Che Danilo Maffei fosse l’eletto foggiano su cui si incentravano le indagini sul voto delle comunali 2019 e delle regionali 2020 non è mai stato un mistero per chi faceva parte dell’amministrazione Landella. Già due anni fa, parlando con l’Attacco, alcuni consiglieri comunali del centrodestra mostrarono di nutrire serie perplessità sui risultati elettorali del loro compagno di banco consiliare. “All’indomani delle elezioni comunali si sparsa la voce che Danilo Maffei fosse stato fermato dalla Digos, di notte, nei pressi di una scuola seggio elettorale, nel rione Candelaro, e da lì portato in Questura”, racconta adesso un protagonista di primo piano della seconda consiliatura guidata dal Sindaco Franco Landella.
Un episodio che, senza alcun nome, fu raccontato sul web anche dall’ex consigliere e candidato sindaco civico Giuseppe Mainiero, spina nel fianco di Landella.
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“Non sapevamo se fosse vero, ma è quello che circolò nel 2019. Una voce simile si ripetè nel 2020 per le regionali”, continua l’ex amministratore comunale del Landella 2.
Maffei ottenne 913 preferenze alle comunali, mentre l’anno seguente fu nel capoluogo daunio il più votato con 4.246 voti, oltre 5.200 i consensi complessivi. Un dato da far impallidire veterani della politica come Bruno Longo e Ciccio D’Emilio, o il più suffragato delle comunali, mister 1400 preferenze Massimiliano Di Fonso. Tolse voti a tutti loro, come pure a Landella (che sosteneva il leghista Joseph Splendido) e ad Alfonso Fiore.
La contesa interna alla fittiana lista del pumo, La Puglia domani, sembrava sfida a due tra gli imprenditori Paolo Dell’Erba (eletto) e Annamaria Fallucchi, neo senatrice della Repubblica. Nessuno si attendeva, dentro e fuori Palazzo di città, il risultato di Maffei, arrivato terzo nella civica in Capitanata.
“Prima che Danilo si candidasse alle comunali, suo padre Ludovico faceva campagna elettorale per Consalvo Di Pasqua. Questo spiega perché poi non ci fu più buon sangue tra i due. Alle regionali il suo risultato apparve oggettivamente abnorme: al massimo uno può sperare di raddoppiare i voti conquistati un anno prima alle comunali, al massimo farne una e mezza. Cioè, visti i suoi 900 voti circa, era presumibile che Maffei potesse arrivare a 1.800, 2.500 a esagerare. Non era invece in alcun modo pensabile che potesse schizzare a oltre 4.200, fuori da qualunque logica”, continua la fonte dell’ex maggioranza di centrodestra. Ad un certo punto trapelò, nel 2020, un atteggiamento gelido del primo cittadino col suo delegato allo sport.
“Landella prese le distanze da Danilo Maffei, non gli parlava più. Il rapporto si era incrinato”, conferma il big del centrodestra. “Accadde quando i sospetti del Sindaco aumentarono. Non ci fu bisogno di sapere dell’indagine sul presunto voto di scambio, il sindaco aveva le sue fonti. E pensare che Danilo Maffei proveniva da quello stesso ambiente, i primi passi furono col suocero del Sindaco, Massimino Di Donna…A quelle famigerate regionali Danilo Maffei tolse voti un po’ a tutti, compreso lo stesso Landella che sosteneva il leghista Joseph Splendido e che ottenne meno di quanto si pensava che il sindaco avrebbe potuto assicurargli. Ma, in generale, diversi miei colleghi candidati si lamentavano in quella campagna elettorale del fatto che, quando si recavano dalle persone, si sentivano rispondere che era stato già assunto un impegno coi Maffei”, conclude l’ex eletto di Palazzo di città.
“Costole”. Li chiamano così, in gergo foggiano, i capibastone cui rivolgersi per comprare pacchetti consistenti di voti, anche da 100 o 200. “Devono essere seri, affidabili”, spiega a l’Attacco un secondo ex amministratore comunale, che nel capoluogo daunio fa politica da una vita e che traccia un ideale identikit di chi si si vende il voto. “Disoccupato, senza cultura, che vive in periferia, che segue il Foggia calcio”. Tra i luoghi più interessati dal presunto mercimonio avvenuto alle ultime regionali ci sarebbero, stando ai beninformati, le diverse decine di sale scommesse, davanti alle quali era solito vedere in campagna elettorale capannelli di persone.
“Il voto non lo vende chi è inavvicinabile. Basterebbe guardare le persone che sostano davanti alle sale scommesse. C’è chi in città ha una certa autorità accompagnata dalla propensione a facili guadagni”. Qualche beninformato interno a Palazzo di città riteneva già negli scorsi anni che sull’impressionante bacino elettorale di Maffei jr abbia pesato, grazie alla delega allo sport, anche il rapporto con la decina di club del Foggia calcio diffusi tra il capoluogo e il resto della provincia, cui sarebbero collegati circa 2mila iscritti.
Zone Transition
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“Ho notato che diversi candidati hanno portato avanti le proprie campagne elettorali con una grande disponibilità finanziaria”, continua il politico di centrodestra. “Io non vorrei che Maffei fosse il capro espiatorio di un modello elettoralistico che sta prendendo piede con tutta evidenza, quello che vede montagne di soldi in campo per le campagne. Non vorrei che si circoscrivesse la questione ad un unico candidato, c’è un sistema che non può essere ascritto a uno solo. E’ impossibile che, se un simile andazzo esiste, riguardi un unico candidato e non anche altri”.