Maffei, in pizzeria la consegna delle liste dei voti dai dipendenti. Cosa hanno detto i testimoni

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Ludovico Maffei, patron della cooperativa di bidellaggio Astra, organizzò una cena nella pizzeria Trilussa di Foggia nel corso della quale diverse dipendenti gli consegnarono le liste, da lui richieste, dei nominativi di coloro che avrebbero votato suo figlio Danilo Maffei alle comunali foggiane del 2019. E’ uno degli aspetti più inquietanti emersi dalle indagini – tuttora in corso – su Ludovico e Danilo Maffei, che interessano anche le elezioni regionali del 2020, dove Maffei jr fu il più votato a Foggia città.

I “gravi indizi di colpevolezza” sono costati giorni fa a Ludovico la misura interdittiva del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e del divieto temporaneo di esercitare attività di impresa e di ricoprire uffici direttivi delle persone giuridiche, per 12 mesi, misura disposta con ordinanza della gip del Tribunale di Foggia Bencivenga.

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Sono 16 le persone ascoltate lo scorso anno dalla polizia giudiziaria, grazie alle quali si sta ricostruendo un sistema di “elevata spregiudicatezza” con cui sarebbero state esercitate pressioni in ambito lavorativo ed ancor più attraverso la minaccia di far perdere il posto di lavoro costringendo dipendenti e parti offese ad assecondare le proprie volontà pur di raggiungere profitti personali.

Secondo l’accusa il metodo usato dal presidente di Astra per controllare il personale rispetto all’aiuto al figlio candidato era caratterizzato dall'invio di messaggi WhatsApp riportanti la lista dei votanti procacciati dalle dipendenti, operazione che consentiva allo stesso Ludovico Maffei di poter eseguire le verifiche del caso e risalire a coloro che, non recependo il suo messaggio minatorio di licenziamento, non avevano osservato le illecite richieste del voto elettorale. Danilo Maffei, poi delegato allo sport, fu eletto nella civica Foggia Vince, che era parte del centrodestra guidato dal Sindaco Franco Landella.

A coordinare le indagini sono i pm Enrico Infante e Roberta Bray, gli stessi magistrati impegnati nelle due inchieste sulle presunte tangenti a Palazzo di città poi riunite nel medesimo procedimento penale che coinvolge Landella e numerosi ex eletti di maggioranza, oltre ad altri imputati. Procedimento per il quale nelle prossime settimane si concluderà l’udienza preliminare.

 

Sedici le persone sentite dagli inquirenti, univoci i loro racconti

Sono numerose le persone ascoltate nel 2021 dagli inquirenti sul sistema Maffei, con dichiarazioni univoche e provate anche dalle foto degli elenchi di nominativi con cui dovevano dimostrare al patron di Astra l’aiuto portato al candidato Danilo Maffei.

La consigliera regionale M5S Rosa Barone, attuale assessora al welfare, disse senza indugio alla Digos di aver dialogato direttamente con le lavoratrici di Astra, le quali “lamentavano il clima pesante e ricattatorio vissuto all'interno della cooperativa, specificatamente correlato alla candidatura del figlio del titolare, ossia Danilo Maffei”.

Il precedente concessionario Michele Lapollo, che portò le bidelle da Barone e dal direttore de l’Attacco Paciello, agli investigatori spiegò: “In più occasioni, nel corso delle campagne elettorali che hanno visto quale candidato Danilo Maffei, ho sentito dalle donne della cooperativa parlare di minacce a loro rivolte, nel senso che chi non seguiva il progetto di Ludovico Maffei avrebbe perso il lavoro. Quando parlo di progetto, intendo proprio fare riferimento alla campagna elettorale di Danilo. Quindi le donne della cooperativa venivano indotte a votarlo, sotto la minaccia di perdere il lavoro. Io ho saputo tutto da Roberta Iannice, quando ho cominciato a capire che c'erano più persone coinvolte in questo problema, le ho messe in contatto con Rosa Barone”. A Iannice, presidente di seggio elettorale alle comunali 2019, sarebbe stato chiesto invano da Ludovico Maffei di trasformare con un zero in 40 i 4 voti ottenuti da Danilo in quel seggio.

Il racconto della lavoratrice Roberta Iannice, già pubblicato su queste colonne giorni fa, evidenziò “la richiesta di Ludovico Maffei di preparare la lista di parenti e conoscenti, comprensiva di nome, cognome e numero di tessera elettorale, comprovata con foto, al fine di verificare che coloro che mi avevano garantito il sostegno a Danilo in effetti avevano rispettato l'impegno”. Tale elenco andava inviato sul numero telefonico della nuora di Ludovico, Lucia Ruggiero. E’ stata Iannice a rivelare le ormai note frasi dialettali che le sarebbero state dette dal datore di lavoro: “Mi dovete portare per ognuna di voi almeno 15 voti, altrimenti saltate tutte quante” e “Chi mi aiuta io aiuto, chi non mi aiuta se ne va a casa”.

Una testimonianza confermata dalla collega Lucia Leone: “Ricordo che lui stesso diceva testuali parole: “Se mi date una mano vi aiuto, se non mi date una mano non vi aiuto”. Quando Ludovico Maffei pronunciava queste parole, sia a me che ad altre lavoratrici, aveva un tono autoritario ed arrogante come a voler assumere un atteggiamento di superiorità rispetto a noi dipendenti, che quindi dovevamo sottostare a tali sue richieste per poter lavorare”.

Leone sottolineò alla Digos: “Noi avevamo il terrore quando si avvicinava a noi perché ci affrontava proprio a muso duro, come se fosse uno scontro fisico tra due uomini. Faceva comprendere a noi tutte che se l'avessimo aiutato attraverso il voto in favore di suo figlio avremmo avuto la possibilità di continuare a lavorare, altrimenti non ci avrebbe più chiamate a lavoro. Mentre ero in servizio presso una delle scuole, forse ad aprile 2019, mi chiese di assicurare almeno 10 voti in favore di Danilo Maffei. L'invito fu rivolto a me ed anche ad altre dipendenti che erano presenti, chiedendo che venisse fornita una lista su cui dovevamo indicare le persone che avrebbero votato suo figlio Danilo e per ognuna di quelle persone la scuola ed il numero di seggio in cui avrebbero votato. Io, avendo la necessità di lavorare, mi impegnai a racimolare più voti possibili, riuscendo ad arrivare a 15, compresi me e mio fratello. Come richiesto da Ludovico Maffei, compilai la lista e mi recai presso il bar Zenit, dove mi aveva dato appuntamento qualche giorno prima della data delle elezioni. All'incontro venne con me anche mio fratello Gianluca, che assistette alla consegna della lista nelle mani di Ludovico Maffei. Maffei ci disse che, oltre a quella copia cartacea che gli avevamo consegnato, voleva che la lista fosse inviata, tramite WhatsApp, al numero di telefono cellulare della nuora. Ovviamente tutte le persone della lista furono da me pregate di aiutarmi affinché potessi continuare a lavorare, votando il candidato Danilo Maffei. Dopo le elezioni mi confermarono di averlo votato”.

Anche Gianluca Leone spiegò di aver ricevuto la richiesta di far votare per Danilo, fatta da Ludovico “alla presenza di tutti gli accompagnatori di scuolabus della coop Astra”, con la precisazione che “se avessimo fatto campagna elettorale per Danilo Maffei e lui fosse stato eletto avremmo continuato tutti a lavorare”.
Pure agli autisti fu chiesto di inviare la lista di persone.

Un’altra bidella, Mattia Mansi, disse che Ludovico Maffei, poco prima delle amministrative 2019, “venne presso la scuola Sturzo e chiese a me e a delle mie colleghe di votare Danilo, con tono autoritario”. “Avremmo dovuto procacciare dei voti a vantaggio di Danilo dato che lui ci faceva lavorare. Chiese 15 voti a testa, lo chiese anche a me sebbene io risieda a Carapelle. Rifiutai in quanto non avevo intenzione di fare campagna elettorale per nessuno, anche perché un mio parente era candidato alle stesse elezioni”, puntualizzò Mansi ascoltata in Questura.

Una versione ribadita anche dalla dipendente di Astra Iside Doddi, che era alla scuola Sturzo con Mansi e che accettò la richiesta di procacciare voti.

Idem per la collega Annamaria Forcella, che incontrò Ludovico Maffei durante la campagna elettorale delle amministrative presso la scuola in cui prestava servizio, la Ferrante Aporti.
“A seguito di tale incontro Ludovico Maffei invitò me e tutte le colleghe della cooperativa presso la pizzeria Trilussa. Durante tale cena eravamo circa 30 collaboratrici scolastiche impiegate presso la cooperativa ed erano presenti Danilo Maffei, Ludovico Maffei e Lucia Ruggiero, che si occupava all'interno della coop della gestione del personale. All'inizio della cena, così come richiestoci, noi tutte consegnammo a Ludovico Maffei la lista da noi preparata con i nomi delle persone che, su nostra richiesta, avrebbero votato Danilo Maffei. Ludovico Maffei aveva un foglio su cui erano segnati i nominativi delle persone presenti alla cena e noi ci alzavamo dai nostri posti a sedere e ci portavamo vicino a lui consegnandogli la nostra lista. Maffei segnava sul foglio in corrispondenza dei nostri nominativi qualcosa. Poi ci disse che se i voti, di fatto, fossero stati espressi per Danilo, così come promesso, avremmo continuato a lavorare. Anche Danilo Maffei intervenne dicendo la stessa cosa. Quando fu eletto consigliere comunale noi eravamo contente in quanto pensavamo che avremmo lavorato di più. La promessa fu, però, mantenuta in parte, perché di fatto tutte lavorammo ma non per i tempi che ci aspettavamo. Anzi, alcune di noi furono penalizzate rispetto alla durata dei contratti degli anni precedenti”, disse Forcella.

Stesso copione alla scuola Angela Fresu, dove stando alla bidella Angela Cristino Ludovico Maffei si presentò un giorno, alla fine dell'orario di lavoro, per presentare Danilo a lei e ad altre due colleghe, sottolineando che era candidato alle comunali.

A Giuseppina Mattiacci, una di quelle colleghe, Maffei senior chiese per le comunali e regionali “in maniera insistente, di svolgere la funzione di rappresentante di lista al fine di aiutare il figlio Danilo”. “In entrambi i casi io mi sentii costretta ad accettare, temendo di perdere il lavoro, tuttavia non mi fece mai minacce esplicite”, è quanto detto da Mattiacci in Questura.
Pure quest’ultima ha testimoniato di aver avuto dal presidente di Astra la richiesta “molto assillante”, fatta più volte, di “portare a vantaggio di Danilo Maffei più voti possibili”, e di fornirgli il solito elenco coi relativi seggi. Elenco che, ha confermato la donna, fu consegnato in occasione della cena in pizzeria: “Ludovico Maffei, nel momento della consegna di tale biglietto, mi disse che avrebbe verificato se poi, effettivamente, quelle persone avrebbero votato Danilo. Lo disse anche alle mie colleghe”.

Alla scuola Arpi avvenne la richiesta rivolta a un’altra dipendente, Maria Corvino: “Gli dissi che avrei votato il figlio ma non gli assicurai altri voti oltre al mio. Il suo tono non era minaccioso ma mi sentii in dovere di votarlo visto che era il mio datore di lavoro, temendo ripercussioni rispetto alla mia posizione lavorativa”.

Zone Transition

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Stando alla dipendente Luciana Terlizzi Ludovico Maffei le chiese “10 voti per il figlio Danilo”, ma la donna rifiutò essendo rappresentante di lista del Pd.

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