Sono due imprese ittiche del sipontino Sebastiano Gibilisco le destinatarie a Manfredonia delle interdittive antimafia adottate nelle scorse ore dal prefetto di Foggia Maurizio Valiante. Prosegue dunque l’impegno dell’UTG nelle attività di prevenzione e contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia del territorio. I due provvedimenti sono stati adottati da Valiante all’esito di un’attenta istruttoria, con l’ausilio del Gruppo Interforze Antimafia, che ha fatto emergere a carico delle imprese colpite elementi sintomatici del pericolo concreto di condizionamento delle stesse da parte della criminalità organizzata locale.
“Le recentissime operazioni di polizia dirette dalla Direzione Distrettale Antimafia di Bari hanno disvelato che la criminalità organizzata ha assunto negli anni il controllo del comparto imprenditoriale connesso all’itticoltura e al commercio ittico”, ha osservato Valiante, sottolineando l’importanza strategica della prevenzione antimafia e l’attenzione massima verso le condizioni di impermeabilità dell’economia foggiana sana dai tentativi di infiltrazione mafiosa, su cui la Prefettura è quotidianamente impegnata. Dietro le ultime due interdittive c’è quanto emerso finora dall’operazione antimafia Omnia Nostra, che ha fatto comprendere quanto sia penetrante nel Golfo la pressione della quarta mafia e del clan locale Romito-Ricucci-Lombardi-La Torre.
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Le imprese interdette perché a rischio di infiltrazione, attive nel commercio all’ingrosso di prodotti ittici, sono Primo Pesca e Ittica S.A. srl, entrambe aventi come amministratore unico Sebastiano Gibilisco, con cui lavorava Antonio La Selva, detto Tarzan, il pentito che sta collaborando con gli inquirenti. Primo Pesca srl, nata nel 2010, ha un capitale sociale di 10mila euro, 9 dipendenti, sede legale in località Mezzanelle e un magazzino in contrada Pace a Macchia, nei pressi del centro commerciale Gargano. Ittica S.A. srl, costituita nel 2019, ha un capitale sociale di 10mila euro, tre addetti e sede legale in via delle Antiche mura. La mastodontica operazione della DDA di Bari vide a dicembre 2021 il coinvolgimento di ben 48 indagati, 32 dei quali furono arrestati.
Finirono in carcere Luciano Caracciolo, Lorenzo Caterino, Leonardo Ciuffreda, Giuseppe Della Malva, Leonardo e Michele D’Ercole, Sebastiano Gibilisco, Hechmi Hdiouech, Giuseppe Pio Impagnatiello, Antonio La Selva, Pietro La Torre, Pasquale Lebiu, Matteo e Michele Lombardi, Francesco Notarangelo, Alexander Thomas Pacillo, Andrea e Antonio Quitadamo, Marco Raduano, Pietro Rignanese, Mario Scarabino, Giuseppe Sciarra, Moreno Sciarra, Francesco Scirpoli, Gaetano Vessio e Antonio Zino.
Ai domiciliari, invece, Luigi Bottalico, Alessandro Coccia, Danilo Della Malva, Emanuele Finaldi, Umberto Antonio Mucciante e Massimo Perdonò. I capi di imputazione, elencati nella fluviale ordinanza del gip Marco Galesi, sono numerosi. Borgia, Bottalico, Caterino, Ciuffreda, i due Della Malva, i due macchiaioli D’Ercole, gli assassinati boss Mario Luciano Romito, Francesco Pio Gentile e Pasquale Ricucci, Gibilisco, Hdiouech, Impagnatiello, La Selva, il nuovo boss sipontino La Torre, Lebiu (che fu arrestato ad aprile per aver torturato un disabile), Lista, i due Lombardi, Mucciante, Notarangelo, i due mattinatesi Quitadamo alias Baffino, il boss viestano Raduano, Renzulli, Rignanese, Scarabino, Scirpoli, Surano e Zino sono ritenuti parte dell’associazione mafiosa che spadroneggia tra Manfredonia, la frazione Macchia del comune di Monte Sant'Angelo, Mattinata e Vieste, “dotata di una struttura gerarchica con vincoli di assoggettamento e ruoli ben delineati, caratterizzata dalla forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà avente la finalità di controllare il territorio dal punto di vista economico e anche dal punto di vista militare mediante un sistematico ricorso alla violenza ed alla intimidazione”.
A loro sono riconducibili “una serie indefinita e programmata di omicidi, tentati omicidi, attentati alla vita altrui, estorsioni, detenzione e possesso dì armi, anche da guerra, di detenzione e cessione di sostanza stupefacente, furti, rapine, riciclaggio oltre ad attività fraudolente nel settore agricolo ai danni dell'INPS e di organismi comunitari”. Borgia, Gibilisco, Bottalico, Caterino, La Selva, Lebiu, Michele Lombardi, Mucciante e Renzulli sono ritenuti “partecipi, stabilmente a disposizione” del clan, “nell'ambito del percorso di infiltrazione mafiosa nel settore economico-imprenditoriale”.
Zino e La Selva avrebbero “costretto mediante minacce, anche di morte, Michele Antonio Virgilio a ripristinare un prezzo di vendita dei polistiroli ai magazzini all'ingrosso di pesce, più alto rispetto a quello che era stato praticato dallo stesso rivenditore per rendere maggiormente concorrenziale la sua impresa rispetto a Primo Pesca srl, impresa riconducibile all'associazione mafiosa, per mantenere una posizione di dominio nello specifico settore della commercializzazione del polistirolo nel comparto ittico di Manfredonia, già acquisita con la forza di intimidazione del vincolo associativo”.
Zino avrebbe inoltre costretto Virgilio, concorrente nella commercializzazi.one del polistirolo, a corrispondere una tangente pari a 2mila euro al mese, in cambio della cessione da parte di Zino a Virgilio dell’attività economica di fornitura in via monopolistica del polistirolo al mercato ittico all’ingrosso sipontino, acquisita e controllata con metodo mafioso dalla Primo Pesca, gestita di fatto da Zino (di cui è in corso il processo d’appello, col boss Matteo Lombardi, per l’omicidio di Giuseppe Silvestri, ucciso a Monte Sant’Angelo il 21 marzo 2017).
Zone Transition
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Persino la pesca delle seppie era oggetto di minacce di ritorsioni, come nel caso scoperto dagli inquirenti per Pietro La Torre. E’ noto almeno dal 2020 come Michele Lombardi fosse il vero dominus di Marittica. Nell’ordinanza di Galesi si afferma che Marco Donato Colletta, proprietario del 34% di Markittica srl, fu minacciato e costretto dapprima a porre una firma per cedere in affitto il ramo d’azienda a favore della società Marittica, controllata e gestita di fatto da Lombardi jr, e poi a fuoriuscire definitivamente dalla gestione del complesso aziendale. Un modo chiarissimo, da parte del clan, di controllare il comparto ittico.