Foggia, la polizia penitenziaria scopre (e arresta) un suo agente con smartphone e droga in carcere

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Alla casa circondariale di Foggia è un momento difficile per tutti. Da anni lo è per i detenuti, protagonisti a più riprese di proteste per le condizioni di vivibilità della struttura, ma anche di episodi eclatanti e clamorosi come la maxi evasione del 9 marzo 2020 che tanto scalpore ha fatto, con strascichi giudiziari praticamente ancora in corso. Del resto, in questo momento le presenze sfiorano le 700 unità, praticamente il doppio della capienza certificata. Da qualche mese anche la stessa polizia penitenziaria è nella bufera, situazione confermata non più tardi di sabato scorso con un nuovo arresto di un agente in servizio in via delle Casermette, scoperto dagli stessi colleghi mentre sembra stesse cercando di portare all’interno circa mezzo chilo di hashish e un paio di telefoni cellulari. A quel punto è scattata pure una perquisizione domiciliare a suo carico, durante la quale sono stati rinvenuti altri etti dello stesso stupefacente e ulteriori smartphone. Dopo l’arresto in flagranza, è stato rinchiuso nel carcere di Lucera. Il blitz pare non sia arrivato per caso, perché l’uomo, del quale non sono ancora note le generalità se non il fatto che sia di Lucera, da tempo risultava attenzionato con una specifica attività di monitoraggio, presumibilmente a causa di sospetti che aveva destato nel recente passato.

Non è chiaro se le due vicende siano correlate e consequenziali, e se non lo fossero sarebbe una coincidenza straordinaria, quasi profetica, fatto sta solo quattro giorni dopo, nella mattina di mercoledì scorso, oltre 200 baschi azzurri hanno condotto un’importante operazione di perquisizione straordinaria, controllando 366 reclusi dell’intero reparto “Nuovo Complesso” e la prima e seconda sezione del Reparto “Vecchio Giudiziario”. Ne ha dato notizia addirittura il Sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, aggiungendo che “grazie all’intenso lavoro di bonifica degli uomini della polizia penitenziaria di Foggia e delle Unità cinofile di Avellino, sono stati ritrovati due smartphone e 22 grammi di hashish all’interno delle celle, mentre 6 corde rudimentali sono state rinvenute su di un tetto, tutto materiale sequestro con 6 detenuti denunciati alla Procura. L’operazione ha permesso di ripristinare ordine e legalità nei reparti interessati – ha aggiunto l’esponente del Governo Meloni - impedendo l’affermazione di gerarchie criminali in carcere e garantendo la necessaria sicurezza alla popolazione detenuta e a chi vi lavora”. 

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A questa si è aggiunta la dichiarazione dell’onorevole Giandonato La Salandra, componente della Commissione Giustizia alla Camera. “Ancora una volta il governo Meloni mostra enorme attenzione ai temi di legalità e sicurezza – ha fatto sapere - come non si vedeva da tempo, ed assoluta concretezza di attuazione. Un vero cambio di passo, come aveva garantito il sottosegretario Delmastro, durante la sua visita istituzionale presso l’istituto foggiano dello scorso 16 ottobre”. 

Dall’interno del Corpo diretto da dicembre scorso da Claudio Ronci, così come dalla direzione di Giulia Magliulo, non emergono dichiarazioni ufficiali, mentre un operatore vuole solo sottolineare in forma anonima la consapevolezza della difficile situazione evidenziata anche dall’oggettiva circolazione di parecchia droga alll’interno della struttura nonostante le frequenti azioni di contrasto messe in atto, ma anche l’orgoglio di voler escludere autonomamente il personale che non è allineato a comportamenti votati a correttezza integerrima e idonea professionalità.

Il riferimento non è casuale a quanto accaduto poco meno di due mesi fa, con dieci poliziotti penitenziari raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, con ipotesi di reato come tortura, abuso d’ufficio, abuso di autorità contro arrestati o detenuti, omissione d’atti d’ufficio, danneggiamento, concussione, falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale in atti pubblici, soppressione, distruzione e occultamento di atti pubblici. La procura ritiene siano stati autori, a vario titolo, di un pestaggio ai danni di un detenuto peraltro in condizione di fragilità, avvenuto la mattina dell’11 agosto dell’anno scorso. Sei di loro dopo un mese sono tornati in libertà, grazie all’accoglimento del ricorso dei rispettivi legali da parte del tribunale del Riesame, per altri due l’iniziativa è stata rigettata, e per altrettanti non è stata affatto presentata l’istanza. 

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E sempre intorno al grande hub del capoluogo gira un episodio emblematico, registrato nella mattinata del 30 marzo scorso, giorno di Venerdì Santo, quando un’operazione, questa volta congiunta, di polizia di Stato e polizia penitenziaria ha portato all’arresto di una persona e alla denuncia a piede libero di un’altra, entrambi lucerini accusati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. In pratica, un 47enne era stato scoperto a lanciare un pacchetto con 100 grammi di hashish, uno smartphone e un caricabatteria oltre la recinzione, mentre un suo presunto complice di 36 anni lo aveva accompagnato e lo attendeva in auto poco distante. Tutto è partito dalla segnalazione di un’auto sospetta, fatta dal personale in servizio all’interno verso la Squadra Mobile e che ha avuto un doppio riscontro, perché una successiva perquisizione nella casa del primo ha permesso di rinvenire altri 158 grammi dello stesso stupefacente. A quel punto in cella ci è finito lui, pure in questo caso in una di quelle di Lucera.

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