Il buono, il brutto il cattivo. Tra i più celebri western di Sergio Leone. Bellezza e bruttezza. Umanità e ferocia. tutto coesiste. Era il 1966. Oggi i tempi son cambiati. Verrebbe da dire. Eppure, sono tornati gli scippi in pieno giorno, i furti agli anziani e in casa, i ladri d’auto. E pure gli svaligiatori di monetine dal distributore del caffè. Gianmichele Romano ha collezionato circa cento denunce, di cui alcune per reati molto gravi. Buchi sottoterra per entrare nei suoi negozi, estorsioni, rapine, furti da 50mila euro.
Oggi se la prende per le cento, duecento euro che gli rubano dal distributore del caffè dei suoi hotel. E se la prende perchè non si sente tutelato. Allora prova a fare qualcosa, piuttosto che farsi sopraffare dallo sconforto. Pubblica i video e nomi dei suoi ladri. E arriva al punto di voler mettere una taglia sulla loro testa.
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Inorridisce l’avvocato Giulio Treggiari - lo abbiamo interpellato noi per un suo parere - e inorridisce la Questura. Non si fa. Non siamo mica nei film western? Ma allora uno che armi ha per difendersi? La legge. Si. E infatti l’imprenditore denuncia. Ma si chiede, se la sua denuncia verrà presa sul serio, perchè anche se hanno rubato pochi soldi questa volta, è forse la numero centosette.
“Non è che ci deve scappare il morto per fare le indagini e trovare i colpevoli”. Ma si sa. Personale, tempi, mezzi, Priorità. allora che si fa? Ci si deve rassegnare a farsi sfottere da Giuseppe Cruciani, che dice che questa è la città più brutta d’Italia e quella in cui non ci verrebbe nessuno a passare qualche giorno o si deve reagire? Reagire come però? Il ladro dice che così non va bene. Perchè a sua volta contatta l’imprenditore e gli dice guarda che se metti la mia faccia su facebook a me chi me lo da il lavoro? Come faccio a campare? E l’imprenditore che pensa, sì, Carlo ha ragione, è una persona, ma non è che mi posso io far carico di assumerlo dopo che mi ha derubato o ha tentato di farlo.
Ora vorrebbe organizzare un incontro, farsi promotore di una discussione pubblica e aperta, sui limiti del sistema e di leggi che pur nella loro buona volontà, non sono aderenti alle esigenze. Anzi, al momento sembrano tutelare più i delinquenti che le vittime.
“Più di cento denunce: sette per rapina, numerose per estorsione e furto e tre volte mi hanno fatto il buco sottoterra”
Dicono che la taglia non porterà a niente, che ci sarà un sacco di gente che si vuole vendicare che coglierà quest’occasione per accusare questo o quello. E che il ladro, anche se riconosciuto, non verrà mai condannato, perché davanti a un giudice non è semplice dimostrare con certezza che lui è davvero lui. Insomma, vuoi mettere la taglia? Mettila pure, ma a che cosa porterà?
E’ sostanzialmente questa la sintesi dell’incontro che l’imprenditore Gianmichele Romano ha avuto ieri mattina con personale della Questura di Foggia, a seguito dell’ultima, ennesima denuncia, sporta in caserma.
“Avrò fatto più di cento denunce”, dice a l’Attacco, dopo l’incontro in Questura. “Ho subito negli anni, rispetto alle varie attività che ho, sette rapine, varie estorsioni, numerose denunce di furti, anche di 40mila euro l’uno, e credo almeno tre buchi sottoterra da cui sono entrati in negozi e attività. Sette o otto le ho sporte solo nell’ultimo anno”. E proprio dopo l’ultima denuncia per l’ennesimo furto di monetine del distributore di caffè in uno dei suoi hotel in centro a Foggia, ha pensato di mettere una taglia sulla testa del ladro.
Romano è stato già protagonista nei giorni scorsi di un altro gesto. La pubblicazione della foto, del nome e del video del presunto ladro che tentava di entrare nella sua abitazione e nell’hotel di sua proprietà. Un gesto discusso, che ha sollevato polemiche circa l’opportunità di togliere la maschera ai ladri, di renderli riconoscibili e isolati in un contesto sociale sano. Allo stesso modo, il manifesto wanted e ora la taglia, che come dice la Questura, potrebbero non portare esiti giuridici, sono per lui una provocazione.
“Il mio scopo è duplice – aggiunge Romano – ovvero quello di ottenere o provare ad ottenere une sito concreto e quindi un fermo, un arresto, e anche sociale, nel senso di cambiare l’approccio delle persone a queste vicende, che ormai hanno generato un senso di sconforto e di assuefazione”.
La Questura ribalta. Difficile portare a conclusione un arresto sulla base di foto, video o testimonianze sui social. Anche se una persona è riconoscibile da come veste o da come cammina, se davanti a un giudice non si porta una prova certa, non ci sarà esito.
“Le leggi sono quelle che sono. E noi non abbiamo alternative. Almeno così sembra. Le accetti, anche se non ti piacciono. Sposi una causa. Non c’è alternativa. Allora a mio avviso il cittadino ha due soluzioni. O collabora con la giustizia e denuncia, oppure se alcune leggi non funzionano o non sono efficaci, deve chiedere che siano modificate. Faccio un esempio. Il furto delle monete, nel mio caso, non prevede che i ladri siano intercettati perché sono solo due. Se fossero stati tre, almeno tre, si sarebbe potuto fare. Allora io dico, organizziamoci, proviamo a trovare modi che cambino sia la mentalità dei cittadini, ma anche la risoluzione dei reati. Non basta dire denunciate. Perché anche le denunce, se non portano a nulla, scoraggiano e creano frustrazione. Un ladro che viene inseguito dalla vittima e cade, si può rivalere sul derubato. Folle? No, previsto. Così come una vittima che pubblica la foto dell’uomo che si è introdotto in casa sua per rubare, deve temere per la privacy del ladro. Ma tutto ciò, mi chiedo, quanto è normale? Non dico che dobbiamo tornare al far west, ma neanche vivere così”.
Gli chiediamo come si sono lasciati, poi, in Questura. “Nulla di fatto. La mia zona sarà attenzionata come già lo è, loro faranno il loro dovere con attenzione come sempre fanno e niente, tutto qua. Sulla taglia, mi sono preso del tempo per pensarci. Perché dal loro punto di vista è inutile, dispersivo e forse anche pericoloso, ma dal mio era un gesto anche provocatorio. Come l’idea di organizzare incontri pubblici per portare all’attenzione di tutti le cose che non vanno. Io dopo l’episodio che mi ha coinvolto qualche settimana fa, quando ho reso noto il volto di Carlo, sono stato tempestato di messaggi di stima e di solidarietà e anche di rassegnazione, di amici, conoscenti o semplici cittadini. La cosa che tutti mi ha detto? Anche se li prendono, e non capita spesso, dopo due giorni sono fuori. Che cosa denunciamo a fare?”.
Eppure il gesto di Gianmichele è stato già emulato. Dopo qualche giorno un altro imprenditore, che ha subito una rapina all’interno del suo bar, ha pubblicato le immagini delle sue videocamere per togliere la maschera al ladro. Il gesto di Gianmichele non è rimasto senza conseguenze. Carlo, il suo presunto ladro, l’ha cercato e lo ha cercato sua moglie, sottolineando che quel gesto gli ha complicato la vita. E che poi, lui, che alternative ha, non avendo lavoro? E così un po’ con le buone, un po’ con le brutte, quasi gli ha fatto capire che poteva darglielo lui un lavoro così avrebbe smesso di andare a rubare. Oggi Carlo è ai domiciliari. Almeno da quanto sembra.
“Sembra sia stato processato per direttissima per un altro furto e che sia a casa. Ora la domanda da farsi, è se realmente sta a casa ai domiciliari. Chi lo controlla tutto il giorno. E io cittadino, se anche volessi segnalare che una persona che dovrebbe essere ai domiciliari è in giro, come faccio? Non posso certo sapere chi è sottoposto a quel vincolo… Però, vorrei avere meno privacy ed essere più tutelato. Più garantito nei miei diritti”.
Zone Transition
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Gianmichele è sconfortato. Alla fine non sa se la taglia la metterà o no. Se continuerà a meno questa battaglia, quasi solitaria. Di certo, oltre alle denunce, continua a collezionare spezzoni di immagini di ragazzi, più o meno coperti che in volto, che aprono portoni, sfondano macchine, rompono vetri. Ma non può farci niente. O peggio, potrebbe mettersi nei guai lui stesso.