Bombe d’inizio anno? Per Silvis è un appuntamento tradizionale della Società

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Piernicola Silvis - ex questore di Foggia dal 2014 al 2017 - anno in cui ha lasciato la Polizia di Stato per dedicarsi

a tempo pieno alla sua nuova carriera di scrittore di romanzi noir - dà una lettura un po’ diversa rispetto alle bombe occorse nel Foggiano in questi primi giorni del 2022.

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Una lettura differente rispetto a chi pensa che gli attentati dinamitardi possano rappresentare l’esordio di una nuova stagione di recrudescenza contro la forte presenza dello Stato da cui il territorio è stato segnato negli ultimi tempi.

Un’interpretazione diversa da chi crede che le esplosioni a San Severo e a Foggia possano significare un preciso guanto di sfida alla costituenda associazione antiracket. La quale si presenterà al capoluogo dauno, “patrocinata” da Tano Grasso, il prossimo 17 gennaio in Prefettura, con una squadra di partenza di 15 imprenditori schierati contro la mafia, alcuni già simbolo sul territorio di lotta e risveglio, come Lazzaro D’Auria e Luca Vigilante.

Senza, naturalmente, poter escludere tutto questo, ed entrare nel dettaglio degli ultimi episodi, che non ha vissuto professionalmente da vicino, Silvis racconta - con un taglio a cavallo tra il sociologo e il narratore - la sua visione di sistema sulla Società foggiana. Una visione maturata non solo durante l’esperienza professionale a Foggia, ma anche grazie agli studi che negli ultimi anni ha condotto sulle mafie nazionali e internazionali.

“Credo poco – esordisce Silvis durante la chiacchierata con l’Attacco –alle sfide lanciate dalla criminalità organizzata rispetto a specifiche azioni di legalità attuate dallo Stato o dalla società civile. A mio modo di vedere, la Società foggiana non dà molto peso a questi discorsi. Sinceramente, poi, piazzare una bomba carta, pur potente che sia, non è così complicato come compiere un omicidio, che invece è più rischioso e va pianificato. Ovvio che non possediamo uno stetoscopio che ci dica cosa stia succedendo: ma esistono varie opzioni su cui si può riflettere. La prima, che è la più classica rispetto a quanto ho avuto modo di esperire a Foggia, riguarda il fatto che all'inizio dell'anno la Società si fa sempre sentire, in qualche modo. Sempre. Ricordo ancora quando presi servizio nel capoluogo dauno. Era il 2 gennaio 2014. In quello stesso giorno ci fu un omicidio”.

“Ricordiamo, inoltre, anche come è cominciato il gennaio del 2020, gli omicidi e le bombe di quei giorni, una delle quali proprio all’attività dei Vigilante. Atti a cui seguì l’importante marcia della legalità che portò a Foggia 20mila persone: una risposta molto importante, per certi versi storica, da parte della popolazione. Al di là di questo – continua l’ex questore – le intimidazioni della mafia all’inizio di ogni nuovo anno vanno lette, secondo me, in quanto ricorrenze tradizionali in quel mondo. Sanciscono, in modo cadenzato, la presenza della criminalità organizzata sul territorio. Per fare un paragone di tutt’altro genere, ma che può rendere bene l’idea, è come la celebrazione dell’inizio del nuovo anno accademico nelle università. Questa è una dinamica che, quanto a precise tempistiche, sia io che i miei collaboratori dell’epoca abbiamo notato accadere. Come fosse un rituale. Una specie di appuntamento fisso che si consuma attraverso lo strumento distintivo della Società, nei territori in cui opera, e cioè proprio Foggia e San Severo: le bombe”.

Gli attentati dinamitardi, allora, non più, come un tempo, in funzione strumentale, ma come simbolo?
“In un certo senso sì – risponde Silvis – Le bombe, per la criminalità organizzata foggiana, sono diventate un mezzo di comunicazione, un mass media. Sempre più spesso non hanno funzione di intimidazione tesa alla riscossione del pizzo. Vengono fatti esplodere ordigni anche solo per ricordare la propria presenza sul territorio. Per comunicare alla comunità che non deve mai stare tranquilla. Si tratta di vero e proprio terrorismo, in senso più ampio. Come è accaduto e accade tuttora, talvolta, anche a Palermo o a Catania. Quando ero questore a Foggia ho assistito a situazioni in cui non c'era alcuna estorsione dietro a bombe ai danni di attività. Oppure, gli ordigni potevano avere funzioni diverse dal classico pizzo. Tipo gli episodi dinamitardi che colpirono il ristorante ‘Leonardo in Centro’ per ben due volte: appurammo che una volta si trattava della volontà di un pregiudicato di acquisire la proprietà del locale; la seconda volta, invece, atteneva all'invidia del proprietario di un’attività nei paraggi per il successo di quel ristorante, che dunque incaricò di colpire al fine di vendicarsi. Bisogna interpretarle e contestualizzarle queste bombe. D’altronde, ormai il pizzo si può riscuotere in tanti modi, non solo attraverso la classica ‘mesata’ in denaro: consumazioni, catering, abiti gratis. E’ un mondo variegato, diciamo così”.

Zone Transition

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Crede, infine, necessaria la presenza delle sezioni distaccate della Corte d’Appello e della Dda a Foggia, così tanto invocate dal territorio?
“Assolutamente sì. Già nel 2014 rappresentai queste necessità (insieme all’ex prefetto Latella e sulla scorta di un appunto dell’ex procuratore capo di Foggia De Castris) al procuratore nazionale antimafia di allora, Franco Roberti, e all’ex ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Quando esiste una malavità così presente e aggressiva, i magistrati della Repubblica distrettuale Antimafia devono stare sul posto, devono avere la percezione reale di ciò che succede, devono avere il contatto con il territorio per conoscerlo bene, devono sentire la gente, devono vedere le facce, devono sentire le bombe che esplodono. E poi, sinceramente, è altrettanto inconcepibile che un un ufficiale di polizia, un carabiniere o un finanziere debbano fare un viaggio di 3-4 ore per arrivare a Bari e tornare a Foggia soltanto per acquisire o consegnare un atto”.

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