnico ha dato atto che io non potevo sapere a quali minuti era riferita l’attività informatica dell’indagato, perché ancora coperti da segreto”.
Il difensore ritiene che questa circostanza possa costituire una svolta nelle indagini, anche più importante rispetto alla ricostruzione della dinamica, per la quale resta comunque dibattuta la presenza delle luci accese sulla bici.
“Anche su questo dimostreremo ulteriormente la regolarità del comportamento di entrambe – ha aggiunto Intiso – perché il mezzo era nuovissimo e perfettamente funzionante in tutte le sue componenti, comprese le luci che sono state successivamente smontate e testate, senza far emergere anomalie, per cui non si capisce come sia possibile che i primi rilievi dei carabinieri facciano riferimento alla presumibile assenza di luci accese, visto che non esistono riscontri in merito”.
A queste dichiarazioni si aggiungono quelle del legale della famiglia Boccamazzo, l’altra persona offesa di questa vicenda e proprietaria della bicicletta: “Quello che emerge dalla perizia è un fatto gravissimo – ha commentato l’avvocato Simona Dell’Osso – che ha ulteriormente indignato i parenti di Luigia, perché significa che questa tragedia si sarebbe potuta realmente evitare, ricorrendo a maggiore attenzione. Del resto, le stesse risultanze delle conversazioni tre le due amiche confermano ancora di più che la bici era perfettamente integra e funzionante”.
Zone Transition
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Le reazioni della difesa, rappresentata dall’avvocato Giacomo Grasso, sono di valutazione sostanzialmente opposta: “Quelle riportate nella perizia – ha commentato – sono argomentazioni agevolmente confutabili, perfino contraddittorie in alcuni passaggi, e tutto questo sarà confermato nell’imminente giudizio, durante il quale riusciremo a fornire la spiegazione accurata dei fatti".