Intorno alle ore 10 di ieri mattina tre agenti in borghese della Questura di Foggia erano nuovamente sul luogo del delitto alla ricerca di ulteriori tracce utili alla ricostruzione della dinamica dell’omicidio di Nicola Di Rienzo, il 21enne freddato da un 17enne, domenica pomeriggio, intorno alle ore 17.30, presso il parco “Domenico Rosa Rosa” di Foggia, tra via La Piccirella e via Saragat, con almeno 5 colpi di pistola alla schiena e al torace. Così hanno stabilito i primi rilievi del medico legale, l’altro ieri sera, dopo quelli effettuati sul posto dagli agenti della Squadra mobile e della Scientifica. Nella mattinata di ieri, allora, la Polizia di Stato (a cui sono affidate le indagini coordinate dalla Procura presso il Tribunale dei Minorenni di Bari) è tornata in cerca di parte dei bossoli dei proiettili esplosi dal minore con una pistola calibro 7,65 ad indirizzo di Di Rienzo.
Durante i rilievi cominciati domenica, nelle ore immediatamente successive all’omicidio, soltanto un paio dei 5 colpi sarebbero stati ritrovati dagli inquirenti (quindi circoscritti a terra da tratti di gessetto bianco, sul marciapiede all’ingresso del parco): l’oscurità della sera non aveva infatti permesso di individuare il resto degli elementi di prova utili.
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Ieri mattina, dunque, gli agenti hanno continuato a cercare tra il marciapiede e l’aiuola del parco, sul cui camminatoio in cemento l’Attacco ha avuto modo di riconoscere - nel sopralluogo effettuato - alcune tracce di sangue (ancora lì a distanza di ore) rilasciate dalla vittima dopo essere stata attinta dai colpi d’arma da fuoco e durante il tentativo di fuga dal suo killer.
Un tentativo di fuga durato poche decine di metri prima che Di Rienzo si accasciasse definitivamente al suolo dov’è stato trovato il suo corpo esanime, ossia sul lato dell’aiuola opposto ai bossoli repertati. Lo sguardo e l’attenzione degli inquirenti ritornati in via Saragat con la luce del giorno si è rivolto anche alle telecamere poste su una facciata della Chiesa Beata Maria Vergine, proprio dirimpetto al luogo dell’assassinio. Le immagini eventualmente registrate dal sistema di videosorveglianza potranno tornare utili all’esatta ricostruzione della dinamica del delitto.
Una dinamica che, al momento, si conosce attraverso il racconto del 17enne reo confesso, sintetizzato nella nota stampa della Polizia di Stato diramata nella giornata di ieri. Dopo aver compiuto l’omicidio, infatti, il minore è salito in sella al suo scooter e si è recato presso la Questura di Foggia per costituirsi. Il 17enne, così, ha spiegato al magistrato gli attimi dell’omicidio commesso e il movente alla base di esso. Durante l’interrogatorio reso dinanzi agli inquirenti, il giovane ha dichiarato di essersi procurato intenzionalmente l’arma perché doveva incontrarsi con la vittima con la quale aveva preso accordi diretti per discutere in merito ad alcuni problemi inerenti la gestione dei loro traffici illeciti.
L’odierno indagato ha raccontato, infatti, che da giorni la vittima lo minacciava per farsi corrispondere la cifra di 500 euro mensili per poter continuare a svolgere i suoi reati predatori. E' ciò che l’omicida (definito dagli investigatori “già ben inserito in un contesto dedito alla commissione di reati”) avrebbe detto alla pm Gianna Maria Nanna nel corso dell’interrogatorio durato circa 2 ore.
Per quanto ricostruito dallo stesso 17enne, domenica pomeriggio ha accettato di incontrare Di Rienzo, il quale aveva all’attivo pregiudizi di polizia per furto e spaccio di sostanze stupefacenti. Il 17enne temeva che Di Rienzo lo accoltellasse (in questo senso, nei giorni precedenti, ci sarebbero state minacce di morte sui social da parte del 21enne): per questo il minore si è presentato all'appuntamento armato con una pistola che - a suo dire - avrebbe trovato nella casa di campagna dei nonni qualche settimana fa e di cui si sarebbe disfatto subito dopo l’omicidio (si apprende da LaPresse). Le indagini stabiliranno la veridicità delle dichiarazioni rilasciate dal minore anche rispetto all’acquisizione dell’arma del delitto.
Fatto sta che - secondo quanto riportato nelle scorse ore dall’Ansa - i toni tra i due giovani, durante l'incontro, si sarebbero accesi e a quel punto il 17enne (come da lui stesso ricostruito) avrebbe mostrato la pistola a Di Rienzo solo per intimorirlo. Quest’ultimo, però, avrebbe tentato di sottrargliela. Ne sarebbe nato un inseguimento per un centinaio di metri durante il quale il 17enne ha esploso i colpi di pistola ferendo a morte il 21enne.
In un primo momento si era parlato di una pista passionale. Poi, però, il minore ha dato alla pm la sua versione dei fatti. Stando alla deposizione dell’omicida la vittima avrebbe più volte minacciato sia lui sia la sua famiglia. E le richieste di denaro sarebbero diventate più insistenti soprattutto negli ultimi giorni.
Dopo la confessione, il 17enne è stato sottoposto a fermo e trasferito presso il carcere minorile “Fornelli” di Bari.
Secondo quanto riferito a l’Attacco dagli agenti all’opera ieri mattina, sarebbe esclusa l’appartenenza dei due giovanissimi ad ambienti di criminalità organizzata. Pare inoltre che i due non fossero residenti nel quartiere in cui è avvenuto l’omicidio, e cioè Camporeale (tra i rioni più a rischio criminalità del capoluogo dauno) ma utilizzassero il Parco “Rosa Rosa” come luogo di ritrovo.
A partire dall’inizio dell’anno si tratta del sesto omicidio in città e del quattordicesimo in provincia di Foggia. Ed è il quarto delitto mortale, nel 2022, che vede coinvolte mani armate di minori o, comunque, di soggetti molto giovani. In tutti i casi sempre rei confessi. Una scia di sangue in cui l’effetto emulazione potrebbe giocare il suo ruolo.
Zone Transition
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Ad aprile, alla periferia di San Severo, un 17enne (il cui padre era stato ferito mortalmente in un agguato l’anno precedente) uccise con 7 colpi di pistola il 30enne Salvatore Lombardi.
A luglio, sempre a San Severo, un 15enne accoltellò, uccidendolo, il 17enne Francesco Pio D’Augelli per motivi legati a gelosie amorose per una ragazza.
Le stesse motivazioni che, all’inizio dello scorso settembre, ad Orta Nova, hanno indotto il 26enne Mirko Tammaro ad assassinare a colpi di arma da fuoco il 20enne Andrea Gaeta, figlio del presunto boss della cittadina dei 5 Reali Siti.
Un mese dopo, e cioè ad inizio ottobre di quest’anno, il padre di Tammaro è stato poi ucciso attraverso un agguato in classico stile malavitoso.