“Quella maledetta mezz’ora di intercettazioni che mi ha rovinato la vita”, lo sfogo dell’ex dipendente don Uva

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“Quella maledetta mezz’ora ha distrutto la mia vita; 30 minuti di intercettazioni hanno segnato per sempre il mio equilibrio, la mia salute, il mio lavoro e quindi la mia sussistenza e la possibilità di vivere in pace in società”. A parlare a l’Attacco è Mario (nome di fantasia a tutela della sua privacy), ormai ex dipendente di Universo Salute, coinvolto nella vicenda dei presunti maltrattamenti nei confronti delle pazienti del reparto ex ortofrenico del Don Uva di Foggia. La vicenda è nota: a gennaio del 2023 esplose il caso mediatico che ebbe rilievo su scala nazionale, al momento si è ancora nella fase delle indagini, di cui si aspetta la conclusione a breve. Solo a quel punto si saprà per chi il pm chiederà il rinvio a giudizio e quali e quanti indagati eventualmente dovranno affrontare il processo. Mario è tra quelli con una delle posizioni meno gravi tra le decine di indagati attenzionati dalla Procura che in tutto originariamente erano 33 tra infermieri, Oss, educatori e responsabili del reparto ma che sarebbero saliti almeno a 49, secondo quanto riportato dalla determina del dipartimento salute della Regione Puglia con cui ad agosto 2023 venne confermata l’autorizzazione all’esercizio della struttura sociosanitaria.

Eppure, nonostante le ipotesi di reato a suo carico non parlino di violenze perpetrate a danno delle pazienti, la gogna mediatica piombata indiscriminatamente addosso a tutti, senza distinzione di responsabilità oggettive, ha di fatto messo in ginocchio una persona (al momento) innocente, che resta tale fino a sentenza definitiva, se non altro secondo i principi costituzionali che regolano l’ordinamento italiano e secondo quello che lo stesso Mario professa sin dall’inizio. “Il mio legale ed io siamo fiduciosi nell’operato della magistratura che saprà fare piena luce su quello che per me si è trasformato in un vero incubo ad occhi aperti. Siamo talmente tanto convinti di poter dimostrare la mia assoluta estraneità a quei fatti tremendi che mai, nemmeno per un secondo, abbiamo pensato di patteggiare per ottenere un qualche vantaggio o abbreviazione dei tempi. Io so quello che ho fatto e soprattutto quello che non ho fatto, se poi altri colleghi hanno agito diversamente è giusto che paghino per le proprie responsabilità”, ha evidenziato Mario.

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Ma in attesa che tutto venga chiarito l’uomo vive in una sorta di limbo che sta minando seriamente la sua salute psicofisica. “Quella maledetta mezz’ora mi ha distrutto – ha rievocato Mario -, mezz’ora di intercettazione che è agli atti come prova di uno degli episodi di violenza. Peccato che io non c’entri assolutamente niente, materialmente ero solo presente in quel momento e in quel luogo mentre altri intervenivano su una paziente. Ci sarebbe tra l’altro molto da dire sull’episodio in questione, si può dire che sia violenza cercare di pulire una malata sporca dalla testa ai piedi dei suoi bisogni che opponeva resistenza? Ma il punto è che per quanto mi riguarda quella persona non l’ho neppure toccata, come dimostrano anche i video. Eppure io sono stato messo alla berlina con tutte le conseguenze del caso. La prima cosa che è stata seriamente compromessa è stata la mia salute: non dormo più nonostante assuma tranquillanti anche molto pesanti, si sono esacerbate tutte le patologie di cui già soffrivo, mi è stato riscontrato dai medici uno stato ansioso depressivo post traumatico. Mi è comparsa un’orticaria autoimmune cronica. Anche quando riesco ad addormentarmi all'improvviso mi spavento nel sonno perché rivivo la scena dei carabinieri che arrivano a casa, ho sempre l'ansia e il timore che tornino, non a caso per mesi ho dormito con la porta aperta per la paura di non sentire qualcuno che bussasse alla porta. E’ un vero inferno per me e non ne vedo l’uscita al momento”.

Non solo la salute di Mario è in crisi ma anche le sue condizioni socioeconomiche: “E’ praticamente impossibile per me trovare un lavoro, di qualunque genere, non solo in ambito sanitario. Faccio colloqui, domande, sembra che sia ad un passo dall’essere assunto ed invece il datore di lavoro si informa, trova il mio nome tra quelli coinvolti nell’inchiesta e sparisce. E pensare che fino a qualche mese fa ero uno stimatissimo professionista, mi sono preso cura di tante persone, tutti erano entusiasti del mio lavoro e oggi sono stato messo ai margini della società. Non ho diritto nemmeno agli ammortizzatori sociali, avendo prodotto reddito l’altr’anno, sono allo stremo, non so come sopravvivere, per fortuna ho qualcuno che mi da una mano ma quanto posso andare avanti così? Ai margini della società significa anche non avere più una vita sociale. Resto chiuso in casa, senza vedere o sentire nessuno. Non sono riuscito nemmeno a celebrare i riti della settimana santa che per un cattolico come me sono importanti. Non ce l’ho fatta, sono uscito con la voglia di pregare ma sentivo di avere tutti gli occhi addosso, mi sentivo a disagio, inopportuno. Dopo 5 minuti sono tornato a casa piangendo. La mia vita oramai è rovinata, distrutta. E per cosa? Questo è quello che vorrei sapere dagli organi competenti. La mia sofferenza non è certo provocata dal rimorso ma dalla consapevolezza di non aver fatto nulla”.

Se non fosse per le tragiche conseguenze dell’intera vicenda Mario potrebbe parlare di beffa del fato, addirittura. “Io lavoravo normalmente in un altro reparto, non nell’ortofrenico femminile – ha raccontato – ma vista la mia disponibilità, la mia presenza e la fiducia che i responsabili hanno sempre riposto in me, tanto da non aver mai avuto note di demerito o sanzioni disciplinari, mi era stato chiesto di fare qualche turno nell’altro reparto, per sopperire alla carenza di personale. In tutto ci sono stato 5 giorni, uno dei quali è quello della maledetta mezz’ora.  Un puro caso. Quello che mi viene contestato è che io avrei visto e non denunciato ai responsabili l’accaduto, non che io abbia commesso violenze. Ma a chi avrei potuto denunciare, ammesso che io abbia assistito ad atti violenti, se non conoscevo nessuno in un reparto non mio? E’ un dilemma che mi fa arrovellare il cervello. E’ insopportabile per me sentirmi quelle accuse addosso, perché anche in quel breve lasso di tempo mi sono preso cura di quelle donne con dedizione e affetto, portavo da casa mia dolcetti e regalini per loro, le chiamavamo le nostre ‘creature’, bambine, perché sono bambine in corpi di adulte. Le stesse linee guida aziendali ci richiedevano un certo atteggiamento, dovevamo essere accomodanti nei loro confronti, parlarci, rispondere, scherzarci. Fermo restando che io denuncio se vedo un maltrattamento, ci mancherebbe. Nessuno però dice che anche noi sanitari siamo spesso oggetto di aggressioni da parte di pazienti particolarmente instabili, eppure continuiamo a fare il nostro dovere”.

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In attesa che la fase delle indagini si chiuda si sta già pronunciando il giudice del lavoro, che sta rigettando tutti i ricorsi, fin qui trattati, contro il licenziamento operato da Universo Salute nei confronti dei 30 originari indagati (i tre responsabili del reparto invece sono ancora regolarmente in servizio). “Un ulteriore colpo – il commento di Mario -, alla luce del fatto che anche quella sentenza certifica che io non sono coinvolto nei maltrattamenti, mi si contesta il fatto di non aver denunciato ai superiori, come detto. Con il mio avvocato stiamo facendo le nostre opportune valutazioni ma non riusciamo a capire come i giudici del lavoro possano decidere del nostro destino quando sotto il profilo penale non è stata ancora accertata alcuna responsabilità, non si sono chiuse nemmeno le indagini. Spero solo che questo incubo finisca presto e che possa ritrovare almeno un po’ della tranquillità perduta”.

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