In una lettera “bomba”, assurta qualche giorno fa alle cronache nazionali, i membri foggiani dell’assemblea nazionale di Sinistra Italiana, e cioè il segretario provinciale Mario Nobile e il dirigente territoriale Marco Barbieri, hanno accusato Nicola Fratoianni di completa indifferenza rispetto al profilo quantomeno opaco di Aboubakar Soumahoro che i due si erano premurati di riferire al segretario nazionale di Sinistra Italiana nei giorni immediatamente precedenti alla consegna delle liste dei candidati. L’ivoriano ribattezzato il “parlamentare con gli stivali” (nel frattempo autosospesosi dalla carica elettiva), figura iconica della lotta bracciantile che preme dai ghetti, è ora nel vortice del ciclone mediatico per via delle indagini (su un sistema speculativo nel settore dell’integrazione) della Procura di Latina sulle cooperative gestite dalla suocera Marie Therese Mukamitsind, accusata di truffa aggravata, false fatturazioni e malversazioni di erogazioni pubbliche.
Una vicenda che ha messo in serio imbarazzo il nazionale di Sinistra Italiana e che, dopo il pubblico j’accuse di Nobile e Barbieri (in stile “noi ti avevamo avvisato”) rispetto alla scelta di candidare Soumahoro, ora rischia di trasformarsi in un processo alla leadership di Fratoianni (sul tema, nelle scorse ore, è stata chiesta a gran voce la convocazione urgente di un'assemblea).
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Proprio Nobile (già entrato in rotta di collisione con la segreteria nazionale di SI per via della decisione del partito di allearsi con il Pd alle recenti politiche), in una conversazione con l’Attacco, ritorna sulla figura di Aboubakar Soumahoro e sui motivi per il quale il direttivo provinciale di Sinistra Italiana, da anni, si è distaccato dai percorsi di lotta proposti dal leader ivoriano della Lega Braccianti nei ghetti del Foggiano. Proprio sul metodo, per così dire “sindacale”, utilizzato al Gran Ghetto di Rignano (Torretta Antonacci) verte il focus critico di Nobile, a prescindere dalle vicende giudiziarie che stanno riguardando le coop di famiglia del sindacalista africano.
“Io e Barbieri – esordisce Nobile a l’Attacco – siamo da tempo pienamente a conoscenza di vicende opache che riguardavano la gestione di quel ghetto. Abbiamo conosciuto personalmente Soumahoro nel 2017, in un’assemblea dell’Usb (all’epoca il sindacato a cui lo stesso Soumahoro apparteneva e da cui poi si scisse fondando la Lega Braccianti, ndr). In quell’occasione ci sembrò ben intenzionato, oltre che carismatico. Successivamente apprendemmo che la sua forza organizzativa e la capacità di direzionare i lavoratori del ghetto non derivava soltanto da un’influenza politica che aveva sviluppato in quel contesto ma dal fatto di essersi affidato a persone che diversi operatori del mondo dell’accoglienza ritenevano contigui al fenomeno del caporalato. Questa cosa ci fece cambiare idea su di lui. Smettemmo di averci a che fare – racconta il segretario provinciale di SI -. Nel 2019, poi, organizzazioni come Intersos e Flai Cgil ci segnalarono di essere state oggetto di minacce, e fu loro impedito anche l’accesso al ghetto, da parte di soggetti legati ad Aboubakar. Qualche mese fa, infine, Mohammed Elmajdi di Anolf Cisl (l’associazione in caricata dalla Regione Puglia per la gestione umanitaria della foresteria di Torretta Antonacci, ndr) è stato aggredito: si parla di un sequestro e di un furto di auto poi restituita, da soggetti ancora una volta riconducibili alla leadership carismatica di Aboubakar, questa volta sotto la nuova bandiera di Lega Braccianti”, rievoca.
Un metodo “sindacale” di legittimazione (aggressiva e violenta) delle istanze del ghetto che Nobile definisce “profondamente sbagliato e che ha contribuito all’autoemarginazione dei migranti in luoghi dove regnano condizioni igienico-sanitarie indicibili e illegalità diffusa”. Laddove, invece, per battaglia sindacale a fini inclusivi il segretario provinciale di Sinistra Italiana intende, giustamente, “non soltanto la rivendicazione di un salario adeguato avverso la controparte datoriale ma anche condizioni di vita e abitative dignitose, in un contesto sociale più aperto, nonché regolarizzazione in termini di documenti per la cittadinanza”.
Secondo Nobile, poi, “la rottura di Soumahoro con un’organizzazione rispettabile come l’Usb testimonia come il suo percorso politico-sindacale fosse votato più ad interessi personali che a finalità collettive a tutela dei lavoratori”.
Tutte queste cose sul conto di Aboubakar Nobile e Barbieri le avevano raccontate ai dirigenti regionali e nazionali di SI, e, in ultimo, il 17 agosto, all’assemblea nazionale del partito, alla presenza di Fratoianni, pochi giorni prima del deposito delle candidature presso il Ministero dell’Interno. Senza tuttavia sortire l’effetto sperato, e cioè un dietrofront del partito rispetto alla corsa alle politiche decisa per Soumahoro.
“Chi ha candidato Aboubakar – commenta Nobile - lo ha fatto perseguendo un mero calcolo elettoralistico, sostituendo alle ragioni della politica e dei risultati ottenuti sul campo un principio di popolarità e forza mediatica che Soumahoro è riuscito a costruirsi anche con l’appoggio, oltre che di certi ambienti politici e sociali, anche di programmi tv come ‘Propaganda Live’ o testate giornalistiche come ‘l’Espresso’, che ora, però, appena le cose si sono messe male, lo hanno scaricato. Un metodo sbagliatissimo, in sostanza, per definire la classe dirigente e la rappresentanza politico-istituzionale di un Paese”, riflette Nobile.
Infine, il giovane segretario di Sinistra Italiana volge il suo sguardo critico “alla destra che non aspettava altro se non l’abbattimento mediatico di Soumahoro per tentare di distruggere i mondi dell’accoglienza e della cooperazione che nulla hanno a che fare con la criminalità e il caporalato (il riferimento è anche alla recente interrogazione parlamentare dell’onorevole Giandonato Lasalandra, ndr)”.
Zone Transition
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“Questa – conclude Nobile - è retorica idiota di chi definisce le Ong ‘taxi del mare’, accostando chi salva vite alle responsabilità penali che attengono al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (in sostanza agli scafisti, ndr). Retorica strumentale di chi accomuna coloro che in modo straordinario e con enorme fatica fanno dell’integrazione la loro ragione di vita a casi, non certo rappresentativi dell’intero settore cooperativo, come quello di Buzzi in ‘Roma Capitale’”.