Aggressioni in Pronto Soccorso a Foggia: non basta il dispositivo di chiamata, serve un presidio fisso

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Non c’è tregua per il personale medico del Pronto Soccorso di Foggia che, ancora una volta e a pochi giorni dall’ennesimo increscioso episodio, ha dovuto subire un’altra aggressione da parte degli utenti. Proprio così, a pochi giorni dall’aggressione subita dalla direttrice del PS foggiano, da parte di un paziente in stato di agitazione e di sua moglie, ecco che arriva un altro esempio di cattiveria nei confronti di medici, infermieri e personale medico che svolge questa professione al servizio dei cittadini. L’ultimo è accaduto due giorni fa quando un infermiere del servizio 118 di Foggia è stato aggredito da un uomo soccorso a seguito di un incidente stradale avvenuto in città. L’aggressione – come ha riportato l’Ansa – si è verificata non appena l’ambulanza intervenuta sul posto è giunta al pronto soccorso degli ospedali Riuniti. A quanto pare, come ricostruito dallo stesso infermiere all’Ansa, “già mentre scendeva dall’ambulanza l’uomo ha dato pugni contro il mezzo. Poi in pronto soccorso mi ha colpito con un pugno in pieno volto e una serie di schiaffi in testa. L’autista e il soccorritore che sono intervenuti con me a bordo dell’ambulanza – racconta – sono stati aggrediti verbalmente”.

Intanto proprio in virtù della crescita esponenziale delle aggressioni ai medici del pronto soccorso di Foggia, una situazione oramai degenerata negli ultimi mesi nel capoluogo dauno, si era reso necessario attenzionare forze di polizia e le istituzioni al fenomeno. Un’attenzione che aveva portato a fine aprile scorso all’apertura di un tavolo di confronto tra Comune di Foggia, dirigenze del Riuniti e medici del PS foggiano. 

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Obiettivo? Capire quali azioni mettere in campo per contrastare la situazione. Intanto la Polizia di Stato di Foggia ha dato avvio ad una progettualità a tutela dei medici e degli infermieri in servizio nel locale Pronto soccorso del Policlinico che sono stati dotati di un dispositivo portatile in grado di inoltrare chiamate di emergenza con priorità di intervento direttamente alla Sala operativa del 113. Una iniziativa rientrata nell’accordo tra il Questore Ferdinando Rossi e il Direttore Generale del Policlinico, Giuseppe Pasqualone, che ha portato all’acquisto e alla consegna ai medici e agli infermieri di dispositivi di allarme. 

Un’idea – è però bene precisare - che non funziona, o funziona almeno in parte. “Vogliamo lavorare in sicurezza, di giorno e di notte – gridano i medici - le nostre non sono pretese, ma azioni che scaturiscono da precise esigenze”. “Noi del Cimo Fesmed, assieme alle altre sigle sindacali, chiediamo da mesi la postazione fissa delle forze dell'ordine – dichiara a l’Attacco il dottor Graziano Minafra – appare ovvio che l'apparecchio Beghelli non serve a nulla. Non si può lavorare con la tensione addosso. Già in occasione di quell’incontro avevamo palesato le nostre perplessità circa questo placebo, come dissuasivo nei confronti di utenti chiamiamoli maleducati. In realtà sappiamo bene che contro la maleducazione dell’utenza, o addirittura contro quelle persone con la testa matta, uno strumento del genere non fa altro che fomentare la loro rabbia – precisa il medico – fino a quando la volante arriva, quei minuti sono vitali per l’operatore che se va bene subisce botte. Chiediamo che la Prefettura si faccia carico presso il Ministero di chiedere un sopporto ulteriore di personale. Tra l’altro questi episodi allontanano il personale ad accettare incarichi di lavoro nel pronto soccorso". 

"È un circolo vizioso. Un medico o un infermiere tenderà sempre a preferire il reparto piuttosto che il Pronto Soccorso, diventato una sorta di trincea. Un luogo dove il personale è poco e aumenta la rabbia delle persone che non ricevono assistenza. Chi ci amministra - a tutti i livelli - deve farsi carico di questa situazione. Nel 2024 non c’è sicurezza sul lavoro. In altre strutture ci sono forze dell’ordine in pianta stabile: a Bari, a Brindisi e ad Andria è h24, a Taranto ed a Cerignola h12 notturno". 

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"Perché a Foggia non può valere lo stesso discorso? Ci credo che poi l’infermiere o il medico scelgono un contratto di lavoro a Campobasso piuttosto che a Foggia. Lì, almeno, sono certi di poter tornare a casa senza aver subito aggressioni”.

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