Violenze e intimidazioni a non finire: da indagine viene a galla un modo di agire che diventa sistema

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Tre filoni d’indagine che a volte si intersecano (“probatoriamente collegati”) e che hanno lo stesso comune denominatore: raggiungere obiettivi illeciti attraverso la forza, la violenza, l’intimidazione. E’ quello che emerge dalle circa 200 pagine dell’ordinanza che ha colpito diversi apparati istituzionali di Manfredonia. Uno spaccato, un affresco, un’inchiesta che riguarda fatti trattati (quasi sempre in solitudine) da l’Attacco negli scorsi anni e che arriva a pochi mesi dalle elezioni comunali di giugno. Un ulteriore elemento che potrebbe preoccupare esponenti politici e non rispetto alla partecipazione alle liste. 

Già il nome dell’inchiesta – Giù le mani – rende l’idea ed è abbastanza evocativo. Nel caso di Michele e Raffaele Fatone (alias Racastill), padre e figlio dipendenti nell’azienda pubblica Ase (a totale partecipazione pubblica del Comune di Manfredonia), l’indagine ha preso il via nell’agosto del 2021 in seguito all’atto intimidatorio perpetrato nei confronti di Raphael Rossi, all’epoca dei fatti amministratore unico della società, destinatario di una busta contenete alcuni bossoli recapitata nel suo ufficio il 6 agosto del 2021. 

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“Sin da subito – si legge nei documenti dell’inchiesta – le indagini si sono concentrate su Michele Fatone, il quale aveva già manifestato in diverse occasioni motivi di astio nei confronti del nuovo amministratore”. Scrivono gli inquirenti: “Nel corso dell’indagine non sono emersi elementi in grado di consentire l’individuazione degli autori dell’atto intimidatorio, ma è affiorato un sistema di potere con a capo lo stesso Fatone all’interno dell’azienda pubblica fondato sulla sua fama (e dei suoi familiari) di ‘picchiatore’ e sulla capacità di Fatone di influenzare le scelte politiche riferibili all’azienda per il legame diretto e confidenziale con alcuni esponenti della politica locale, indipendentemente dallo schieramento di appartenenza”. Secondo gli inquirenti “tali relazioni, unite al timore reverenziale nei confronti della famiglia ‘Racastill’, hanno contribuito ad alimentare il clima di intimidazione all’interno dell’Ase”

L’attività di intercettazione ha consentito di acclarare quattro vicende delittuose. “Per ciascuna di esse Fatone ha costretto i dipendenti di Ase a fornirgli beni, prestazioni e servizi (utilizzando i mezzi della società) e inoltre se ne è appropriato con la forza dell’intimidazione”. Emblematico – emerge dalle carte dell’inchiesta – è il caso di Domenico Manzella, il quale “per non essersi sottomesso ai voleri di Michele e Raffaele Fatone rispetto all’esigenza di un cambio turno rappresentatogli dai due è stato aggredito” con pugni e calci “riportando lesioni gravi che hanno richiesto un intervento chirurgico maxillo-facciale”

Fatone è inquadrato con il ruolo di vigilatore, cioè addetto al controllo e alla vigilanza sull’operato degli altri dipendenti. Negli anni – si legge nell’ordinanza – è riuscito a creare un clima di soggezione e terrore attorno alla sua figura rafforzato dalla presenza nell’azienda di alcuni familiari e di altri dipendenti a lui legati e fidelizzati. Una forza intimidatrice che si evince anche dalle dichiarazioni rese da alcuni dipendenti di Ase. “La causa di tutti i problemi del personale Ase si chiama Michele Fatone: ha sempre risolto i problemi all’interno dell’azienda con la violenza, le minacce e in molte occasioni arrivando a esercitare la violenza fisica”, si legge. In molti casi “chi denunciava tali episodi la toglieva (la denuncia, ndr)” perché “faceva intercedere una persona molto influente a Manfredonia”. “Decideva tutto lui – emerge ancora – tutti gli anni nei periodi della disinfestazione imponeva di estendere il servizio con materiali, mezzi e personale dell’azienda presso la sua campagna”. Rivolgendosi all’amministratore unico a seguito di un provvedimento di trasferimento della sua mansione ad altra Michele Fatone disse: “Rossi, grazie. Te la farò pagare”

Dagli accertamenti telefonici di Fatone – scrivono gli inquirenti – sono emersi plurimi contatti con l’allora assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Manfredonia Angelo Salvemini. “Le captazioni hanno messo in luce una relazione consolidata tra Fatone e Salvemini, fondata sul sostegno elettorale e sulla disponibilità manifestata dall’ex assessore di offrire ‘protezione’ a tutela degli interessi personali e familiari del dipendente Ase”. Salvemini alle elezioni del 2021 sarà il più suffragato con oltre 700 voti. Dalle intercettazioni, poi, sono “emersi frequenti contatti tra Salvemini e appartenenti alla famiglia Romito. Dai quali il primo mostrava un rapporto molto confidenziale e di estrema disponibilità a risolvere problematiche che riguardassero gli interessi della famiglia anche in virtù del suo ruolo politico al Comune di Manfredonia”

Lo si evince da due vicende oggetto di indagine. La collaborazione prestata da Salvemini nei confronti della famiglia Romito “diventa più significativa nella vicenda del locale Guarda che Luna, di proprietà della Bar centrale Sas di Francesco Romito, figlio di Michele, dapprima per bloccare la rimozione della struttura e poi per far si che ne fosse autorizzato il rimontaggio”. Una vicenda emersa passo dopo passo da articoli de l’Attacco. Romito, in più occasioni, avrebbe concordato con Salvemini di avvicinare esponenti della maggioranza per indurli a cambiare il loro orientamento rispetto alla demolizione del ristorante. 

L’uomo, nel dicembre 2022, avrebbe avvicinato il padre del vicesindaco Giuseppe Basta e responsabile dei rapporti con gli enti locali della sezione di Forza Italia, rappresentandogli che avrebbe “distrutto” l'amministrazione comunale “senza fare sconti a nessuno” se non avessero mutato la propria posizione sullo smontaggio della struttura Guarda che Luna, dicendogli: “Avete voluto la morte dei miei figli, ora distruggo tutti”. Sempre Romito, il 17 gennaio 2023, sopraggiunto nel corso delle operazioni di smontaggio del ristorante, avrebbe inveito e minacciato sia la dirigente del VI settore che il tecnico comunale al fine di intimorirli: “Bastarda”, “scema, ciuccia, raccomandata” e "Bastardo”, “vin a qua”, “per colpa tua, per colpa tua”. Anche Salvemini avrebbe minacciato il tecnico comunale proferendo al suo indirizzo espressioni gravemente minacciose, quando gli avrebbe detto: “Non ti lamentare che quando ti incontra in mezzo alla strada poi ti deve mettere sotto i piedi perché se ero io ti avrei spaccato la testa. Mo te lo dico bello papale papale”.

Il terzo filone d’indagine riguarda l’autorizzazione all’esercizio di un’attività di onoranze funebri da parte di Grazia Romito, già destinataria di provvedimento interdittivo antimafia, disposto dalla Prefettura di Foggia, e che, per il tramite di un prestanome (Luigi Rotolo, anch’egli indagato, ndr), avrebbe eluso il divieto proseguendo nell’attività di impresa. Sempre l’ex assessore Angelo Salvemini avrebbe avuto un ruolo attivo sollecitando la struttura amministrativa al rilascio dell’autorizzazione, inducendo in errore la dirigente responsabile ed i funzionari addetti ai controlli antimafia sull’effettiva conduzione dell’attività funebre e sull’assenza di motivi ostativi.

Dalle carte del Gip, inoltre, emerge che Maria Giuliana Galantino - interdetta dai pubblici uffici e servizi per 12 mesi - in qualità di segretario comunale, per compiere un atto contrario ai propri doveri d'ufficio nella vicenda del ristorante Guarda che Luna. Una misura molto grave per Galantino, che oggi lavora presso i Comuni di Mattinata e Monte Sant’Angelo

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Oltre ai sette soggetti destinatari di misure cautelari ci sono un funzionario dell’ufficio tecnico comunale (Francesco Borgia) e un dirigente della Polizia Locale (Vincenzo D'Anzeris) indagati perché si ritiene abbiano reso false dichiarazioni al Pubblico Ministero o taciuto in parte ciò che sapevano.  

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