Da oltre due anni il mondo ha a che fare con il Covid e sin da subito la pandemia ha messo in rilievo le criticità dei sistemi sanitari di tutti i Paesi, più o meno ricchi. Una delle difficoltà riscontrate nell’immediato, soprattutto in Occidente, è stata la carenza di mascherine e guanti monouso il cui utilizzo, sin dalle prime settimane dal dilagare dei contagi, è stato fortemente raccomandato per contenere il diffondersi del virus. I presidi sanitari e i farmaci sono diventati via via merce sempre più rara facendo lievitare i prezzi ben oltre gli accettabili limiti della speculazione.
La penuria di materie prime, del resto, è un problema che ancora oggi sta determinando, secondo gli analisti, l’aumento quasi senza precedenti del tasso di inflazione, che ha sfondato ormai la soglia del 9%. Immediatamente quindi i Paesi, non più autosufficienti nella produzione di medicine e dispositivi sanitari, si sono dati da fare per accaparrarsi quanto più materiale possibile e i governi hanno stanziato risorse straordinarie per consentire alle amministrazioni locali di comprare l’occorrente. Le spese per il Covid sono quindi volate alle stelle e spesso gli acquisti si sono rivelati non appropriati.
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C’è chi poi ne ha fatto un vero e proprio business approfittando del caos, in molti casi la magistratura ha anche aperto dei fascicoli per accertare eventuali irregolarità o addirittura reati di varia natura. L’esigenza di dotarsi di materiale sanitario si è accresciuta con l’arrivo del vaccino anti Covid e l’avvio della massiccia campagna di immunizzazione della popolazione, a partire da dicembre 2020.
Per quanto riguarda la Puglia, le spese per il Covid hanno determinato nel bilancio regionale un buco da 230 milioni su cui si è innescata anche una feroce polemica politica, anche alla luce degli scandali giudiziari che hanno colpito la Protezione Civile e le operazioni relative all’ospedale in fiera di Bari.
Anche in Capitanata non sono mancate le segnalazioni e le perplessità circa l’utilizzo delle risorse pubbliche per gestire la pandemia.
Una delle ultime riguarda la farmacia ospedaliera di Cerignola, che all’inizio del 2021 è divenuta hub provinciale di riferimento e di distribuzione della campagna vaccinale foggiana.
Fino a qualche mese fa ne era responsabile Marilena Lauriola, nota ai lettori de l’Attacco per essere divenuta, come raccontato su queste colonne, direttrice della nuovissima struttura delle catastrofi (per esteso: struttura semplice dipartimentale “farmacia ospedaliera e territoriale - gestione beni farmaceutici, ausili sanitari e gestione delle emergenze e catastrofi”) creata dalla Asl Foggia. Nello staff era presente anche Caterina Montanari, dirigente farmacista a tempo determinato, pescata dalla graduatoria dell’avviso pubblico approvata con deliberazione del direttore generale n. 268 del 20 febbraio 2020, oggi a sua volta nel dipartimento delle catastrofi, avendo seguito la sua collega e capo.
Ebbene, come è possibile evincere dagli atti ufficiali, pubblicati regolarmente sull’albo pretorio Aziendale, dalla farmacia di Cerignola sono partiti diversi ordini per l’acquisto di materiale sanitario presso una farmacia di Lucera. Fin qui nulla di strano, la Asl può comprare quanto necessario anche dai piccoli esercenti, tanto più in periodo Covid quando, come detto, farmaci e dispositivi sono stati a lungo merce rara. Quello che però desta qualche interrogativo è il fatto che la farmacia di Lucera è di proprietà della suocera di Montanari, non solo la stessa farmacista avrebbe lavorato per un certo periodo in quel punto vendita, insieme al marito a sua volta farmacista.
Diversi (9 per l’esattezza) gli ordini che si sono susseguiti nel corso dei mesi in cui le due dipendenti Asl erano in servizio presso la farmacia ospedaliera del Tatarella, per lo più per l’acquisto di aghi, siringhe e cerotti e in una occasione, di una quarantina di misuratori di pressione arteriosa, considerato che “sono stati attivati i punti vaccinali presso l’intero territorio provinciale dell’Asl Foggia e che risulta urgente e necessario fornire in maniera puntuale dispositivi, quali aghi e siringhe, per la somministrazione e preparazione delle dosi necessarie all’espletamento della campagna vaccinale. La difficoltà di reperimento di dispositivi per la campagna vaccinale è comune su tutto il territorio regionale e nazionale. L’unica soluzione possibile nell’immediato è ordinare i dispositivi ad aziende che offrano disponibilità immediata alla fornitura, attraverso l’acquisizione di preventivi e procedure di negoziazione diretta”, si legge nelle determine che danno il via libera alle liquidazioni. Tanto più che in certi casi “tra le aziende interpellate (dalla Asl, ndr) l’offerta migliore e in pronta consegna è risultata quella della ditta Farmacia Suriano Teresa (di Lucera, ndr)”, secondo quanto riportano i documenti ufficiali.
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Le cifre non sono esageratamente alte ma comunque significative, complessivamente la vendita del materiale ha fruttato alla ditta privata, sempre secondo i numeri delle fatture pubblicate nell’albo pretorio, 37.763 euro per ordini effettuati tra aprile 2021 e gennaio 2022 e liquidati in quattro differenti tranches: due di aprile (da 10.880 euro per aghi, siringhe e cerotti e da 1.497 euro per i misuratori di pressione), una di giugno da 22.008,80 euro e una di gennaio di quest’anno da 3.378,60 euro.