Come si tenta di delegittimare e screditare una giornalista

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Per una volta oggi non scrivo di altri ma di me. Voglio raccontare come si fa la giornalista in questo territorio. Ci sono le querele temerarie, le richieste risarcitorie anche milionarie. Ma ci sta, rientra in ciò che è consentito fare nei confronti della stampa.

Nel mio caso da qualche tempo persone che si auto-qualificano quale feccia della società, non avendo trovato nient'altro di meglio, hanno pensato (male) di tentare di delegittimarmi screditandomi sul piano personale.

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Quattro episodi su tutti. Due anni fa una lettera anonima, prontamente denunciata e dopo la quale ho continuato a svolgere il mio lavoro esattamente come prima. Ovvero facendo nomi e cognomi, a partire dal mio. Chiunque sa che sono io a scrivere. Non mi nascondo.

Lo scorso anno l’avvertimento nei miei riguardi tramite interposta persona. Come nella lettera, mi si accostava al clan mafioso dei Montanari e per questo ostile al clan di Manfredonia. Poi c'è stata la “segnalazione” al mio direttore poche settimane fa, avvertito in merito a un video dal contenuto esplicito che mi riguarderebbe. Ho sempre tirato dritto.

L'ultimo episodio, risalente a pochi giorni fa, è costituito da alcune scritte ingiuriose e sessiste, molto vistose e volgari, su vari muri della mia città e finanche sotto la mia abitazione. La prima è stata apposta dove passo ogni mattina, la seconda nella parte opposta di Manfredonia, la terza accanto al portone di casa e per giunta fatta in pieno giorno. In due casi su tre si specifica che sono “la giornalista”. Nelle prossime ore anche questi fatti saranno denunciati.

Ciò di cui sono certa e di cui voglio rassicurare è che gli avvertimenti e le “segnalazioni” sono inutili, i muri imbrattati pure. Continuerò a fare il mio lavoro come ho sempre fatto, occupandomi di tutto quello che riguarda questo territorio. Non smetterò di farlo perché qualcuno crede di poter intaccare la mia reputazione. Non è quella che va colpita.

Della reputazione, cioè di quello che gli altri possono pensare di me, francamente me ne infischio. Smetterò di scrivere solo nel momento in cui penserò di non poterlo fare (o di non averlo fatto) secondo coscienza. Perché è la coscienza ciò che siamo, non la reputazione. E con questi squallidi tentativi di condizionarmi e ricattarmi tale feccia mi ha, anzi, confermato ulteriormente che tutto ciò che posso aver finora scritto nei suoi riguardi è stato fin troppo garbato. Un'ultima cosa a chi pensa che contro una giornalista donna l'arma da usare sia la delegittimazione: in realtà non esiste niente di più potente di una donna (e giornalista) a cui non frega nulla e che non ha paura.

Lucia Piemontese

 

Avvertimenti e insulti contro l’Attacco. Ma le intimidazioni non fermeranno mai il mestiere del raccontare

Non ci devono essere equivoci. La persona destinataria degli insulti sessisti e ingiuriose è “la giornalista”. Sui muri di Manfredonia nel giro di pochi giorni sono apparsi, vergati dalla stessa mano con uno spray nero, frasi contro la vicedirettrice de l’Attacco Lucia Piemontese.

Mai in quasi 12 anni di lavoro per l’Attacco la giornalista manfredoniana era stata oggetto di attenzioni in maniera così “pubblica” ed evidente, affinché tutti leggano.

Sulle colonne di questo giornale sono state raccontate e sviscerate le vicende più delicate del Golfo e della Capitanata.

Come i cinque casi di Comuni commissariati per infiltrazioni mafiose: Monte Sant’Angelo nel 2015, Mattinata nel 2018, Manfredonia e Cerignola nel 2019, infine Foggia nel 2021. Decisioni assunte dallo Stato quando il rapporto tra criminalità organizzata e organi di governo è apparso talmente vischioso da rendere “più probabile che non” il rischio del condizionamento sull’operato degli amministratori comunali.

C’è stato il racconto delle innumerevoli interdittive antimafia adottate dai prefetti che si sono succeduti, quello dei procedimenti relativi a incandidabilità di ex amministratori e ricorsi al TAR contro scioglimenti e atti prefettizi.

Si sono accesi i riflettori sulle giovani leve dei clan storici e sul nuovo protagonismo dei Montanari, sulle alleanze tra i clan di Capitanata e su quelle con altre mafie a partire dalla ‘ndrangheta calabrese, sugli affari della Società foggiana e sulle sue infiltrazioni nell’economia e nelle istituzioni, sulle inchieste sulla presunta corruzione nell’amministrazione Landella a Foggia.

Sono state evidenziate le speranze, nella comunità, di verità e giustizia connesse alla collaborazione con gli inquirenti di alcuni uomini del clan Romito-Ricucci-Lombardi-La Torre (attivo tra Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Mattinata).

Rispetto a Manfredonia, tornata a gestione ordinaria a novembre scorso, si è detto dei dubbi sui bacini elettorali di alcuni eletti (vecchi e nuovi), di certi supporter impresentabili, di come dalle famigerate primarie del 2014 per la scelta del candidato Sindaco del centrosinistra certe aree grigie si siano sempre più avvicinate a Palazzo San Domenico, delle storiche responsabilità del gruppo dirigente del Pd già evidenti in Vela 1, la prima indagine di Gianrico Carofiglio nei primi anni del nuovo secolo. 

Non era nemmeno questione di centrosinistra, ovviamente, come dimostrano perplessità e lettere anonime - rivolte al Prefetto - anche contro l’amministrazione attuale di centrodestra.

E la terra di mezzo è la parte più interessante ed inquietante emersa dalle indagini scaturite a dicembre 2021 negli arresti dell’operazione Omnia Nostra della DDA di Bari.

Imprenditori edili, commercialisti, altri liberi professionisti: con una chiarezza finora mai vista, lo spaccato che ne è fuoriuscito ha delineato non solo la pervasività della mafia garganica ma anche la presenza, a stretto contatto coi membri dell’associazione mafiosa, di pezzi di società civile. 

Tra gli indagati anche un professionista che era appena entrato in consiglio comunale ed era il commissario cittadino di Fratelli d’Italia, Adriano Carbone, ex amministratore unico della partecipata ASE spa.

Ma Manfredonia (perché sono di questa città la mente e la mano autrice delle volgari azioni contro la giornalista de l’Attacco) è stata fucina di inchieste e approfondimenti anche per altre vicende.

Di recente il bubbone ASE spa, la società in house del servizio di igiene pubblica, ampiamente trattata nella relazione prefettizia sulle infiltrazioni a Palazzo di città.

Una municipalizzata su cui partiti e movimenti civici vogliono mettere le mani, invocando l’addio dell’amministratore unico arrivato da Torino, ma sulle cui zone d’ombra (trattate da questo giornale e riguardanti illegalità, denunce, pestaggi e minacce), nessuno spende una parola per prendere posizione. A partire da chi ha governato da inizi anni novanta l’azienda. C’è stata, nel complesso, la narrazione delle dinamiche del potere, dei poteri: politico, amministrativo, economico, criminale.

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Chi pensa adesso di poter condizionare o frenare l’operato di questo giornale, scagliandosi contro una sua giornalista, si sbaglia di grosso.

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